Molte cose sono state dette di lui: grande imprenditore, grande comunicatore, grande manovratore elettorale, carismatico, populista … e grande fornicatore. “Grande “statista” se lo è detto da sé! Se anche una sola di queste cose fosse vera il Nostro soggetto non sarebbe finito nel ridicolo, vittima di se stesso, di avventurieri da strada e infine degli sberleffi di politicanti di terz’ordine. Certo va tenuto conto del degrado degli usi linguistici, ortografici, morfologici, sintattici, lessicali in cui il senso proprio degli attributi si è perso; ma quel che conta davvero in questo aspetto del folklore politico dei nostri giorni è il servilismo, “eroico” in di tipi come in Emilio Fede, qualunquistico ed opportunistico degli altri. Lepidezze a parte, val la pena di riflettere su ciascuno di quegli attributi.
Grande imprenditore.
L’idea che uno che ha saputo far soldi voglia e sappia farli lo faccia fare a tutti è una scemenza evidente. Un “grande imprenditore” in una società capitalistica ci sta bene, soprattutto se riesce a aumentarne la forza aggressiva contro il mondo del lavoro; e che un governo capitalista sia il “comitato d’affari”della grande borghesia è naturale e fisiologico da sempre. Ma è questo il nostro caso? Dall’atteggiamento sprezzante dell’ imprenditoria grande (Marcegaglia in testa) e dalla disperazione di quella piccola non si direbbe. L’origine del potentato economico del Nostro non è mai stata un mistero. E non lo è il modo in cui mette le mani su quanto gli capita a tiro.
Grande comunicatore.
Questa “qualità” è strettamente legata al rapporto con il movimento, l’ élite e le masse. Ma che comunicatore è il Nostro, se ogni volta deve sistematicamente smentire quello che ha appena finito di dire, confessando spudoratamente di essere stato frainteso? Se non sa accampare altri argomenti che quello del pericolo comunista (e minacciare la guerra civile)? Se tutta il suo curriculum è costellato da clamorose gaffes, molte delle quali comporterebbero incidenti diplomatici se l’uomo venisse preso sul serio? Si porta spesso l’esempio del potere di suggestione dell’oratoria mussoliniana e hitleriana, ma, a parte il fatto che egli non la possiede neppure in minima parte, nessuna di quelle due canaglie portava stampata la confessione del raggiro in quell’insopportabile ghigno clownesco.
Grande manovratore elettorale.
Inizialmente ha fatto colpo sulla tifoseria popolare l’analogia proposta dal Nostro tra l’Italia e il “suo” Milan. Importante è stato lo sdoganamento di forze politiche tradizionalmente escluse dall’area di governo. Efficace l’assalto continuo alla Costituzione e lo stravolgimento del sistema elettorale. Ma ci si è dimenticati del ruolo della criminalità organizzata (fatta di corruzione e clientelismo). Durante il regime democristiano la relazione della DC con la mafia era un argomento politico utilizzato sistematicamente, con forza, dai partiti d’opposizione e stupisce che oggi la questione dei rapporti che intercorrono tra mafia e regime berlusconiano non venga affrontata dai partiti di opposizione, ma quasi esclusivamente in sede giudiziaria e giornalistica, nonostante che le innumerevoli, strettissime liasons dei massimi esponenti del PdL con i “capobastone” pongano, con evidenza ancora maggiore, un problema politico di ordine generale.
Carismatico.
E’ stato definito anche così ... e non solo dai suoi adulatori e servi interessati: e nessuno ne ha riso. Evidentemente si è perso il senso di questo concetto (che è stato usato per Hitler, Mussolini, Gandhi, Lenin, Stalin, Mao, Churchill, De Gaulle). Max Weber, oltre ad attribuirgli carattere sacrale, lo analizza usando cinque parametri: il sentimento di avere una missione da svolgere nei confronti della nazione; il messaggio che ne esprime i contenuti; la formazione di una élite (ceto dirigente) che lo assista nella realizzazione di essa; un movimento che lo sostenga; una massa popolare di riferimento. Cose di cui - spinto da un certo intuito (suo o di altri) - il Nostro ha fornito una versione sua, ma parodistica: l’ansia di sottrarsi ai processi come sentimento missionario; l’anticomunismo fuori tempo come messaggio; i partiti da predellino come élite; e che cosa poi sia il suo rapporto con le masse lo dicono le proteste che attraversano tutta la società civile del Paese.
Populista.
Aggiungendo questo aggettivo otterremmo un carisma populistico, insomma uno statista. Il paradosso è che l’espressione è stata usata in senso negativo dagli avversari e come tale è stata recepita dai turiferari. Anche qui, un effetto della perdita di una precisa connotazione del termine, travolto nel “vortice della comunicazione mediatica” (Bongiovanni) che ne ha perfino invertito il significato. Non ci si è resi conto che con questo aggettivo si attribuiva una patente di nobiltà “storica” fuor di luogo. Populista è una concezione ed una strategia politica in cui il “popolo” appaia depositario di valori positivi e permanenti (con quanto questo comporta anche in negativo), ma che non ha nessun rapporto con il personalismo autoreferenziale del “ghe pensi mi”. Non mi risulta che questa osservazione sia mai stata fatta. Inni ridicoli e slogans tipo “meno male che Silvio c’è” non bastano a fare un carisma ed un populismo
Fornicatore.
Qualunque dongiovanni da strapazzo si sarebbe tutelato meglio da escort e ruffiani. E, si badi, non è che prima e altrove non si fornicasse.
Insomma, a parte i soldi, Berlusconi non è niente. E’ solo un poveraccio (e per di più anche st….!)
e.g.
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