7.4.11

Ornella Vanoni e la borghesia milanese. Che tristezza!

Ieri su fb un amico telematico, l’ottimo Alessandro Cascone, ha “postato” Tristezza, un magnifico samba  (o forse un bossa nova, non m’intendo molto di musica sudamericana) che Ornella Vanoni cantava, riuscendo – credo - a curare un po’ il suo e il nostro male di vivere. Voce pazza quella d’Ornella, maleducata, piena di dissonanze, eppure così espressiva!
Tra i commentatori della rete più d’uno lamentava la contraddizione con l’Ornella d’adesso, invecchiata male, devastata dalla chirurgia estetica e, infine, decisa a candidarsi al consiglio comunale di Milano nelle liste della Moratti.  
La contraddizione c’è. La storia umana e artistica di Ornella sembra in conflitto con questa che appare una “finaccia”. Lei, figlia di un industriale farmaceutico, educata prima dalle Orsoline e poi nei collegi svizzeri e inglesi, aveva imposto giovanissima alla famiglia d’origine la propria vocazione d’attrice e il suo rapporto con Strehler, grande direttore del Piccolo, grande anche d’età. In quel giro intellettuale un po’ brechtiano era nata la sua prima stagione di cantante, quella di Ma mi e della mala. Dopo arrivò la passione per Paoli, forse il più grande autore di canzoni d’amore del Novecento, che proprio per lei compose Senza fine e Che cosa c’è. Poi tanto altro seguì: le canzoni della e contro la depressione, il samba, il teatro leggero e quello impegnato, un femminismo un po’ borghese ma puntuto (Ricetta di una donna), una sensualità mai priva di problematicità. Una voce la sua, ed una immagine pubblica, di disobbediente, di non allineata, che rende perciò quasi incomprensibile la scelta politica di cui sopra.
Io credo che si capisce di più se si studia la parabola politico-culturale del suo ceto d’origine, la borghesia alta e media di Milano città. Non quella degli arrivati, i sciur Brambilla prima e i dottor Berlusca dopo, miserabile, provinciale anche quando non viene dalla provincia, ma quella che è consapevole di “come nasce”, che si pretende metropolitana e cosmopolita, che di quando in quando si sogna svizzera e calvinista. In quella borghesia colta e civilizzata, partecipe del “vento del Nord” della Resistenza, c’era da tempo un’ala progressista e interrogante. Nelle migliori famiglie c’era quasi sempre stato un azionista (del Partito d’azione, non di qualche Spa) e negli anni Cinquanta c’era un socialista, non di quelli di Tangentopoli, ma di quelli che, pur coltivando il dubbio, erano più “di sinistra” degli stessi comunisti. Un nome per tutti: Giovanni Pirelli.
Era quella borghesia lì, non quella volgarotta dei nuovi cummenda, ad alimentare la grande stagione culturale di Milano, di Grassi, di Strelher e del Piccolo, ma anche dei teatri più piccoli, delle cantine e dei cabaret.
Quella borghesia non c’è più. S’è venduta l’anima al diavolo, prima a Craxi e poi a Berlusconi.  Le ribellioni sono ad una ad una rientrate tutte e non ce ne sono state di nuove. Hanno vinto gl’istinti conservativi del ceto proprietario. Di questa corruzione mi pare emblematico il caso di Ornella, che, a quanto è dato di vedere, non vuole più “vivere ed amare” come un tempo e non dice più di no. Che tristezza!

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Penso che quando si arriva all'eta' di 80 anni e gli amici che avevi sono a poco a poco scomparsi non ti poni tanti problemi di piacere o non piacere agli altri. ma di realizzare quello che più ti aggrada,l'immagine è per gli altri che nemmeno conosci, la soddisfazione è tua.
Mi ha fatto piacere sentire che sta proponendo un nuovo cd almeno asolteremo finalmente ancora una buona interprete e della buona musica!!! A.M.

Salvatore Lo Leggio ha detto...

Grazie della notizia, signor A.M.. Io - l'avrà capito anche dalla dichiarata delusione per alcune scelte recenti - sono stato e resto un grande ammiratore di Ornella Vanoni e sono convinto che il cd in preparazione sarà pieno di buone cose.

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