Tra i centenari di
quest'anno quattordici è bene non scordarsi del processo alla rivista “Lacerba”
e al suo redattore Italo Tavolato, impropriamente chiamato “processo
ai futuristi”. La rivista nasceva da una costola de “La Voce”:
Papini, che se n'era separato, era ora provvisoriamente alleato di
Marinetti e dei suoi futuristi, il che faceva del periodico una
fabbrica di provocazioni artistiche, politiche, etiche. La vicenda
del processo fu ricostruita da Sebastiano Vassalli con molta verve in
un suo romanzo-saggio del 1986, L'alcova elettrica,
che Einaudi non ristampò più (per la ristampa con un nuovo quasi
sconosciuto editore bisognerà attendere il 2009).
Tavolato, giovane
triestino studente a Firenze, nietzchiano esagitato, aveva già
pubblicato nel febbraio del 1913 sul n.3 di “Lacerba”, un
articolo Contro la morale sessuale. Ma
la provocazione non era bastata, per cui sul n.9 del 1° maggio 1913
si produsse in una nuova performance,
un lungo Elogio della prostituzione. Prima
una lunga discettazione sull'utilità dell'istituzione e sul
prestigio che viene dalla durata: “La puttana resta. Varia
di stile; diventa mondana, da sacra che era; si chiama etèra; entra
nel ditterione; fa la cortigiana; vien confinata nella maison de
tolérance; si muta in bagascia, mantenuta, donna allegra, donna
perduta, farfallina, cocotte; la trovi per istrada e nei palazzi, nei
lupanari, nei bordelli, nei casini, nelle case di ricreazione muta di
stile, d'abito; l'essenza resta: la puttana è eterna”. E sul
finire un lirico elogio della prostituta, testo di rara comicità
involontaria, che è il brano qui postato. Secondo Vassalli Tavolato
“è un personaggio libresco, un don Chisciotte che muove all'
assalto di mulini a vento ideologici tenendo a propria Dulcinea...
Papini”.
L'alcova elettrica, dopo una ricognizione su ambienti e personaggi
fiorentini, letterati e giudici, preti e tenutarie, artisti e
mercanti, grandi dame ed avvocati, riprende per intero l'articolo di Tavolato come “corpo del reato” ed è centrato sul processo che si svolse nel 1914, l'anno di Sarajevo. Il procuratore del Re assimila l'Elogio
a un testo pornografico, atto a suscitare e ad eccitare istinti
lussuriosi. L'avvocato difensore, tal Contri, dovrà dar fondo a
tutta la sua dottrina per confutare e ribaltare la tesi. Alla fine ci sarà l'assoluzione con applausi futuristi.
Il Tavolato dopo la guerra farà
una gran carriera, diventerà un agente dell'OVRA, la
polizia segreta fascista, con compiti di spionagglio e di
provocazione tra gli intellettuali oppositori del regime. (S.L.L.)
SALVE, sincera
puttana! Sei tipo. Sfotti l'opinione pubblica e l'approvazione della
società. Non metti in compromesso i tuoi caratteri con
cristallizzazioni ideali. Oh tu, fiore di verità!
eroica puttana!
Tra gli scherni e i dileggi aspetti coraggiosa il tuo maschio. Osi
l’esperimento. Finché un giorno egli arriva, e selvaggio, irrompe
in te, per darti gioie tali, come la madre non le conosce.
formosissima puttana!
tu lo sai quanto le carni del mestiere siano più belle delle
maritate polpettone. Le vedi? — come, con sudata affettazione, si
trascinano dietro i loro tafanari, onesti sì, ma grandi come case.
E, sorgi tu laggiù, “quella vedova finestra, quell'eclissato sole,
quello schifo, quel puzzo, quel sepolcro, quel cesso, quel mestruo,
quella carogna, quella febbre quartana, quella estrema ingiuria e
torto di natura”, quella virtuosa zitella, insomma? Ha una
funzione: d'incorare te, puttana, a persistere nel peccato. Quante
più ti sprofondi nel vizio, tanto più bella risorgi.
comoda puttana! Ci
risparmi la grande svergognatezza della dichiarazione d'amore. Con
te, le nostre labbra non sfiorano l’amaro calice delle
convenzionali finzioni amorose. Con te finisce la tragicommedia
dell’amore galante e cavalleresco, tutto lezi e sdolcinature,
indegno dell'uomo. Non ci fai perder tempo e non ci leghi.
Intensifichi la nostra vita, cara puttana!
impudica puttana!
Non hai mangiato la mela della morale, non temi, perciocché sei
ignuda. Mostri tutto, anche le parolacce. Dai capelli alle piante dei
piedi, non c’è zona del tuo corpo ove tu abbia localizzato la
vergogna. Da te è sloggiato il pudore, la paura del corpo. Perciò
ami la pulizia, perciò sei ricca di gesti e di colori.
lontana puttana!
Sogna, sogna l'impossibile, il tuo perfetto complemento! Lo sappiamo:
quando parliamo a te, parliamo a noi. Puttana, la tua assenza ci
arricchisce: aumenta la coscienza di noi stessi. A che valgono le
barriere moralità, religione, nobiltà d'animo, dignità, contegno,
entro cui si chiudono le donne perbene? Invitano la libidine a salti
acrobatici. La tua costante infedeltà, invece, ci dimostra
l'inesistenza dell'amor idillico. È la tua monumentale assenza, muta
puttana, che ci insegna la via verso casa nostra : verso il mondo
delle idee.
stupida puttana !
Come son dolci le tue carezze ! Puttana, abisso d’incoscienza, caos
d'illogicità, ti preferiamo alla donna saputina. Noi non ci
cerchiamo in te. Ti avviciniamo per allontanarci, per essere
maggiormente noi. — Come sai baciare! Fecondi l'uomo. Gli dai
gioia! Quella gioia che è creatrice al pari del dolore.
artificiosa
puttana ! Certi tristi scocciatori ti rimproverano il disonesto
belletto, lo specchio, i pizzi, la seta, il taglio e il colore
dell'abito. Sei innaturale e voluta. — E cosi sia. Anche il genio è
voluto. — La natura manda peste e terremoti. Il perbenismo zoppica
su piedi sudati, le unghie nere e i capelli appiccicaticci. Non è
più rispettabile la puttana, lo “strumento del diavolo”, come
dicevano i luminari della chiesa?
Spengetevi, lumicini. Sia
anche la notte. E trionfi anche il diavolo, per il trionfo della
vita. Salve, diavolo! Ave puttana
Lacerba, 1° maggio 1913
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