17.1.18

Quando Mussolini era un agente segreto, al soldo dell'Impero britannico (Fabio Cavalera)

Benito Mussolini fra il 1917 e il 1918 fu messo a libro paga dai servizi segreti britannici: cento sterline alla settimana, versate in contanti da sir Hoare, il capo della sezione che l’intelligence aveva aperto a Roma, affinché l’allora direttore del «Popolo d’Italia» sostenesse la campagna bellica contro Austria e Germania. La notizia è suggestiva e il «Guardian», quotidiano di Londra, ha deciso di rilanciarla in prima pagina innescando una catena di titoli e di interpre­tazioni. La vicenda va però rico­struita per intero e integrata perché, così come è stata divul­gata, presenta alcune lacune che è corretto colmare.
Fonte delle rivelazioni è l’ar­chivio che sir Samuel Hoare ha lasciato in eredità e che dal 1960 è conservato nella bibliote­ca di Cambridge sotto il nome di Templewood Papers. Sir Sa­muel Hoare, visconte di Tem­plewood, aveva lavorato dappri­ma alle dipendenze del capita­no Mansfiel Cumming, diretto­re del controspionaggio inter­no, poi era passato a collabora­re con il capitano Vernon Kell, che invece comandava la sezio­ne estera. E proprio da questi era stato spedito a coordinare le attività della Missione Milita­re Britannica a Roma.
Nell’ulti­mo anno della prima guerra mondiale, due mesi dopo la di­sfatta di Caporetto, sir Hoare aveva concentrato le sue atten­zioni su due fronti: le divisioni in Vaticano e la possibilità di organizzare in Italia la propa­ganda in favore degli Alleati, cercando di reclutare quanti fossero in grado di opporsi al­la voce dei pacifisti. E fra que­sti «agenti» di supporto, in cambio di un contributo setti­manale di 100 sterline, Hoare agganciò Benito Mussolini, sia nella veste di giornalista sia nella veste di agitatore e prossi­mo fondatore dei Fasci di com­battimento.
Sir Hoare spediva a Londra regolari rapporti, direttamen­te al suo superiore, capitano Kell. Per quanto riguarda il Vaticano, il capo degli 007 annotava, grazie a un informatore nella Santa Sede, che fra i favorevoli alle potenze nemiche c’era monsignor Pacelli, futuro papa Pio XII, un convinto «sostenitore» della Germania. Per quanto riguarda Mussolini, invece, ne sottolineava l’opera di fiancheggiamento all’Impero. Addirittura in una relazione Hoare spiegava che Mussolini gli aveva promesso di muovere una squadra di veterani per «persuadere a restare a casa» i manifestanti riuniti a Milano contro il conflitto bellico.
Il responsabile del servizio segreto britannico a Roma conservò copia dei documenti e gli eredi ne fecero dono all’università di Cambridge dove sono catalogati minuziosamente per «parti »: la parte terza è titolata «Vaticano e Mussolini». A quasi 50 anni di distanza due professori, entrambi di Cambridge, sono andati a rileggerli. A quanto pare, ognuno a insaputa dell’altro, visto che ne hanno dato annuncio in forme e tempi diversi. Uno, Peter Martland, ha parlato diffusamente coi giornalisti della sua «scoperta». Il secondo, Christopher Andrew, ha scritto un libro di oltre mille pagine (The defence of the realm , che è la «storia autorizzata» del MI5). Un bestseller, uscito da pochi giorni.
Rivalità fra studiosi? Comunque sia, nella poderosa opera di Andrew, si trova traccia del Mussolini «agente degli inglesi » alle pagine 104 e 105. Poche righe. Alle quali però vanno collegate altre due rivelazioni contenute alla pagina 124 e di cui vi deve essere riscontro negli ar­chivi dei servizi segreti britanni­ci che lo storico ha potuto con­sultare. Christopher Andrew so­stiene che fra i politici inglesi non pochi negli anni Venti espressero ammirazione per Mussolini. Cita due frasi. Win­ston Churchill che lo definì: «Il salvatore del suo Paese». E il conservatore Austen Chamber­lain, ministro degli Esteri dal 1924 al 1929, che parlò di «un uomo sincero e un patriota». Gli eventi presero poi la piega conosciuta ma per un certo peri­odo Londra guardò Mussolini con sguardo tutt’altro che preoc­cupato. C’era chi sapeva che era stato un confidente della «perfi­da Albione».


Corriere della Sera 15.10.09

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