28.1.18

Palermo 1848. La fine dei Borboni cominciò con la battaglia della Fieravecchia (Tommaso Chiaretti)

Palermo, Puiazza Rivoluzione, già Piazza della Fieravecchia
All’inizio del 1848 la Sicilia ribolliva. Da fuor d’Italia, sempre più frequenti giungevano notizie dei moti d'indipendenza. Dalla Penisola giungeva un gran fiotto unitario, col simbolo del tricolore.
Su Ferdinando I si appuntava la rivolta, su lui che aveva tradito la Costituzione del 1812.
Il Generale Giuseppe La Masa, di Trabia, che s’aggirava inquieto per il Regno fomentando la rivolta, comparve d’improvviso a Messina il 5 gennaio. Poi scomparve due giorni, poi ricomparve di nuovo: «È andato a Paola, di notte — dissero gli amici che lo nascondevano — ha preso una barca e si è andato a metter d’accordo con quelli di là ».
A Messina il generale non ci rimase a lungo. Gli amici lo accompagnarono a Palermo, in casa di Federico Peratoner, e lì lui si nascose, ad attendere.
Il Maresciallo Vial, comandante la guarnigione, non si sentiva a suo agio. Andò dal generale De Majo e gli disse. «Generale, qui non al va avanti. Il popolo si organizza. Datemi un ordine e io arresto tutti, chiudo l’Università e faccio piazza pulita». Ma De Majo ce l'aveva con lui per via che una quindicina di soldati arrestati qualche giorno prima erano stati poi assolti con tutte le regole. Quel giorno i due si erano presi a male parole. Il Generale aveva dato una risciacquata al Maresciallo e lo aveva accusato di voler denigrarc la sua autorità luogotenenziale. E adesso gli disse che era un allarmista. «Non dite sciocchezze — urlò — il popolo è calmo. Al massimo vi concedo di chiudere l'Università e rimandare gli studenti a casa.
Vial così fece. Ma non era soddisfatto. E qualche giorno dopo se ne tornò trionfante dal generale brandendo un manifestino, un proclama che si attribuiva a Francesco Bagnasco. «Allarmi. Figli della Sicilia — c’era scritto su — l’unione dei popoli è la caduta dei re ».
Fra il 9 gennaio 1848 e il 10 mattina Bagnasco fece uscire gli ordini d’insurrezione: «Le masse armate dell'interno prenderanno posizione nei punti delle campagne. La popolazione di Palermo uscirà, armata di fucile, all'alba del 12 gennaio, mantenendo il più imponente contegno, e si fermerà nelle parti centrali. Non si tirerà sulla truppa se non dopo seria provocazione ed aperta ostilità ».
L’ebollizione traboccò in entusiasmo. All’alba del 12 Palermo era si-
lenziosa. Soli, i cannoni della guarnigione tuonavano a festa, in onore di Ferdinando nel suo giorno natalizio.
Le ore passarono, la popolazione uscì circospetta nelle strade attendendo che i capi della rivolta si manifestassero. I gendarmi di De Majo scioglievano gli asicmbramenti. Giuseppe La Masa, in casa, anche lui attendeva, si aggirava per le stanze con le mani dietro la schiena, tendendo l’orecchio ai rumori di fuori. Di tantoo in tanto gli portavano notizie.
Giuseppe La Masa fremeva. Quando seppe che in piazza della Fieraveechia un bel numero di palermitani s’era fermato ad ascoltare Paolo Paternostro, il giovane avvocato, non si tenne più: «Basta — disse — ora vado io». Prese lo schioppo, una pistola, la sciabola, il coltello, e corse via.
Quando, in piazza della Fieravecchia, se lo videro arrivare di corsa, così ferrato, risoluto, imponente, lo presero per uno dei capi della rivolta. Il generale lasciò fare, dette lo schioppo ad uno, la pistola ad un altro, dette anche il pugnale, si tenne la sciabola e disse: «Andiamo». Tutti lo seguirono per le strade.
In via dei Calderai, fu il primo scontro. Pietro Amadio la prima vittima di Ferdinando.
A sera, alla Fieravecchia, il generale stabilì il suo quartiere e presiedette la prima riunione del comitato provvisorio, appena costituito

Il governo provvisorio
Il generale rimuginava una sua idea; riunì in fretta il comitato e la espose con calma; proporre a Ruggero Settimo, dei prinpipi di Fitalia, di presiedere lui un governo provvisorio. Ruggero era un vecchio ufficiale di marina, leale ed onesto, che aveva sempre resistito con fermezza a Ferdinando. e che viveva una sua vita privata, amato e ossequiato.
Una parte del comitato s’inalberò. «No — dissero — la rivolta deve continuare sotto la guida di quelli che l’hanno iniziata».
La Masa parlò di nuovo. Più duramente. Disse che quel che contava era la riuscita della rivolta e la cacciata di Ferdinando.
«Se per questo è utile Ruggero, ben venga Ruggero». E così la ebbe vinta.
Le cose andavano bene, le forze regie perdevano terreno, riducendosi a tre o quattro asserragliamenti. I palermitani prendevano forza e coscienza. Ma a sera, sul mare, apparve una flottiglia. Ferdinando mandava rinforzi? Le navi eran cariche di uomini, comandati dal fratello del re in persona, il conte D’Aquila, e dal generale De Sauget.
Otto ore durò il combattimento. Quando fu finito le strade erano coperte di morti e la Fiera, vecchia piena di feriti.
Il conte D’Aquila non vedeva prospettive brillanti dinanzi a sé. E nemmeno De Sauget. Si riunirono coi loro a bordo dell'Ammiraglia. discussero a lungo e intimarono la resa. La risposta del marchese Spedaletto. membro autorevole del governo li fece restar di sasso. « Il popolo non poserà le armi — disse Spedaletto — se non quando la Sicilia, riunita a Palermo in Parlamento, adatterà ai nuovi tempi la sua Costituzione »
Il conte D’Aquila non se la sentiva di prendersi questa bella responsabilità. « Aspettiamo » disse agli altri.
Aspettarono, sulle navi e accampati fuori di città. A Palermo il governo provvisorio si consolidava: la città fu divisa in otto quartieri e ognuno ebbe il suo comitato. Il conte D’Aquila, allora. staccò una nave dal convoglio, puntò la prora su Napoli e lasciò nei pasticci De Sauget. De Majo e Vial.
Le truppe regie se ne stavano asserragliate nel palazzo reale, tempre più strette da presso.
Giuseppe La Masa convocò i suoi. «Adesso andiamo — disse — Il primo che mette il tricolore sul palazzo Reale avrà una medaglia di duecento onze d'oro. Avanti!». Cominciò l’assalto, e durò fino alla notte del 24. I farmacisti lavoravano senza riposo a fabbricare polvere da sparo.
Il 24 notte le truppe regie decisero di abbandonare il palazzo, tentarono la sortita per unirsi a De Sauget. Vial uscì dal palazzo vestito da donna, e non se ne ebbero più tracce.
Il 2S mattina Palermo fu tutta in mano della rivolta. Fu mandato un battello a circumnavigare l’isola, ad avvertire le altre città.
Le città, una dopo l'altra si sollevarono. Il 3 febbraio, dopo un mese di lotta, lo Sicilia intera ebbe un governo suo.


“l'Unità”, 27 gennaio 1948

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