TERNI
La Balilla nera era
davvero un mistero. Era parcheggiata davanti a una chiesa di Avola,
appariva in una stradina della Calabria, era in bella mostra davanti
a una locanda di Sorrento o a un albergo di Tortona. Dal Sud al Nord,
come per miracolo, l’ auto si esibiva davanti all’ obiettivo del
fotografo. «Usando una lente, abbiamo letto la targa, Tr 1921, e il
mistero è stato svelato: la Balilla era quella dei fotografi
Alterocca. Uno di loro ci ha spiegato che erano gli stessi abitanti a
chiedere di mettere l’auto "dentro la cartolina", così
il paese sembrava più moderno».
È una miniera ancora
inesplorata, l’archivio fotografico Alterocca, magnifica raccolta
di un milione di negativi su lastre di vetro al bromuro e lastre di
zinco. Con questi negativi sono state stampate centinaia di milioni
di cartoline illustrate (negli anni Trenta l’Alterocca sfornava
cinquanta milioni di pezzi all’anno) che in un’ Italia dove
l’unico viaggio era quello per andare a fare il soldato,
raccontavano ad amici e parenti luoghi mai visti: «A Roma andai e a
te pensai». Non solo saluti ma anche preghiere. Una rondine vola
sulla piazza della Madonna di Loreto. Con il becco sostiene un
cartello: «Ti porti i miei saluti la rondinella pia / e la
benedizione celeste di Maria».
Quasi cent’anni di
cartoline, dal 1876 ai primi anni Sessanta. Le mappe di Google, con
il satellite, raccontano l’Italia di oggi. Le lastre Alterocca
riescono a raccontare anche il passato. «I fotografi andavano più
volte nello stesso paese, a distanza di anni. E così possiamo
vedere, ad esempio, come i paesi italiani si sono sviluppati. I
fotografi - dipendenti o collaboratori fissi - erano inviati dalla
ditta ma lavoravano anche su commissione. A chiamarli erano i
tabaccai, che accanto ai sigari e alle sigarette sfuse vendevano le
cartoline. Chiedevano immagini della piazza, della chiesa, della
processione con il Santo patrono, dell’intero paese. Sceglievano
quattro o cinque scatti e per ognuno di essi ordinavano dalle
duecento alle mille cartoline».
Francesca Boscherini,
imprenditrice, nel 1989 ha comprato l’archivio in un fallimento e
ha fondato l’ Alterocca Media. «Non volevo che un patrimonio come
questo andasse diviso e disperso nelle case dei collezionisti. Credo
di avere fra le mani un vero tesoro, che purtroppo dopo tanti e
costosi traslochi oggi è chiuso in sei stanze di palazzo Carrara. E
meno male che il nuovo sindaco di Terni, Paolo Raffaelli, ha messo a
disposizione quei locali. Io ho ormai perso la speranza di guadagnare
qualcosa. Vorrei però che l’archivio diventasse davvero fruibile.
Lo stiamo mettendo in ordine, piano piano, con l’aiuto di Benedetta
Toso, esperta di archivistica immagini fisse. E ogni volta che
apriamo un cartone della Ferrania, che custodisce le lastre tredici
per diciotto, torna alla luce un prezioso frammento del passato».
Erano bravi, i fotografi
Alterocca. «Quando partivano per la Sicilia nei giorni in cui la
raccolta delle arance era terminata, se ne procuravano comunque una
cassetta. Nei paesi chiedevano la cartolina che mostrava chiesa e
campanile sotto un ramo ricco di arance e loro appendevano ai rami
spogli i frutti comprati al mercato. Se per caso, anche con queste
astuzie, la cartolina non risultava gradita, entravano in azione i
ritoccatori». Ci sono ancora i pennelli usati dai ritoccatori, con
tre, due o un solo pelo. «Ecco, i fili d’acqua che escono da
questa fontana di Roma, "Panorama dall’Accademia di Francia",
sono dipinti con pennelli a un solo pelo. Il ritocco serve ad
esaltare i contrasti. Il grigio diventa bianco o, all’opposto,
nero. Poi la fotografia viene rifotografata e appare nitida. Abbiamo
trovato biglietti con ordini precisi per il ritocco. Per questa
fotografia di un paesino siciliano, ad esempio, si prescrive di
"togliere le crepe dai muri, eliminare le erbacce dal
marciapiede e soprattutto fare sparire la gallina che sta in mezzo
alla strada"».
Anche la storia va ritoccata. «Cartoline
scattate quando c’era il Duce non vanno più bene dopo la
Liberazione e non si può certo tornare in tutti i paesi a cercare
nuove immagini, perché i fotografi costano. Ecco allora i
ritoccatori al lavoro, per togliere fasci littori dai palazzi o
monumenti a Mussolini. Si fanno anche errori clamorosi: si elimina
con il pennello il Duce a cavallo ma nella piazza resta l’ ombra
del monumento. Abbiamo trovato la cartolina fra gli scarti». «La
cartolina illustrata - scriveva nel 1906 il fondatore della
tipografia e del grande studio fotografico, Virgilio Alterocca - è
potentissimo tramite di cultura e di gentilezza. Deve essere
asservita all’ educazione del sentimento e del gusto e non
immiserita a fini disdicevoli». Virgilio Alterocca è un dirigente
del Partito Socialista, insegnante, industriale con mille idee. A
Terni costruisce il teatro Politeama e la rete telefonica. La
cartolina deve portare quella cultura che il popolo non si può
permettere, ed è anche informazione. Oltre alle foto degli «edifici
architettonicamente più importanti», sulle cartoline vengono
stampate le immagini dell’ eccidio di Umberto I a Monza, gli
spettacoli teatrali tratti da opere di D’ Annunzio, la messa in
scena di opere liriche, episodi dei Promessi Sposi e della Divina
Commedia.
