7.4.11

Cesaretto. Stefano Bonilli ricorda...

Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini e Laura Betti
al ristorante "Cesaretto" in una foto di Mario Dondero 
Stefano Bonilli, un tempo colonna de “il manifesto”, per presentare le foto di scrittori di Mario Dondero, ha rievocato la trattoria di “Cesaretto”, in via Della Croce a Roma, dove - a quanto racconta - lo incontrò più di una volta a partire dal 1975, quand’era giovane e squattrinato redattore del quotidiano comunista. Scrive Bonilli, nel suo blog (http://blog.paperogiallo.net/ ), che, nonostante lo si trovi ancora nelle guide, il locale non è più quello: “Luciano Guerra è stato il Cesaretto degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Poi, stanco, ha affittato il locale ed è finita la storia”.
Così lo rappresenta: “Cesaretto era la trattoria di cui si legge nei romanzi: molti pittori pagavano con i loro quadri, ci si sedeva in qualunque posto libero tranne che nel tavolo vicino al bancone: lì officiavano i vecchi clienti, Flaiano & C e ci si sedeva solo se invitati. Non c'era telefono, non si poteva prenotare e non si mangiava neppure bene se si eccettuano alcuni piatti.
E allora perché lo si frequentava? Perché, in una Roma non ancora travolta da turismo e consumismo, basti pensare che via della Croce era piena di negozi, dalla polleria al negozio fico di frutta a numerosi alimentari, Cesaretto era un punto di incontro di pittori, scrittori, registi, giornalisti e personaggi vari.
Noi del “manifesto” ci siamo affacciati verso il 1975 e Luciano, liberale per cultura e voto, ci ha adottato; il che voleva dire pagare una volta al mese ovvero quando avevamo i soldi: ogni giorno lui faceva il conto e poi ce lo dava da conservare. Quando in redazione arrivavano i soldi ti presentavi col mazzetto dei conti, Luciano ne misurava lo spessore e diceva una cifra, sempre di gran lunga inferiore a quella reale, e se protestavi cominciava ad abbassarla di 10.000 in 10.000 tanto che le prime volte rimanevi spiazzato perché il mondo andava alla rovescia. La pasta e ceci era buona, il vino pessimo ma se zia Crocetta in sala e zio Rolando in cucina ti prendevano in simpatia la sera sapevi che facevi tappa a casa e per me fuorisede era la salvezza… Stiamo parlando di un'Italia che non c'è più”.
Ho avuto la gioia nell’Ottanta di pranzare da Cesaretto. Doveva essere settembre. Lo cercai perché Attilio Bertolucci su “Repubblica” (ma prima lo aveva fatto Soldati sul “Corriere della sera”) aveva denunciato il rischio che chiudesse, per le cattive intenzioni di un nuovo padrone di casa, che non voleva rinnovare il contratto d’affitto. Ci trovai molti svedesi, alcuni del “manifesto” (di sicuro Barenghi, la jena) e, guarda un po’, proprio Bertolucci. Non riconobbi altri. Mangiai solo e in fretta: non avevo molto tempo. Andai via felice, perché avevo pagato poco ed ero stato in un posto importante.
Oggi, per caso, ho recuperato un ritaglio che mi ha riportato quel tempo e ho fatto qualche ricerca nella rete. Ne ricaverò tre post. Questo è il primo.

P.s.
http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2011/04/cesaretto-mario-soldati-prende-penna.html (secondo post su Cesaretto)

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