Pare che l’estate se ne vada. Dicono che domani e posdomani pioverà. A dirotto.
Ma per me l’estate deve ancora iniziare. Arrivo a Favignana il 28 settembre prossimo venturo, in cerca di pace, d’amicizia, di sole, di mare e di vento.
Collocare qui, nel blog che riempio di tante strane cose, una poesia con questo titolo porterà bene al mio breve soggiorno. La poesia – tra il sensuale e il metafisico – mi pare d’altronde bellissima. Ne rendo merito a Maria Cerino che l’ha scelta e collocata nel sito de “Il primo amore”. Più tardi, uscendo, cercherò l’ultimo romanzo di Selzer, Matematici nel sole. Ho sentito dire da chi se ne intende che parla d’amore, dell’amore possibile e impossibile di questo tempo sbandato, e lo racconta con una grazia difficile a trovarsi; e a me, che non leggo romanzi, il sentirne parlare in questo modo ha messo la voglia di leggerlo. (S.L.L.)
Franco Stelzer |
Estate
Seguo la linea della gamba
della donna che ho scelto,
e ad ogni lieve, luminosa imperfezione
mi domando
se il creato
sia veramente un gran disegno pensato e ripensato,
un’enorme cattedrale, inondata di luce –
il frutto grandioso di mille studi prospettici, di linee di fuga
proiettate su un cielo imponente e maestoso…
o se non se ne sia uscito, piuttosto, all’alba di una notte d’amore,
dalla penna di un poeta biondo e un po’ cialtrone,
la camicia aperta sul petto,
un ciuffo sulla fronte, un bel dente cariato in pieno viso,
e uno sguardo strabico, ma dolce e preciso come un dardo.
Potrebbe averne fatto qualche schizzo
mentre lei dormiva –
i capelli sparsi –
pensando a come andarsene
senza far rumore,
per poterle scrivere delle belle letterone
da lontano,
con dentro proprio tutto:
mare, superbia, orgoglio, quiete,
inerzia,
oblio.
Olio,
sentenze,
vento -
tutta la trascendenza -
affinità, livore, dedizione, spasso,
i grassi idrogenati,
uno jabeau di seta,
un ironico labbro di dama,
lievemente increspato...
E potrebbe essere che lei,
sapendolo,
fingesse di dormire.
In tutti e due i casi,
seguo ben intento
la linea della gamba
della donna che ho scelto.
della donna che ho scelto,
e ad ogni lieve, luminosa imperfezione
mi domando
se il creato
sia veramente un gran disegno pensato e ripensato,
un’enorme cattedrale, inondata di luce –
il frutto grandioso di mille studi prospettici, di linee di fuga
proiettate su un cielo imponente e maestoso…
o se non se ne sia uscito, piuttosto, all’alba di una notte d’amore,
dalla penna di un poeta biondo e un po’ cialtrone,
la camicia aperta sul petto,
un ciuffo sulla fronte, un bel dente cariato in pieno viso,
e uno sguardo strabico, ma dolce e preciso come un dardo.
Potrebbe averne fatto qualche schizzo
mentre lei dormiva –
i capelli sparsi –
pensando a come andarsene
senza far rumore,
per poterle scrivere delle belle letterone
da lontano,
con dentro proprio tutto:
mare, superbia, orgoglio, quiete,
inerzia,
oblio.
Olio,
sentenze,
vento -
tutta la trascendenza -
affinità, livore, dedizione, spasso,
i grassi idrogenati,
uno jabeau di seta,
un ironico labbro di dama,
lievemente increspato...
E potrebbe essere che lei,
sapendolo,
fingesse di dormire.
In tutti e due i casi,
seguo ben intento
la linea della gamba
della donna che ho scelto.
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