29.5.18

Achille e Tersite, Nausicaa e Clitennestra. Buoni e cattivi nella Grecia precittadina (Eva Cantarella)

Non sei più mio padre è il titolo di un libro di Eva Cantarella pubblicato da Feltrinelli nel 2015 ed avente come sottotitolo Il conflitto tra genitori e figli nel mondo antico
La Cantarella, già prestigiosa docente a Milano di Diritto greco e romano, non è nuova a sondaggi nella storia delle mentalità e del costume nell'antichità ed è autrice di libri importanti su temi come la sessualità, il ruolo della donna, i supplizi capitali. 
Tra le fonti che con più sistematicità ed acume utilizza c'è la poesia. Il brano che segue, brevissimo, efficacemente sintetizza il carattere educativo della poesia epica in Grecia prima della nascita della “polis”. Del libro, la cui lettura vivamente consiglio, metterò in circolazione anche altri brani, dedicati a temi più specifici. (S.L.L.)
Eva Cantarella
Era la poesia, nella Grecia precittadina, che insegnava e ribadiva incessantemente le qualità che facevano di un uomo un “uomo forte e nobile” (agathos), e insegnava a disprezzare chi tale non era. Era la poesia che incitava a “essere sempre il primo e distinto fra gli altri”, secondo l’insegnamento dato da Peleo al figlio Achille, prima della partenza per Troia (Iliade, XI, v. 784), e dal re dei Lici Ippoloco al figlio Glauco (Il., XI, w. 207-208). E in quel mondo, in quel contesto culturale, essere “il migliore e il più bravo” significava essere, in primo luogo, il più forte.
Nel mondo omerico, valori come collaborazione e giustizia non avevano ancora fatto la loro comparsa. Le virtù necessarie per godere della considerazione sociale erano dunque quelle che consentivano di vincere - per non dire di sopraffare con la forza fisica e il coraggio - in guerra. Ma non solo. Per affermarsi nella vita comunitaria, l'agathos doveva convincere i concittadini ad accettare le sue proposte, imporre le sue opinioni nelle assemblee: doveva essere anche “buon parlatore”. Erano queste le qualità culturalmente valutate e socialmente premiate nel mondo omerico: la capacità di imporsi con la forza fisica, con il coraggio, con la parola. Solo chi le possedeva poteva comportarsi secondo i canoni eroici, che in primo luogo imponevano di non tollerare le offese. In quel mondo, a ogni atto offensivo si doveva rispondere con la vendetta, una necessità a cui non si sfuggiva, fondamento dell’equilibrio sociale tra i gruppi familiari. L’ottica nella quale la società eroica percepiva la necessità della vendetta era quella dell’onore.
Questo era il compito dei poeti, oltre alla funzione non meno importante di trasmettere la memoria dei modi in cui si svolgevano gli atti e i riti della vita sociale come le assemblee, i sacrifici agli dèi e i matrimoni. Ed era per questo che, nel raccontare le storie, proponevano all’uditorio modelli di comportamento sia positivi sia negativi: tra i personaggi da ammirare - e nei limiti del possibile imitare - in primo luogo Achille, il migliore degli achei, e poi Agamennone, Menelao, Aiace, Ulisse e via dicendo. In campo femminile, inutile a dirsi, mogli come Penelope e fanciulle come Nausicaa, la perfetta ragazza da marito. Sull’altro versante, quello dei personaggi da disprezzare e deridere: gli uomini del popolo che, come Tersite, invece di obbedire a chi occupava una posizione sociale più alta - come sarebbe stato loro dovere - si permettevano di contraddire i nobili, urlando con voce ineducata e sgradevole. E anche Paride, nobile di nascita, bello, bellissimo: ma gli mancava il coraggio. A nulla serviva la bellezza a chi, come lui, era vile in guerra e vanesio (“bellimbusto,” lo apostrofa un giorno il fratello Ettore, il modello dell’eroe in campo troiano). Quanto alle donne da disprezzare, il posto d’onore spettava a Clitennestra, sul cui poco encomiabile comportamento ci soffermeremo tra breve: attenzione, ammoniva la storia di Clitennestra, una donna adultera può facilmente essere anche un’assassina.
Questa, la fondamentale funzione sociale della poesia, in quei secoli, dalla quale discende (al di là dell’insuperabile valore letterario) quella di insostituibile documento storico.

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