19.3.18

“Il Vangelo secondo Matteo” secondo Pier Paolo Pasolini. Una lettera al produttore Alfredo Bini (1963)

Caro Alfredo,
mi chiedi di riassumerti per scritto, e per tua comodità, i criteri che presiederanno alla mia realizzazione del Vangelo Secondo San Matteo.
Dal punto di vista religioso, per me, che ho sempre tentato di recuperare al mio laicismo i caratteri della religiosità, valgono due dati ingenuamente ontologici: l'umanità di Cristo è spinta da una tale forza interiore, da una tale irriducibile sete di sapere e di verificare il sapere, senza timore per nessuno scandalo e nessuna contraddizione, che per essa la metafora «divina» è al limite della metaforicità, fino a essere idealmente una realtà. Inoltre: per me la bellezza è sempre una «bellezza morale»: ma questa bellezza giunge sempre a noi mediata: attraverso la poesia, o la filosofia, o la pratica: il solo caso di «bellezza morale» non mediata, ma immediata, allo stato puro, io l'ho sperimentato nel Vangelo.
Quanto al mio rapporto «artistico» col Vangelo, esso è abbastanza curioso: tu forse sai che, come scrittore nato idealmente dalla Resistenza, come marxista ecc. per tutti gli anni cinquanta il mio lavoro ideologico è stato verso la razionalità, in polemica coll'irrazionalismo della letteratura decadente (su cui mi ero formato e che tanto amavo). L'idea di fare un film sul Vangelo, e la sua intuizione tecnica, è invece, devo confessarlo, frutto di una furiosa ondata irrazionalistica. Voglio fare pura opera di poesia, rischiando magari i pericoli dell'esteticità (Bach e in parte Mozart, come commento musicale; Piero della Francesca e in parte Duccio per l'ispirazione figurativa; la realtà, in fondo preistorica ed esotica del mondo arabo, come fondo e ambiente). Tutto questo rimette pericolosamente in ballo tutta la mia carriera di scrittore, lo so. Ma sarebbe bella che, amando così svisceratamente il Cristo di Matteo, temessi poi di rimettere in ballo qualcosa.

Tuo
Pier Paolo Pasolini

Nessun commento:

statistiche