2.6.13

L'ideologia comunista motore dello sviluppo capitalistico (Otto Bauer)

Non pochi, in Italia e nel mondo, ricordano l’articolo con cui Antonio Gramsci salutò l’assalto al Palazzo d’Inverno di Pietrogrado e l’affermarsi del potere sovietico in Russia nel novembre del 1917: La Rivoluzione contro il Capitale. Il “Capitale” di cui Gramsci parlava non era quello dei capitalisti, ma quello di Karl Marx, il cui pensiero sembrava smentito da una rivoluzione nata non nei punti avanzati dello sviluppo economico, ma nella Russia zarista e semifeudale.
La diffidenza verso quella “strana” rivoluzione fu comunque grande nel socialismo europeo, in particolare nei paesi di lingua tedesca, ove nelle lotte politiche e sociali del movimento operaio era ben presente l’elemento teorico e forte restava il riferimento all’opera di Marx ed Engels. Esemplare, a questo proposito, è la posizione antibolscevica di sinistra dei cosiddetti “austromarxisti”: primo fra tutti Otto Bauer (1881-1938), che ne fu il leader. Bauer, teorico di valore, fu il portabandiera di una tendenza socialista avanzata, di cui sono testimonianza, tra gli anni Venti e Trenta, le conquiste e le realizzazioni sociali di “Vienna la Rossa” e la resistenza sanguinosa della città del Karl Marx Hof alla dittatura di Dolfuss, premessa dell’annessione hitleriana.
Il brano che segue, ripreso da una prestigiosa storia documentaria del marxismo, efficacemente sintetica, quella di Iring Fetscher, risale al 1921 ed è parte di un più ampio scritto sulla NEP sovietica. Bauer non dava molto credito alla tenuta ideologica dei capi bolscevichi e prevedeva che lo sviluppo industriale in Russia su larga scala si sarebbe verificato sulle basi della NEP, cioè attraverso una accumulazione in parte buona privata (come sarebbe accaduto diversi decenni dopo nella Cina del dopo-Mao). I fatti l’avrebbero smentito. I principali eredi di Lenin, Trotzkij per primo e, qualche anno dopo, il suo trionfante antagonista Stalin si sarebbero schierati per una decisa collettivizzazione, anche in agricoltura. E tuttavia, se valutata sul lungo periodo, trova una sua forza anche per la Russia la paradossale tesi di Otto Bauer, per cui – nei paesi arretrati – l’ideologia comunista, abbattendo le strutture feudali, sarebbe premessa e strumento dello sviluppo capitalistico su nuove basi allargate.  (S.L.L.)
Otto Bauer a un congresso socialista negli anni Venti
L'ideologia comunista della rivoluzione russa fu una di quelle ideologie entusiastiche, illusorie ed utopiche, in cui ricade sempre la rivoluzione borghese nella sua fase plebea e dittatoriale.
Nel corso dello sviluppo della rivoluzione russa essa ha lo stesso significato che ebbero una volta l'ideologia del "regno d'Israele" nella rivoluzione inglese e l'ideologia giacobina dell'eguaglianza in quella francese. Il comunismo russo non è il socialismo di un proletariato sviluppatosi e formatosi sulla base del capitalismo ad alto livello e ormai in grado di condurre la lotta reale per la socializzazione della produzione e dello scambio dei beni, socializzazione che lo sviluppo stesso del capitalismo ha ormai preformato e reso obiettivamente possibile. Il comunismo russo fu piuttosto l'illusione delle masse plebee in un paese appena giunto a liberarsi dal giogo del feudalesimo, masse le quali, sospinte temporaneamente al potere dalla rivoluzione borghese, cercano vanamente di realizzare i propri ideali, per naufragare infine contro Io scoglio costituito dal basso livello delle forze produttive. Esse hanno dovuto rendersi conto che il loro dominio non può realizzare gli ideali comunisti, ma è solo il mezzo scelto dalla storia per abbattere tutti i resti del feudalesimo e creare così le premesse dello sviluppo capitalistico su una nuova base allargata. [Der neue Kurs in Sowjetrussland, Wien, 1921, p. 31]

In Iring Fetscher, Il marxismo. Storia documentaria, Vol.I Filosofia, Ideologia, Feltrinelli, 1969

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