Un nuovo, ridente
assaggio dalla mia traduzione dei carmi catulliani, munito di una
breve postilla esplicativa. (S.L.L.)
Il busto di Catullo a Sirmione |
XXXIX.
Egnatius, quod
candidos habet dentes,
renidet usque quaque.
si ad rei ventum est
subsellium, cum orator
excitat fletum,
renidet ille; si ad
pii rogum fili
lugetur, orba cum flet
unicum mater,
renidet ille. Quidquid
est, ubicumque est,
quodcumque agit,
renidet: hunc habet morbum,
neque elegantem, ut
arbitror, neque urbanum.
Quare monendum est te
mihi, bone Egnati.
Si urbanus esses aut
Sabinus aut Tiburs
aut parcus Umber aut
obesus Etruscus
aut Lanuvinus ater
atque dentatus
aut Transpadanus, ut
meos quoque attingam,
aut quilubet, qui
puriter lavit dentes,
tamen renidere usque
quaque te nollem:
nam risu inepto res
ineptior nulla est.
Nunc Celtiber es:
Celtiberia in terra,
quod quisque minxit,
hoc sibi solet mane
dentem atque russam
defricare gingivam,
ut quo iste vester
expolitior dens est,
hoc te amplius bibisse
praedicet loti.
Il riso di Egnazio
Visto ch’Egnazio ha
denti bianchi suole
ridere d’ogni cosa. In
faccia al banco
dell’imputato, quando
l’oratore
suscita il pianto,
Egnazio se la ride.
Al lutto di un pio
figlio, mentre piange
la madre orbata
dell’unico conforto,
Egnazio se la ride.
Sempre, ovunque,
qualunque cosa accada, se
la ride.
Ha questa malattia
inelegante,
anzi, io credo, da vero
screanzato.
Io ti devo avvisare, buon
Egnazio:
se fossi tu sabino o
tiburtino,
un romano di Roma, un
umbro parco,
un etrusco grassone, un
lanuvino
scuro dai grandi denti,
un transpadano,
per citare una volta i
miei parenti,
uno qualunque che si lavi
i denti
con acqua pura, ti
consiglierei
di non ridere. Niente di
più scemo
di un riso scemo. Ma tu
sei spagnolo.
Nella terra di Spagna
quel che ognuno
piscia, suole sfregarselo
al mattino
sopra denti e gengive, a
farle rosse,
e dunque questa vostra
dentizione
tanto è pulita, quanto è
più abbondante
il piscio che vi avete
incorporato.
Postilla
Egnazio, la
cui hispanidad è evidente perfino nel nome, assai simile a
quello dello spagnolo fondatore – diversi secoli dopo - dei
Gesuiti, compare in due carmi catulliani, nel 37 come zazzeruto e
rivale in amore del poeta, qui nel 39 in una caricatura dal ritmo
rapido e incalzante. Delle etnie e delle cittadinanze che, con
parodistica enfasi, qui sono enumerate si citano caratteristiche
fisiche o morali che erano ormai luogo comune, ma non sempre se ne
individua la ragione: che gli etruschi, specie se ricchi, tendessero
al grasso per via dell'alimentazione è notizia che trova conferma in
immagini e testimonianze, meno facilmente si spiega la fama
attribuita agli abitanti di Lanuvium, nell'antico Lazio, di
grandi dentature e carnagione scura.
Il tutto si
chiude con una stoccata finale di irrisione per le abitudini
igieniche attribuite agli Iberici, esattamente come l'altra poesia
dedicata allo stesso cattivo soggetto. Evidentemente la cosa aveva impressionato il poeta.
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