Da un vecchio articolo sul “manifesto”, commento al caso giudiziario italiano di un italiano arrestato in Svezia per presunti schiaffi a figlio minore (l’uomo dichiarava di averlo scosso per il bavero), riprendo una riflessione sui rapporti genitori – figli.
L'amore per i bambini non sempre coincide con l'amore per l'essere umano.
Si può essere teneri con i bambini (e gli animali domestici) e feroci con i propri dipendenti, i propri partner sentimentali e gli immigrati. Proiettare sui bambini le proprie parti vulnerabili, da proteggere e amare, serve agli adulti per negare la loro esistenza dentro di sé e a indurirsi nei confronti degli altri e di stessi (strategia difensiva supposta vincente). I bambini non hanno bisogno di questa protezione, falsata in partenza, che mina la loro fiducia nella verità e nella forza dell'amore e fa percepire loro il passaggio alla vita adulta come salto arduo verso un vita priva di solidarietà e di compassione. I bambini non vogliono essere amati per proiezione e, potendo scegliere, preferirebbero di gran lunga essere detestati se questo comportasse un riconoscimento leale del loro modo di essere e di ragionare. Generalmente riuscire a essere detestabili, fino a un certo punto, è una buona cosa per loro, ma la migliore risposta a questa conquista non è certo picchiarli.
Nondimeno uno schiaffo non è necessariamente maltrattamento: può servire a ristabilire l'autorità genitoriale e consentire una migliore comprensione dei confini e delle proprie responsabilità in una relazione, quella tra genitori e figli, soggetta a fallimenti inevitabili. Purtroppo spesso gli schiaffi sono uno sfogo dei genitori, umiliano i figli e, peggio, diminuiscono la credibilità genitoriale, perché i figli percepiscono la debolezza nascosta dietro il gesto violento.
“il manifesto”, 17 settembre 2011
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