Il testo che segue è
un'intervista dello scorso aprile a Elena Benvenuti, la vedova di
Walter Binni, che fu, con la comunista Fernanda Maretici, la prima
donna consigliere comunale a Perugia, per il Partito socialista, nel
1946. Ho avuto la gioia di conoscerla nelle campagne lucchesi, donde
era originaria ed ammirarne a 101 anni la presenza e lo stile. E'
morta domenica scorsa e l'abbiamo salutata ieri, nella Chiesa di
Casaglia. C'era poca gente, la famiglia, qualcuno degli amici di
Capitini e Binni, qualche femminista, qualche intellettuale
illuminato. Nessun politico in attività, ad eccezione del presidente
del Consiglio Comunale, Varasano, che è un uomo di destra, ma ha
mostrato nell'occasione sensibilità istituzionale. Nessun esponente
della sinistra, del centro sinistra o del partito democratico. Il
prete che ha fatto l'omelia si è dimostrato professionalmente
capace: s'è documentato sulla figura della Benvenuti, ha citato
alcune sue frasi, ha fatto riferimento senza citarlo a Capitini e
alla sua teoria della compresenza dei morti e dei viventi. (S.L.L)
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Elena Benvenuti con il figlio Lanfranco Binni |
Elena Benvenuti è nata a
Lucca, il 16 settembre 1912. Studentessa universitaria a Pisa, nella
Facoltà di Lettere, conobbe Binni nel 1932 alle lezioni
dell'italianista Attilio Momigliano. Dal 1933 iniziò la sua profonda
relazione d'amore con Walter, di cui sarebbe stata la compagna di
tutta una vita. Si sposarono nel gennaio del 1939, stabilendosi a
Perugia, dove Binni insegnava all'Università per Stranieri.
Dopo
la Liberazione, fu eletta per il Partito socialista nel primo
consiglio comunale di Perugia, mentre Binni fu eletto deputato
socialista all’Assemblea Costituente. Da sempre è stata la più
assidua collaboratrice del marito, battendo a macchina i suoi libri,
correggendo le bozze, curandone la corrispondenza, partecipando alle
sue relazioni politiche e letterarie.
Cosa ricorda degli
anni di Perugia?
Abbiamo vissuto a Perugia
dal 1939 al 1948, gli anni dell’antifascismo, della guerra, della
Resistenza e della Costituente. Walter era già attivo, dal 1936,
nelle reti nazionali della cospirazione antifascista, a fianco di
Aldo Capitini. Per me la grande scoperta, a Perugia, fu proprio
Capitini, un vero campione di rigore intellettuale e morale: per
Walter un fratello maggiore, per me un grande amico, per i miei figli
un maestro (il figlio Lanfranco ha in preparazione un libro sul
Capitini politico, ndr). Ripenso spesso all’entusiasmo con cui
Walter ed io salivamo di corsa i 103 gradini che portavano allo
studiolo di Capitini, nella torre campanaria del Palazzo dei Priori,
per incontrarci con lui. Sono stati anni intensi, drammatici,
entusiasmanti: di conflitto e di liberazione, di solidarietà e di
speranza.
Poi, la partenza da
Perugia.
Nel 1948, conclusi i
lavori della Costituente, Walter vinse una cattedra all’Università
di Genova. Da quel momento si sarebbe totalmente dedicato al suo
lavoro di critico, storico della letteratura e docente universitario.
Da Perugia ci trasferimmo a Lucca, poi nel 1958 a Firenze, e infine
(1964) a Roma, dove Walter concluse la sua attività universitaria.
Che cosa ha
significato vivere accanto a un grande intellettuale?
Più che accanto, siamo
vissuti insieme. Ho imparato, nel corso della mia lunga vita, a dare
un grande valore a questa parola.
Dopo la morte di
Binni, nel 1997, si è dedicata all’ordinamento del suo archivio.
