Ho ascoltato un pezzetto
di Orlandi in Tv. Faceva il suo discorso con piglio deciso e sicuro.
A un certo punto - si parlava dell'articolo 18 e di un suo possibile
ripristino - dice che no, che tutt'al più si possono rendere i
licenziamenti arbitrari più onerosi per il datore di lavoro.
Aggiunge che anche nei Ds ragionavano del superamento e come esempio
cita "il referendum promosso dalla CGIL per l'estensione
dell'articolo 18 alle piccole imprese" e ricorda l'invito dato
dai Ds all'astensione dal voto.
Quel referendum, in
verità, non fu affatto promosso dalla Cgil, al tempo guidata da
Cofferati, ma dalla Rifondazione bertinottiana, anche per mettere in
difficoltà la CGIL che in quel 2002 aveva convocato al Circo Massimo
la più grande manifestazione popolare della storia repubblicana.
In CGIL si sapeva
benissimo che non c'erano le condizioni per fare il quorum e che era
un errore promuovere il referendum in quel momento. I suoi massimi
dirigenti lo dissero con chiarezza al momento della raccolta delle
firme. La Cgil non poté che indicare il "sì" al momento
del voto, per coerenza con la posizione di principio da sempre
sostenuta, ma non aveva cooperato in alcun modo alla indizione del
referendum.
I Ds, che sulla questione
suggerirono l'astensione, spiegando che sarebbe stato il Parlamento a
votare forme di tutela dagli ingiusti licenziamenti più adeguate del
reintegro alle piccole e piccolissime imprese, avevano peraltro
partecipato alla manifestazione del 22 marzo al Circo Massimo con le
proprie bandiere e con un sostegno senza riserve alla difesa
dell'articolo 18.
La mia domanda a questo
punto è: aveva proprio bisogno questo signore - per il suo
argomentare - di raccontare bugie un po' calunniose contro la CGIL?
Se non ne dicono una grossa al giorno questi signori sono obbligati a
pagare pegno?
Stato fb, 9 gennaio 2018
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