E’ uscito qualche mese or sono, per Minerva Editrice, un libro davvero bello, pensato – credo –per l’albero di Natale o per la calza della vecchina. S’intitola – semplicemente – Assisi ed è opera di due cittadini innamorati della loro città, il critico d’arte Enrico Sciamanna e il fotografo Marco Francalancia, che in coppia avevano curato per la stessa casa editrice un libro sull’Assisi romana.
Il rischio del già visto e dell’oleografia convenzionale, in libri come questo, è assai grave: Assisi è città fin troppo fotografata e raccontata, spesso con l’intenzione di sottolinearne la intrinseca spiritualità, di mostrare arcane corrispondenza tra il sito e la vicenda di Francesco e del Francescanesimo, altre volte nell’intento, neanche troppo nascosto di rivenderne l’immagine a pellegrini e turisti.
L’Assisi di Francalancia e Sciamanna è altra cosa. “Non è mai stata – si legge nelle prime pagine del volume - una città semplice con una identità unica”. E’ questa appunto la chiave di lettura prescelta: una Assisi molteplice dall’identità complessa e cangiante, una Assisi che non è solo Francesco, ma che appare policentrica nello spazio fisico e nella vita sociale e culturale.
Sciamanna usa questa categoria per ripercorrere la storia della cittadina dai primordi ai giorni nostri, con attenzione prevalente alla dimensione urbanistica, monumentale ed artistica, ma non senza arditi scandagli nella vicenda politica e sociale, economica e religiosa.
Francalancia esplora e documenta i molti volti di Assisi con un uso sapiente della macchina fotografica. Anche in questo caso la varietà emerge come cifra fondante: varie e ricche le testimonianze monumentali della storia religiosa e artistica, varie le figurazioni dell’oggi, il mercato, il lavoro, la festa, le abitazioni, le botteghe, i campi coltivati. Forse due temi, più di altri, emergono a simbolo della città: il cielo che muta nelle ore e nelle stagioni con una grande ricchezza di colorazioni e sfumature e l’olivo, pianta umile e utile che sembra esprimere insieme la gioia e la fatica di vivere. La fotografia di Francalancia, il cui strumento principe è come vuole l’etimo la luce, è volutamente classica per il nitore delle immagini e l’armonia delle composizioni, ma non è mai oleografica e, se la si sa leggere, non è mai, neppure nelle singole performance, “semplice e con una identità unica”, ma complessa e cangiante. Esattamente come la città che rappresenta.
Tutto ciò fa di Assisi non già un sontuoso volume da tenere in bella mostra, ma un libro da leggere e da sfogliare, da guardare e da studiare. Vi contribuisce anche l’estrema cura che è stata riservata all’oggetto libro, dalla qualità della carta alla sua stampa. Stupisce, pertanto, che un’opera siffatta, tutt’altro che usuale nel quadro dell’editoria regionale, non abbia trovato nella kermesse di Umbrialibri lo spazio che meritava. (S.L.L.)
da “micropolis” dicembre 2010
Nessun commento:
Posta un commento