Ho continuato a lavorare
“con lui”. La sua biblioteca di studioso (15.000 volumi) è stata
donata, per sua volontà, alla Regione Umbria, per essere collocata
nella Biblioteca comunale Augusta di Perugia, dove oggi si trova,
finalmente catalogata. Il lavoro più impegnativo ha riguardato
l’archivio, che oggi si trova in gran parte presso l’Archivio di
Stato di Perugia: lettere (più di 14.000), fotografie, documenti.
Con i miei figli Francesco e Lanfranco stiamo ancora ordinando gli
ultimi materiali.
E le lettere di Binni
ai suoi corrispondenti? Sono state pubblicate?
Alcune sì: nel 2007 è
stata pubblicata una scelta dell’immenso carteggio con Capitini,
nel 2009 quello con Giuseppe Dessí, recentemente quello con Luigi
Russo.
E le opere di Binni? È
in corso un’edizione delle opere complete…
Sì, se ne occupa
Lanfranco con Il Ponte Editore. Sono già usciti nel 2014 «Leopardi»,
3 voll., «Scritti novecenteschi», «Scritti politici», «La
poetica del decadentismo»; è in stampa «Ariosto», in preparazione
«Alfieri», 2 voll., e quattro volumi di scritti settecenteschi. Il
piano editoriale prevede venti volumi entro la fine del 2017. Mi
piace che, oltre all’edizione su carta, le opere siano liberamente
scaricabili da Internet, dalla sezione “Biblioteca” del sito
www.fondowalterbinni.it. Questa
soluzione sarebbe piaciuta anche a Walter.
Binni si definiva
«leopardista leopardiano» e «pessimista rivoluzionario», è vero?
E che significa?
Sì, Leopardi è stato il
poeta della sua vita e ha continuato a frequentarlo, a studiarlo, a
scriverne fino alla fine. Uno dei libri che amava di più era La
protesta di Leopardi, pubblicato nel 1973, e quel titolo rivelava
il legame profondo tra Leopardi e la concezione del mondo di Walter.
Si trattava anche della protesta esistenziale e politica dello
scrittore e del critico: intransigente, indignato, inconciliabile,
antiaccademico.
Un ricordo degli amici
perugini?
È indelebile il ricordo
di tanti amici: Aldo Capitini, Bruno e Maria Enei, Ilvano e Marisa
Rasimelli, Maria Schippa, Piera Brizzi, Alberto e Renata Apponi, Remo
e Clara Mori... L'elenco sarebbe lunghissimo, di una straordinaria
varietà umana ed esistenziale. Spesso rivedo i volti di tante umili
donne di Via della Sposa (abitavamo in via Lorenzo Spirito
Gualtieri), compagne comuniste e socialiste, straordinariamente umane
e generose. In quegli anni sono nati i nostri due figli, Francesco e
Lanfranco (il quale ricorda che a insegnargli a leggere fu il grande
perugino Giacomo Santucci, ndr). Poi la vita ci ha portati altrove,
ma il legame con Perugia è rimasto sempre fortissimo. Walter amava
la sua città, la considerava all'origine della sua stessa “tensione”
di critico, con la durezza sconvolgente della tramontana, la presenza
della Storia in ogni suo dettaglio, l'invito all'essenzialità.
Un bilancio dei suoi
“primi” cento anni?
Oggi, dall'altezza dei
miei anni, ormai più di cento, continuo a considerare centrale il
valore delle esperienze che abbiamo avuto la buona sorte di vivere.
Auguro a tutti, con gratitudine, una vita essenziale e attenta alle
persone. Da vivere «con semplicità», come mi scrisse Aldo nella
sua ultima lettera, e parlava della sua morte imminente. Diceva
Bonhoeffer, il grande teologo tedesco assassinato dai nazisti, che
niente è più miracoloso del sorriso di un bambino. E, come Walter
continuamente ripeteva (con Feuerbach), si vive finché si ama.
“il Giornale
dell'Umbria”, 15 aprile 2015