Raniero Panzieri a Messina con la moglie Pucci Saja |
L’esperienza di
Panzieri in Sicilia dura sei anni, dal 1949 al 1955. Arriva a Messina
come giovane docente di filosofia del diritto, chiamato ad un
incarico universitario da Galvano della Volpe, e dopo pochi mesi si
impegna in una militanza politica e sociale che lo conduce nel giro
di due anni a lasciare l’accademia per diventare politico di
professione.
Nell’esperienza
siciliana si salda il rapporto umano, politico e culturale con
Rodolfo Morandi.
I successi del suo lavoro
nell’isola e il suo ruolo di interprete originale e attivo della
«politica unitaria» morandiana sono alla radice della sua rapida
ascesa ai vertici nazionali del Partito socialista. Nel congresso di
Bologna del gennaio 1951 Panzieri entra contemporaneamente nel
comitato centrale e nella direzione del partito. L’ingresso dei due
giovani «morandiani» Raniero Panzieri e Dario Valori coincide con
l’esclusione di un protagonista del socialismo italiano come Lelio
Basso.
Elio Giovannini definisce
quel congresso il Congresso della vergogna nel quale trionfa il
«piccolo stalinismo socialista» con la regìa di Pietro Nenni e di
Rodolfo Morandi.
Quale fu l’atteggiamento
di Panzieri verso l’ideologia e le pratiche staliniste che negli
anni della guerra fredda erano assolutamente dominanti nella cultura
e sub-cultura social-comunista?
In una lettera a
Libertini del dicembre 1959 parla esplicitamente degli «errori
commessi» negli anni della guerra fredda «sollecitato sempre dal
senso – che tenevo per certo – di un legame ininterrotto, nella
lotta, tra il movimento e i partiti».
Forse coglie nel segno la
recente testimonianza del dirigente comunista Emanuele Macaluso che
conobbe e frequentò molto da vicino Raniero Panzieri in quegli anni
siciliani.
“Se un uomo come
Panzieri sta nel PSI – afferma Macaluso – anche nella fase della
maggiore comunistizzazione e stalinizzazione di questo partito è
perché nel PSI aleggiava una storia nella quale la libertà (la
libertà di ricerca, la libertà politica, la libertà del cittadino)
aveva avuto un peso straordinario. E perché nel PSI, per quanto
comunistizzato, non c’erano barriere e vincoli tali che prima o poi
la questione si riaprisse. Quelli che nutrivano una maggiore
inquietudine intellettuale e politica – gli uomini come Panzieri –
scelsero in larga misura più il PSI del PCI”.
La crisi di Panzieri,
dopo la catastrofe del Fronte popolare, fu dovuta soprattutto al
collasso strutturale del partito, alla sua incapacità di offrire uno
strumento di azione di massa e di lotta di classe. La caduta della
prospettiva di ricollocare il Partito socialista «all’interno
della situazione generale della classe lavoratrice» coincise con il
ripiegamento verso il lavoro accademico. Nel novembre 1948 va
all’Università di Messina, ma già nel maggio del 1949 viene
coinvolto nel progetto morandiano di ricostruzione del partito.
Nell’aprile del 1950
Morandi indica Panzieri come il suo rappresentante nell’Isola.
Dalla documentazione
offerta da Domenico Rizzo sull’attività di Panzieri in Sicilia
emerge una inedita figura di dirigente politico a tutto tondo:
costruttore di strutture organizzative, animatore in prima persona di
lotte di massa nelle miniere e nei feudi, coinvolto in una sequenza
di faticosissime campagne elettorali (le regionali del 1951, le
comunali del 1952, le politiche del 1953, le regionali del 1955). Un
Panzieri che si spende con generosità in un impegno pratico
quotidiano a tutti i livelli e in ogni direzione e che continua ad
esprimere una sempre rinnovata elaborazione culturale. Soprattutto
emerge il profilo di un dirigente profondamente radicato nella realtà
sociale e politica del Meridione, interprete della storia e delle
tradizioni più vive e combattive del movimento democratico e
socialista siciliano.
