Un articolo di curiosità sulla
cocaina, in chiave antiproibizionista, dei primi anni Novanta del
secolo scorso. La questione delle droghe sembra, dopo un quarto di
secolo, essere scomparsa dal dibattito politico, ma la diffusione di
sostanze psicotrope illegali non sembra affatto diminuita e con essa
prosperano i traffici e gli arricchimenti che ne conseguono. Forse
giova la pena di ricordare che il potere delle mafie ha tuttora come
una delle fonti principali questo mercato: i denari con cui, per
esempio, Cosa Nostra inquina la vita economica e politica della
Sicilia vengono ancora, in buona parte, da un controllo dei traffici
pressoché monopolistico, visto che – anche dove non interviene
direttamente – è l'organizzazione mafiosa a concedere la licenza
d'esercizio sia sul trasporto che sulla vendita. (S.L.L.)
«Attenta a te, mia Principessa, quando
arriverò. Ti bacerò fino a farti arrossire e ti nutrirò fino a
farti diventare bella grassa. E se sarai ardente, vedrai chi è il
più forte; se la dolce piccola fanciulla che non vuole mangiare o il
grosso omaccione con la cocaina in corpo...». Chi è questa specie
di assatanato, forse Diego Armando Maradona? No, è Sigmund Freud in
una lettera alla sua fidanzata, missiva in cui le spiega tra l’altro
come «durante la mia ultima grave crisi depressiva ho preso ancora
la cocaina; una piccola dose mi ha portato in alto in una maniera
meravigliosa. Sono indaffarato a raccogliere la letteratura per un
peana in onore di questa meravigliosa sostanza».
L’entusiasmo del padre della
psicoanalisi per «questa divina pianta che sazia gli affamati,
rinforza i deboli e fa loro dimenticare le proprie disgrazie» (è
sempre Freud che scrive), era già condiviso, 3000 anni prima di
Cristo, dalle popolazioni delle Ande centrali. In epoca più recente,
la quarta regina Inca veniva chiamata «Marna Coca». In tempi ancora
più vicini, intorno al 1863, un corso residente a Parigi, Angelo
Mariani, lancia il «vino Mariani alla coca» (predecessore della
Coca Cola e della Coca Buton), per la delizia di gente come Thomas
Alva Edison, Jules Verne, Emile Zola, Henrik Ibsen, Sarah Bernhardt,
i musicisti Gounod e Massenet, lo zar di tutte le Russie, il principe
di Galles...e a questo punto un altro aficionados di quel vino, papa
Leone XIII, decide che Angelo Mariani è un benefattore dell’umanità:
gli conferisce una medaglia d’oro, si fa vedere in giro con una
fiaschetta del prodigioso elisir alla cintura, ammette di buon grado
di essere stato sostenuto nei suoi ritiri spirituali dai prodotti
Mariani alla coca.
Quella della coca è una storia
millenaria (vedi Cocaina di Giancarlo Arnao, edito da
Feltrinelli), come a tempi immemorabili risale l’uso di molte altre
sostanze capaci di alterare in qualche modo la percezione della
realtà. Ma questo «cambio di prospettiva» non è riconducibile
necessariamente a una edonistica ricerca di «benessere». Può
portare viceversa a sofferte prese di coscienza, intuizioni
artistiche, religiose, politiche, umane, esse sì potenziali fonti di
grande «piacere». Solo in tempi recenti, complici i ma« media, si
è diffuso il luogo comune che vede nel consumo di droghe un modo
facile ed egoista per eludere i mille problemi che la vita pone,
della famiglia, degli amici, del lavoro, delle cosiddette
«responsabilità». Ma questo è vero solo per alcune droghe, e per
l’uso che di esse (spesso per ignoranza) viene fatto: in una delle
scene più belle del film Il piccolo grande uomo, Wild Bill
Hickock dice a un Dustin Hoffman che ha affogato nell’alcool i suoi
problemi: «qualsiasi idiota è capace di ridursi in questo stato».
Uno stato del genere è facilmente garantito anche da un uso
prolungato e sconsiderato di oppio o suoi derivati, l’eroina
innanzitutto. Ma solo uno sprovveduto proverebbe a cercare «il
piacere», lo «star bene» tout court, in uno spinello o in un Lsd.
Come nessun atleta tenterebbe di migliorare le sue prestazioni
ubriacandosi prima di una gara (a dire il vero qualche maratoneta
agli inizi del secolo ci provò con lo champagne, con risultati
facilmente immaginabili).
Negli anni 60, in piena rivoluzione
psichedelica, qualcuno tentò, un po’ semplicisticamente, di
distinguere tra droghe buone e cattive: le prime, si diceva,
«allargano la coscienza» senza procurare dipendenza (hashish,
marijuana, lsd, mescalina, funghi «sacri», gli allucinogeni in
genere); le altre danno piacere e dipendenza (alcool, tabacco, oppio
e suoi derivati). Le cose ovviamente sono un po’ più complicate:
non si può definire l’effetto di una qualsiasi sostanza
prescindendo dal modo in cui viene usata. Nessuna droga è buona o
cattiva, tutto dipende dall’uso che se ne fa. Il cianuro, a
piccolissime dosi, viene usato in farmacologia. L’acqua, a grandi
dosi, affoga.
Le droghe hanno accompagnato passo passo, nel bene e nel male, la storia dell’umanità, e non si contano i tentativi, tutti falliti, di mettere fuori legge ora questa ora quella sostanza. Oggi può apparire ridicola la guerra scatenata a suo tempo negli Usa al vino, alla birra, agli alcolici in genere, guerra che ebbe come unico frutto un aumento spaventoso del prezzo degli alcolici e della criminalità. Lo stesso errore, a livello planetario, si sta ripetendo adesso. Si continua a giaculare: «drogarsi non è lecito», mentre tutti gli indici statistici sul fenomeno vanno alle stelle e il sangue per il controllo del mercato scorre sempre più abbondante. L’alternativa che si pone non è tra un futuro con o senza droghe, ma tra un mondo che ne sappia fare un uso assennato e uno che ne venga travolto. Come per le automobili.
Le droghe hanno accompagnato passo passo, nel bene e nel male, la storia dell’umanità, e non si contano i tentativi, tutti falliti, di mettere fuori legge ora questa ora quella sostanza. Oggi può apparire ridicola la guerra scatenata a suo tempo negli Usa al vino, alla birra, agli alcolici in genere, guerra che ebbe come unico frutto un aumento spaventoso del prezzo degli alcolici e della criminalità. Lo stesso errore, a livello planetario, si sta ripetendo adesso. Si continua a giaculare: «drogarsi non è lecito», mentre tutti gli indici statistici sul fenomeno vanno alle stelle e il sangue per il controllo del mercato scorre sempre più abbondante. L’alternativa che si pone non è tra un futuro con o senza droghe, ma tra un mondo che ne sappia fare un uso assennato e uno che ne venga travolto. Come per le automobili.
"il manifesto - la talpagiovedì", 23 maggio 1991
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