Rosario Amodeo |
Rosario
Amodeo, classe 1936, siciliano di Sambuca (una volta la Stalingrado
di Sicilia) plurilaureato e ufficiale di riserva, formatosi alla
Nunziatella, ha pubblicato vari libri. Con questo Navigazione in
mare calmo. A tratti leggermente mosso (Guerini e Associati, pp.
251, euro 19.50) sintetizza una storia di quarant’anni
dell’industria informatica, e di Amodeo che da rappresentante di
commercio diventa imprenditore e leader della principale società
italiana di software, la Engineering. E tutto questo (è nato a
Sambuca) anche da comunista.
La
storia comincia tra il 1954 e il 1956, quando parte il miracolo
economico e «le aziende erano affamate di quadri; i giovani, che si
erano laureati bene, avevano l’imbarazzo della scelta» e le imprese
rimborsavano la spese di viaggio. Quale differenza da oggi! Così la
prima scelta del giovane Amodeo è (ovviamente) per la Olivetti.
Scrive Amodeo: «per il mito di Adriano e, perché no, del maggiore
stipendio iniziale». E, a questo punto, non posso non dire che la
scomparsa della Olivetti è la prova più evidente e forte
dell’inettitudine del nostro ceto imprenditoriale. E sempre a
proposito della Olivetti sono da leggere i riferimenti a Nerio Nesi,
altro personaggio della nostra passata buona stagione.
Alla
Olivetti per i venditori c’era un corso di formazione, superato il
quale, il nostro Amodeo inizia la sua carriera a Verona. E qui,
sempre a mio parere, emerge un altro punto importante nell’industria
(e direi anche nella politica): bisogna imparare a vendere. Vendere
non è solo offrire la merce (o chiedere di votare per un certo
partito). Vendere chiede cultura, intelligenza, sensibilità. Doti
che il nostro Amodeo aveva, così da diventare imprenditore al colmo
della sua carriera di venditore. Da Verona, dopo un corso di
capogruppo, il nostro Amodeo viene assegnato alla importante filiale
di Napoli. Quindi alla divisione elettronica, altra avanguardia della
Olivetti che però andrà male e che porterà alla Oge, una società
per il 75 per cento della General Electric e per il 25 per cento
della Olivetti. Era la fine della Olivetti.
Ma il
percorso di Amodeo continua in progressiva ascesa: Univac e altre
imprese ancora, tra cui, sembra singolare, una società italo
bulgara, la Sibicar, che operava in carrelli elevatori. Poi c’è lo
straordinario affare per l'informatizzazione delle Camere di
Commercio con la società Cerved, che è la premessa al passaggio di
Amodeo al ruolo di imprenditore. Leggere questo libro è, per certi
versi, come leggere un romanzo di avventura con protagonista, in
continua emersione, il nostro Amodeo.
Ma
Amodeo era anche comunista. Questa scelta gli crea qualche
preoccupazione, ma non molla fino a quando rimane convinto della sua
scelta e belle sono le pagine dove si racconta come diffusore
dell’«Unità» o di iscritto alla Sezione Italia del Pci, allora
in via Catanzaro, alla quale negli anni ’50 sono stato iscritto
anche io. Amendola e Pajetta sono i personaggi che ha frequentato e
c’è anche un curioso e interessante riferimento al comportamento
di Togliatti, quando Stalin lo aveva chiamato a lasciare l’Italia
per un ruolo dirigente nel Cominform.
Molti
anni il venditore e imprenditore Amodeo ha trascorso nel Pci, dal
quale poi si è staccato. Ma, leggendo questo libro, mi viene da dire
(anche se il paragone è un po’ assurdo) che il Pci ha avuto lo
stesso destino della Olivetti. Due imprese primarie, poi dissoltesi
per l’ignavia di noi italiani.
Nessun commento:
Posta un commento