Il Panzieri di quegli
anni indica nelle lotte per la terra il «punto archimedico» di una
rivoluzione democratica.
Nel corso della campagna
elettorale regionale del 1955, quando Morandi e Panzieri rompono la
tradizionale unità elettorale con il PCI nel «Blocco del popolo» e
i socialisti presentano liste proprie, si dispiega la peculiarità
della politica socialista nell’Isola.
La piattaforma elettorale
del PSI dal titolo Nell’alternativa socialista rinascita e
autonomia della Sicilia, scritta da Panzieri, ha un ampio respiro
culturale: recupera le radici della lotta socialista a partire dai
Fasci siciliani, fa una lucida e sferzante analisi dei governi
democristiani e delle loro complicità economiche e mafiose, propone
un disegno alternativo di sviluppo economico e di riscatto sociale.
Contro il separatismo reazionario e contro una linea di asservimento
al centralismo dello Stato unitario burocratico rivendica la lunga
storia di lotta socialista per un’autonomia, in chiave federalista,
che ha sempre intrecciato libertà politiche e liberazione sociale.
Il movimento dei Fasci
siciliani nel quale si esprimeva un forte associazionismo
partecipativo, che vedeva la convergenza tra azione economica e
iniziativa politica, è indicato come l’esperienza fondamentale ed
esemplare del socialismo siciliano che alimenterà generazioni di
organizzatori di leghe contadine, di cooperative bracciantili e di
combattivi dirigenti socialisti.
Questo recupero di una
tradizione socialista di lotta di classe radicale e libertaria, che
dall’Ottocento si prolunga nel primo Novecento è uno degli aspetti
più originali della elaborazione politica e culturale del Panzieri
siciliano che non sarà più ripresa negli anni successivi.
La campagna elettorale
del 1955 e i risultati del voto, che segnano un successo dei
socialisti, fanno della Sicilia il laboratorio della linea di
«apertura a sinistra» unitariamente approvata dal congresso di
Torino del PSI pochi mesi prima. Sia la documentazione offerta da
Domenico Rizzo, sia la testimonianza di Macaluso ci dicono che
Panzieri, in stretto collegamento con Rodolfo Morandi, è
protagonista in questa svolta politica.
La posta in gioco era
altissima: non si trattava solo di colpire il blocco agrario
realizzando la distribuzione della terra. Si poneva all’ordine del
giorno la gestione pubblica regionale delle risorse idriche e della
produzione elettrica e soprattutto la nuova questione delle risorse
petrolifere. Era un intero assetto di potere, coagulato attorno ai
governi dell’on. Restivo, che era messo in discussione. Segnale
dell’altezza della sfida è l’uccisione, in piena campagna
elettorale, del capolega socialista Salvatore Carnevale da parte
della mafia.
Il terremoto in atto nei
rapporti di potere è testimoniato dalla rottura della Sicindustria
di La Cavera con la Confindustria nazionale. Il nuovo governo Alessi,
che ebbe durata breve, fu il risultato dell’autonoma e combattiva
iniziativa socialista perseguita da Panzieri attraverso tensioni con
il Partito comunista (scrive Montalbano a Li Causi: «… insistendo
Panzieri e Taormina nella separazione da noi, secondo le direttive di
Nenni, nonostante le proteste di base che cominciano a farsi
preoccupanti. Si ha l’impressione che in Sicilia il PSI sia diretto
da socialdemocratici anticomunisti e non da marxisti») e non poche
resistenze all’interno del PSI.
L’esperimento siciliano
realizzato da Morandi e da Panzieri non era altro che l’anticipazione
del centro-sinistra nenniano, come sembra pensare Stefano Merli? È
lecito dubitarne.
Nel 1955 Raniero
Panzieri, membro della direzione del Partito socialista, segretario
della Sicilia, responsabile nazionale stampa, propaganda e cultura
del partito, resta uno dei più importanti giovani dirigenti
socialisti morandiani.
Dal “Sito in ricordo di
Pino Ferraris” ( http://www.pinoferraris.it/
)
Nessun commento:
Posta un commento