30.5.13

Franca Rame contro il padre e il padrone (S.L.L.)

Secondo me, fare di Franca Rame una bandiera di un generico progressismo o del femminismo interclassista è come tagliarne un pezzo, cioè un'operazione disonesta. La potente artistica denuncia dello stupro personalmente subito, l’aver fatto della propria stessa sofferenza un’arma di conoscenza e di denunzia della violenza maschilista e fascista, è certo segno di grandezza. Ma tutto ciò non può essere separato dalla speciale attenzione, dalla capacità di immedesimazione, corporale, con la condizione della donna operaia: ne sono testimonianza i drammi e i monologhi sulla fabbrica e sul lavoro a domicilio che Rame scrisse, recitò e seguitò a recitare.
In verità antimaschilismo e anticapitalismo vanno molto bene assieme e, separati, sono assai meno efficaci. L’aborto legale ed altre leggi di parità sono degli stessi anni delle maggiori conquiste contrattuali e normative delle donne operaie (e anche degli operai maschi), frutto delle stesse lotte. 
Franca Rame, che aveva una grande intelligenza politica, sapeva che la liberazione della donna in generale non si compie senza la forza di liberazione specifica della donna operaia e proletaria dal padrone, oltre che dal padre (marito, compagno, fratello, figlio). E' bene ricordarsene e non ricorrere, ancora una volta, alla censura. 

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