14.5.18

Mussu e carcagnolo, una ricetta palermitana (Giovanni Cardella, con una citazione di Daniele Billitteri)


Palermo, Mangiare di strada

Mussu, masciddaru e carcagnolu sono parte integrante dello sterminato e antico mondo del mangiare da strada palermitano. In genere il delegato alla vendita di queste frattaglie è il “quarumaro”. Ma chi è il quarumaru?

INGREDIENTI
Frattaglie di vitello, secondo i vostri gusti (leggi in premessa)
Sale
Limone
Pepe (facoltativo)

PROCEDIMENTO
Mettere l’acqua sufficiente nella pentola e portarla a bollore, unire le frattaglie e farle cuocere fin quando sono ben cotte. Toglierle con delicatezza dalla pentola, aiutandovi con una schiumarola, e sciacquarle in abbondante acqua di fonte. Quando saranno fredde tagliarle a pezzetti e servirle condendo con succo di limone, sale e pepe, se piace.

CURIOSITÀ
Quarumaru è colui che nella sua bottega serve, già pronti per essere mangiati trippa, quarume (termine tradotto in italiano con caldume che deriva dal vocabolo greco cholàdes che vuol dire budellame, trippe, intestini e dalla cui radice derivano anche le parole kaldàumen – in tedesco – e kaldum – in danese – con lo stesso significato).
In questo regno di squisitezze troviamo anche u mussu (muso) o, come dicevano anticamente, 'a nasca (il naso). In effetti, questo piatto, è un insieme di parti del vitello che comprende principalmente mussu, masciddaru (la parte carnosa della mascella) e carcagnuolu (il calcagno).
Daniele Billitteri, noto giornalista palermitano ed appassionato di cucina, nel suo libro Cose Nostre – Homo Panormitanus, nel capitolo Cosa bolle in pentola? La quarume, fotografa con grande efficacia i luoghi preposti alla vendita di frattaglie.
Ecco cosa dice:
“…Mai chiedere prima di assaggiare. La stigghiola, infatti, non finisce solo arrosto. Può finire anche bollita. In questo caso si chiama ziniere o zinienu e appartiene al pianeta quarume… ….Naturalmente chi vende quarume, quasi sempre vende anche il musso, cioè quella parte del vitello che comprende la testa, i piedi, le mammelle, e….quello. Si, esatto, proprio quello, simbolo dei simboli che, senza tanti preamboli né tiepidezze, si definisce sic et sempliciter nerbo. Anche qui (come per il panellaro) c’è un piano inclinato in genere ricoperto di larghe foglie di broccolo sulle quali vengono posati i pezzi già bolliti e serviti freddi tagliati a pezzetti cosparsi di limone. C’è il masciddaru……, la lingua, gli occhi, le orecchie. Poi ci sono i piedi che si dividono in frontali e carcagnuoli. I primi si tagliano a pezzi, i secondi si arrosicano (rosicchiamo) a stricasale secondo un rituale ormai codificato. Nerbo, frontali e masciddaru si possono usare per fare un’insalata con l’aggiunta di cipolla rossa calabrese, olive bianche salate, sedano, carote, olio e aceto. Con le sole parti bianche (nerbo e frontali) si fa invece l’nsalata che i nobili chiamano di “nervetti”……..
Personalmente questa pietanza la preferisco all’antica, ovverosia semplicemente composta da mussu, masciddaru e carcagnuolu, con una spremuta di limone e una spolverata di sale, a stricasale appunto.

dal sito RICETTE DI SICILIA - APPUNTI DI UN VIAGGIO GASTRONOMICO - http://www.ricettedisicilia.net/

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