I protagonisti della telenovela "Marilena" |
Temo che la mia mamma soffra di una grave intossicazione televisiva da telenovelas (o simili) con dipendenza e assuefazione: non ha smarrito il senso critico, ma ha bisogno di dosi sempre più massicce di quella robaccia, cosa che potrebbe danneggiarla fortemente, influendo negativamente sull’immaginazione. E nel mese di dicembre in cui le ho fatto da damo di compagnia anch’io non mi sono potuto sottrarre ad alcune visioni.
Non segue più il serial nordamericano Beautiful. Al centro della sua attenzione sono ora due produzioni tedesche, una a pranzo su Rai Tre e un’altra a cena su Rete Quattro, ma hanno grande peso anche le telenovelas vere e proprie, quelle brasiliane trasmesse da Lady Channel su Sky, Marilena, Maria, Zingara.
La distanza di tutti questi prodotti dalla tradizionale narrativa popolare, dal romanzo d’appendice ai film “strappacuore”, da cui pure si originano, mi sembrata che cominci a farsi notevole. Un tempo i “cattivi”, di solito ricchi e potenti, prevalevano grazie ai loro intrighi e al loro cinismo, ma le vittime avevano il privilegio di essere detentori di un superiore senso d’umanità, di essere i “buoni” capaci di solidarietà, di amore per il prossimo, di onestà. Oggi non c’è più una distinzione così netta ed in una guerra spietata per il potere, per la ricchezza, per il denaro, per un successo anche modesto, anche i buoni diventano cattivi.
In verità, nel campo femminile, continua spesso ad essere presente la “Cattiva” per eccellenza, erede della tradizione che ha forse il suo vertice nella “Milady” dei Tre Moschettieri, l’assassina con il gusto e il culto del crimine, che da niente si lascia frenare dai più biechi propositi, neppure dall’istinto materno, la Belle dame sans merci di cui il grande Mario Praz tracciò un memorabile profilo nel suo libro più bello (La carne, la morte, il diavolo nella letteratura romantica); ma adesso anche le donne “normali”, né buone né cattive, sono in guerra tra loro e con molti maschi e vanno alla guerra come alla guerra, cioè senza farsi scrupoli di sorta.
C’è tuttavia una differenza importante tra i prodotti tedeschi e quelli brasiliani: nei serial europei le donne si battono per se stesse, per la propria carriera, per il proprio potere, in quelli latinoamericani prevale ancora la guerra per la conquista del “maschio”, il maschio più ricco e potente che si può. Nonostante la presidenta e tutto quello che ci trasmette l’immagine di un Brasile in grande crescita civile, è verosimile che lì, tra gli strati sociali popolari, il femminismo abbia ancora molte battaglie da combattere, più che in Europa.
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