Il brano che segue è parte della recensione di Umberto Eco (“Il Sole. 24 Ore”, 26 agosto 2007) a un libro di Armando Massarenti, costruito su brevi articoli di argomento filosofico, uscito nel 2006: Il lancio del nano e altri esercizi di filosofia minima, Guanda, Parma, 2006. E’ una breve, sugosa ricognizione sulla “forma breve” nella letteratura filosofica. Da leggere. (S.L.L.)
Eraclito |
Il lancio del nano è una raccolta di piccoli pezzi che Armando Massarenti ha pubblicato settimanalmente su Il Sole 24 Ore e che io, d’ora in poi chiamerò “nani”, così ricordiamo che si tratta di nano-articoli. E’ stato Maurizio Ferraris, recensendo il volume, ad assimilare questi pezzi alle mie Bustine di Minerva, sottolineando la difficoltà di trovare un’idea ogni settimana. Ma la vera difficoltà è quella di fare stare questa idea all’interno di un formato obbligato e ristretto. Inaugurando la trascurata critica quantitativa del testo, ricordo che porta via meno tempo scrivere cinquemila piuttosto che duemila battute, così come è più semplice e veloce scrivere dieci pagine anziché due. Ora, le mie Bustine contano appunto poco più di cinquemila battute, mentre i nani poco più di duemila, e ce n’è addirittura uno di mille. Di qui il mio tributo di rispetto per questi esercizi di faticosissima pigrizia.
Inoltre esiste il problema delle forme brevi in filosofia. Il sottotitolo dei nani parla di "esercizi di filosofia minima" ma, in effetti, il termine tecnico per definire questo genere testuale è la forma breve, un genere su cui è stato scritto molto. La più studiata tra le forme brevi è l’aforisma, su cui a Bologna due anni fa abbiamo organizzato una serie di seminari da cui è nato anche un libro (Teoria e storia dell'aforisma, a cura di Gino Ruozi, Milano, Bruno Mondadori, 2004).
Ma, mentre sono state studiate le forme brevi in letteratura, minore attenzione è stata prestata alle forme brevi in filosofia. Così il “laico” si immagina che un testo di filosofia debba contare come minimo cinquecento pagine.
Ora dovrò fare dei nomi grossi e non vorrei che, per questo, Massarenti arrossisse. D'altra parte, se dicessi che ha scritto sonetti, questo non vorrebbe dire che lo paragono a Petrarca, vorrebbe semplicemente dire che lo assegnerei a un genere al quale si sono dedicati autori di diversa statura e fama (comunque Massarenti non potrebbe essere Petrarca per la solare ragione che non ha mai scritto sonetti).
Per parlare di forme brevi in filosofia, si dovrebbe risalire anzitutto alle forme brevi “per difetto”, che cioè sono brevi non perché l’autore abbia praticato l'arte della brevità, ma perché si è perduto tutto il resto, come nel caso dei frammenti dei presocratici - e non mi ricordo chi ha scritto che i presocratici producevano solo frammenti perché vivevano tra le antiche rovine. Con queste forme brevi si è cimentata tutta la storia delle filosofia. Sfortunatamente molti di questi frammenti provengono dalla testimonianza di Aezio, che era evidentemente un cretino (basta vedere il modo in cui riporta il parere dei suoi autori) ma non possiamo negare che formule icastiche come quelle che ci sono rimaste di Eraclito o di Parmenide abbiano intrigato l’umanità per più di duemila anni. Basta leggere Severino, per vedere come si possa dedicare una vita a commentare pochi frammenti di Parmenide. Quando Eraclito afferma che l'oracolo di Delfi "non dice, non nasconde, ma accenna", si capisce perché questo punto solo ci procuri maggior letargo che venticinque secoli all'impresa che fé Nettuno ammirar l'ombra d'Argo.
Se poi leggiamo che "il dio è giorno notte inverno estate guerra pace sazietà fame, e muta come il fuoco quando si mischia ai fumi odorosi e prende il nome dell'aroma di ciascuno di essi", anche qui troviamo materia per continuare un millenario letargo.
Ma, al di là dei frammenti brevi per difetto, ci sono altri testi filosofici brevi per proposito. Brevissimi sono i Colloqui con se stesso di Marco Aurelio, brevi i pensieri di Pascal, più distese molte pagine di Montaigne ma, nell’insieme, brevissime rispetto alle tre critiche kantiane o alla Fenomenologia dello spirito di Hegel. Potremmo continuare, riferendoci, come d’obbligo, a Karl Kraus o ai Pensieri spettinati di quel filosofo al fulmicotone che è Stanislav Lec, ma che dire di Wittgenstein, in particolare quello delle Ricerche filosofiche o dei Quaderni? E vorrei ricordare, anche se nessuno se ne ricorda più, Alain, che ha fatto per anni esattamente quello che sta facendo Massarenti: cioè, a partire dal 1903, ha pubblicato prima su “La Dépêche de Lorient” e “La Dépêche de Rouen” e poi via via su giornali più importanti, circa tremila propos brevissimi di carattere politico e filosofico, poi raccolti da Gallimard in diversi volumi. Ciascuno era addirittura più breve di un nano, in media 1500 battute.
Saremmo tentati di dire che tanto più è breve il pensiero filosofico, tanto più fa scrivere, come gli autori che muoiono suicidi giovanissimi ed hanno pubblicato pochissime pagine. Ma non sarebbe giusto perché altri fiumi di inchiostro hanno fatto versare filosofi fecondi oltre ogni umana sopportazione, da Aristotele a Kant, da Hegel a Marx, fino a Heidegger. Del quale però fanno più discutere i testi brevi dopo la "svolta" che un testo lungo come Essere e tempo. In ogni caso con la forma breve si possono esprimere idee filosofiche molto profonde e talora la concisione consente delle discese in abisso.
Non ultimo vantaggio della forma breve - quando non si tratta di forma breve per difetto, per cui non si capisce cosa l’autore volesse dire perché è scomparso il contesto - è che riesce a essere (e nel caso di Massarenti certamente ci riesce), affettuosa. Riesce, cioè, a parlare anche al pubblico che legge un giornale o un settimanale.
Spesso questi “lanci del nano” di Massarenti hanno una caratteristica particolare rispetto ai modelli dei maggiori che ho citato: si presentano non come folgorazioni filosofiche personali, ma come riprese di idee filosofiche altrui, che Massarenti va a scovare con senso della provocazione e dello humour. Si potrebbe anche dire che questi nani, con molta nonchalance, percorrono tutto il tragitto della storia della filosofia occidentale e, con l’aria di non voler risolvere nulla, pongono delle domande. Ovviamente sono quasi tutte domande senza risposta perché, come forse vi hanno detto, la filosofia è quel discorso che pone solo le domande per cui non c’è risposta - affermazione profondissima che non è da considerarsi una battuta.
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