Terni. La palazzina Alterocca |
L’industria decolla dopo la morte di Virgilio Alterocca
(1853-1910) ma grazie alle idee e agli investimenti del fondatore,
che andava a cercare nuove macchine alle Expo di Parigi e di Berlino.
Nel 1930 nella tipografia e nel laboratorio fotografico lavorano
duecento persone. «La cartolina - scrive Alterocca - deve mostrare
le meraviglie della natura e dell’ arte che fanno così bello il
nostro paese, favorendo l’ affluenza dei forestieri anche nei
centri minori, diffondendo fra gli amatori la conoscenza delle
bellezze pittoresche e delle opere classiche, che fino ad ora furono
in gran parte tesori ignorati per gli stessi italiani». Ordini di
cartoline Alterocca arrivano anche dalla Cina e dal Brasile. Un
imprenditore egiziano, negli anni Trenta, manda una fotografia del
suo albergo, ai margini di un deserto. Ne chiede mille copie, «virate
seppia» e chiede un favore. «Potete mettere qualche nuvola in
cielo?». Viene accontentato. Lo stabilimento che fu del dirigente
socialista illustra le conquiste coloniali e la guerra di Albania. I
soldati possono così mandare a casa le immagini di "Tripoli,
such el Giuma", il "Panorama della fortezza veneziana a
Durazzo" o "La famiglia reale di Albania". Ma sono i
paesi e le città la miniera dell’ azienda. E a chiamare i
fotografi non sono solo i tabaccai, antesignani delle future aziende
di promozione turistica, ma anche i proprietari di alberghi, pompe di
benzina, ristoranti. Il filone d’ oro viene trovato nei santuari e
nei conventi. Sono i primi, in Italia, a scoprire la necessità della
promozione. Nel 1934 i monaci di Camaldoli aprono la loro foresteria
e cercano clienti e pellegrini. Il priore, in una lettera, chiede
anche una foto «ritoccata a colori», e allora a Terni si mettono al
lavoro le donne pittrici. Le suore agostiniane di Cascia mettono in
posa - in chiesa e ritratte di spalle - le piccole orfane dell’
Alveare di Santa Rita. La foto finisce nel bollettino delle suore,
anche questo stampato da Alterocca, che viene inviato ai possibili
benefattori. Sempre a Cascia i bimbi della materna parrocchiale
vengono sistemati in cortile e fotografati dall’ alto. Tutti
assieme formano la scritta: «Auguri». Anche per i santuari i
ritoccatori (e gli illustratori) hanno molto lavoro. Ecco dunque
apparire modernissimi aerei nel cielo del santuario della Madonna di
Loreto, «protettrice degli aviatori», o l’ immagine di San
Gabriele che dall’ alto ferma un autobus di pellegrini che sta
cadendo da un ponte. «L’ autobus con sessanta pellegrini rimase
sospeso sull’ abisso», assicura la didascalia. Anche il Vaticano è
un ottimo cliente. Chiama gli Alterocca per l’ inaugurazione del
potentissimo centro di radiotrasmissione della stazione vaticana, il
27 ottobre 1957. Fotografie e composizioni diventano cartoline da
inviare in tutto il mondo: «Antenna Ave Maria, per fare del mondo
una sola famiglia». Le didascalie delle cartoline che mostrano la
grande antenna a forma di croce sono in latino: «Antemnae
radiophonici pontis, S. M. di Galeria». La cartolina, diceva il
fondatore, «non deve essere immiserita a fini disdicevoli», ma il
mercato è mercato e la concorrenza si fa forte. Quando si elegge un
nuovo Papa, lo stabilimento va in fibrillazione, perché Roma è a
soli ottanta chilometri e bisogna arrivare prima degli altri. Il
fotografo Angelo Cardaio è pronto. Si procura le immagini di vecchi
papi, alti, bassi, magri o grassi. Si procura le fotografie del volto
dei cardinali papabili. Appena in San Pietro viene annunciato l’
«Habemus Papam», ecco che il volto del cardinale prescelto viene
appiccicato sul corpo già pronto. L’ ultimo fotomontaggio viene
fatto per Paolo VI. Senza rinforzi finanziari, tutto l’ archivio
Alterocca rischia di restare una miniera chiusa. Finora è stata
fatta una sola mostra, Ascoltaci, o Signore, grazie all’ aiuto
dell’ allora presidente della Regione Umbria, Bruno Bracalente. «Io
metto nell’ archivio - dice Francesca Boscherini - parte dei denari
che guadagno in fabbrica, ma non bastano. Ho qualche idea. So che le
associazioni di italiani in America finanziano fotografi che vengono
qui per ritrarre i paesi di origine degli emigrati. Noi potremmo
fornire non le foto di oggi, ma quelle del tempo in cui partivano i
bastimenti. Le lastre dell’ archivio - sono ancora perfette e
permettono stampe nitidissime - potrebbero poi essere utili per il
Fai, il Fondo ambiente italiano: avrebbe le "prove" di come
il paesaggio italiano è stato cambiato o manomesso. Potrebbe
intervenire anche l’ Anci, l’ Associazione dei comuni italiani.
Il nostro archivio potrebbe fornire
immagini per organizzare una mostra in quasi tutti i comuni. E sono
immagini che raccontano la storia vera di un paese. Insomma, per
aprire la miniera, serve qualche investimento, che sarà ben
ripagato. Tutti cercano le loro radici. Qui le abbiamo fotografate».
La Repubblica. 2 settembre
2007