Palermo, Puiazza Rivoluzione, già Piazza della Fieravecchia |
All’inizio del 1848 la
Sicilia ribolliva. Da fuor d’Italia, sempre più frequenti
giungevano notizie dei moti d'indipendenza. Dalla Penisola giungeva
un gran fiotto unitario, col simbolo del tricolore.
Su Ferdinando I si
appuntava la rivolta, su lui che aveva tradito la Costituzione del
1812.
Il Generale Giuseppe La
Masa, di Trabia, che s’aggirava inquieto per il Regno fomentando la
rivolta, comparve d’improvviso a Messina il 5 gennaio. Poi
scomparve due giorni, poi ricomparve di nuovo: «È andato a Paola,
di notte — dissero gli amici che lo nascondevano — ha preso una
barca e si è andato a metter d’accordo con quelli di là ».
A Messina il generale non
ci rimase a lungo. Gli amici lo accompagnarono a Palermo, in casa di
Federico Peratoner, e lì lui si nascose, ad attendere.
Il Maresciallo Vial,
comandante la guarnigione, non si sentiva a suo agio. Andò dal
generale De Majo e gli disse. «Generale, qui non al va avanti. Il
popolo si organizza. Datemi un ordine e io arresto tutti, chiudo
l’Università e faccio piazza pulita». Ma De Majo ce l'aveva con
lui per via che una quindicina di soldati arrestati qualche giorno
prima erano stati poi assolti con tutte le regole. Quel giorno i due
si erano presi a male parole. Il Generale aveva dato una risciacquata
al Maresciallo e lo aveva accusato di voler denigrarc la sua autorità
luogotenenziale. E adesso gli disse che era un allarmista. «Non dite
sciocchezze — urlò — il popolo è calmo. Al massimo vi concedo
di chiudere l'Università e rimandare gli studenti a casa.
Vial così fece. Ma non
era soddisfatto. E qualche giorno dopo se ne tornò trionfante dal
generale brandendo un manifestino, un proclama che si attribuiva a
Francesco Bagnasco. «Allarmi. Figli della Sicilia — c’era
scritto su — l’unione dei popoli è la caduta dei re ».
Fra il 9 gennaio 1848 e
il 10 mattina Bagnasco fece uscire gli ordini d’insurrezione: «Le
masse armate dell'interno prenderanno posizione nei punti delle
campagne. La popolazione di Palermo uscirà, armata di fucile,
all'alba del 12 gennaio, mantenendo il più imponente contegno, e si
fermerà nelle parti centrali. Non si tirerà sulla truppa se non
dopo seria provocazione ed aperta ostilità ».
L’ebollizione traboccò
in entusiasmo. All’alba del 12 Palermo era si-
lenziosa. Soli, i cannoni
della guarnigione tuonavano a festa, in onore di Ferdinando nel suo
giorno natalizio.
Le ore passarono, la
popolazione uscì circospetta nelle strade attendendo che i capi
della rivolta si manifestassero. I gendarmi di De Majo scioglievano
gli asicmbramenti. Giuseppe La Masa, in casa, anche lui attendeva, si
aggirava per le stanze con le mani dietro la schiena, tendendo
l’orecchio ai rumori di fuori. Di tantoo in tanto gli portavano
notizie.
Giuseppe La Masa fremeva.
Quando seppe che in piazza della Fieraveechia un bel numero di
palermitani s’era fermato ad ascoltare Paolo Paternostro, il
giovane avvocato, non si tenne più: «Basta — disse — ora vado
io». Prese lo schioppo, una pistola, la sciabola, il coltello, e
corse via.
Quando, in piazza della
Fieravecchia, se lo videro arrivare di corsa, così ferrato,
risoluto, imponente, lo presero per uno dei capi della rivolta. Il
generale lasciò fare, dette lo schioppo ad uno, la pistola ad un
altro, dette anche il pugnale, si tenne la sciabola e disse:
«Andiamo». Tutti lo seguirono per le strade.
In via dei Calderai, fu
il primo scontro. Pietro Amadio la prima vittima di Ferdinando.
A sera, alla
Fieravecchia, il generale stabilì il suo quartiere e presiedette la
prima riunione del comitato provvisorio, appena costituito
Il governo
provvisorio
Il generale rimuginava
una sua idea; riunì in fretta il comitato e la espose con calma;
proporre a Ruggero Settimo, dei prinpipi di Fitalia, di presiedere
lui un governo provvisorio. Ruggero era un vecchio ufficiale di
marina, leale ed onesto, che aveva sempre resistito con fermezza a
Ferdinando. e che viveva una sua vita privata, amato e ossequiato.
Una parte del comitato
s’inalberò. «No — dissero — la rivolta deve continuare sotto
la guida di quelli che l’hanno iniziata».
La Masa parlò di nuovo.
Più duramente. Disse che quel che contava era la riuscita della
rivolta e la cacciata di Ferdinando.
«Se per questo è utile
Ruggero, ben venga Ruggero». E così la ebbe vinta.
Le cose andavano bene, le
forze regie perdevano terreno, riducendosi a tre o quattro
asserragliamenti. I palermitani prendevano forza e coscienza. Ma a
sera, sul mare, apparve una flottiglia. Ferdinando mandava rinforzi?
Le navi eran cariche di uomini, comandati dal fratello del re in
persona, il conte D’Aquila, e dal generale De Sauget.
Otto ore durò il
combattimento. Quando fu finito le strade erano coperte di morti e la
Fiera, vecchia piena di feriti.
Il conte D’Aquila non
vedeva prospettive brillanti dinanzi a sé. E nemmeno De Sauget. Si
riunirono coi loro a bordo dell'Ammiraglia. discussero a lungo e
intimarono la resa. La risposta del marchese Spedaletto. membro
autorevole del governo li fece restar di sasso. « Il popolo non
poserà le armi — disse Spedaletto — se non quando la Sicilia,
riunita a Palermo in Parlamento, adatterà ai nuovi tempi la sua
Costituzione »
Il conte D’Aquila non
se la sentiva di prendersi questa bella responsabilità. «
Aspettiamo » disse agli altri.
Aspettarono, sulle navi e
accampati fuori di città. A Palermo il governo provvisorio si
consolidava: la città fu divisa in otto quartieri e ognuno ebbe il
suo comitato. Il conte D’Aquila, allora. staccò una nave dal
convoglio, puntò la prora su Napoli e lasciò nei pasticci De
Sauget. De Majo e Vial.
Le truppe regie se ne
stavano asserragliate nel palazzo reale, tempre più strette da
presso.
Giuseppe La Masa convocò
i suoi. «Adesso andiamo — disse — Il primo che mette il
tricolore sul palazzo Reale avrà una medaglia di duecento onze
d'oro. Avanti!». Cominciò l’assalto, e durò fino alla notte del
24. I farmacisti lavoravano senza riposo a fabbricare polvere da
sparo.
Il 24 notte le truppe
regie decisero di abbandonare il palazzo, tentarono la sortita per
unirsi a De Sauget. Vial uscì dal palazzo vestito da donna, e non se
ne ebbero più tracce.
Il 2S mattina Palermo fu
tutta in mano della rivolta. Fu mandato un battello a circumnavigare
l’isola, ad avvertire le altre città.
Le città, una dopo
l'altra si sollevarono. Il 3 febbraio, dopo un mese di lotta, lo
Sicilia intera ebbe un governo suo.
“l'Unità”, 27
gennaio 1948
Nessun commento:
Posta un commento