Questa breve nota su
Gramsci e Labriola nacque come la voce Labriola di
una progettata ( e mai realizzata) enciclopedia del
pensiero di Gramsci. La riprendo dal “Calendario del
popolo”, ove venne pubblicata come anteprima. (S.L.L.)
Antonio Labriola
(Cassino 1843 - Roma 1904), filosofo italiano. Studiò a Napoli
con Bertrando Spaventa, che gli fu guida alla conoscenza di Hegel e
di Spinoza. Fu più tardi influenzato dal pensiero di Herbart. Dal
1874 professore di filosofìa morale all’Università di Roma. Nel
1876 rese pubblica la sua adesione al movimento socialista e si
adoperò, all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, per la
fondazione del partito socialista e intrattenne un fìtto carteggio
con Friedrich Engels. Nel 1896 pubblicò In memoria del manifesto
dei comunisti; nel 1897 Del materialismo storico; nel 1898
Discorrendo di socialismo e di filosofia, in polemica con
l’anarco-sindacalista Georges Sorel.
L’importanza di
Labriola come marxista sta nell’avere affermato con forza
l’autonomia del materialismo storico da qualsiasi materialismo
metafìsico, l’importanza decisiva dell’azione (praxis) dei
gruppi umani organizzati, il carattere anti-ideologico del pensiero e
del metodo di Marx. Al marxismo Labriola rimase sempre fedele, in
vivace polemica con l’amico B. Croce, che lo aveva abbandonato,
dopo un’iniziale adesione.
Nella formazione di
Gramsci l’opera di Labriola può considerarsi come essenziale; a
lui sono dedicate molte note dei Quaderni. Anche se citato di
rado negli scritti precarcerari, va ricordato il giudizio contenuto
nell’articolo Achille Loria e il socialismo («Avanti!»,
ed. piemontese, 29.1.1918): «... la produzione intellettuale del
socialismo italiano, che pure con gli scritti di Antonio Labriola
aveva avuto un principio così fulgido e pieno di promesse». Tre
settimane prima, nel numero del 5.1.1918 del settimanale socialista
torinese “Il grido del popolo”,
Gramsci aveva fatto pubblicare il terzo paragrafo del saggio di A.
Labriola Del materialismo storico, con il titolo Le
ideologie nel divenire storico.
Tale è l’importanza
che Gramsci attribuiva all’opera di Labriola che, stendendo nel
Quaderno 3 (1930) un progetto-programma per una «rivista
tipo» scriveva che «la trattazione analitica e sistematica della
concezione del Labriola» potrebbe costituire la sezione filosofica
di una rivista di informazione critica, storica e bibliografica,
dedicata —come dirà altrove (Quaderno 24,1934) — «a un
lettore che ha bisogno per svilupparsi intellettualmente di avere
dinanzi, oltre al saggio sintetico, tutta l’attività analitica nel
suo complesso che ha condotto a quel risultato».
La ragione fondamentale
di questo interesse per Labriola deriva, per Gramsci, dal fatto che
«in realtà il Labriola, affermando che la filosofia del marxismo è
contenuta nel marxismo stesso, è il solo che abbia cercato di dare
una base scientifica al materialismo storico». Labriola infatti,
preciserà Gramsci riprendendo l’argomento nel Quaderno 11
(1932-1933), fu il primo ad affermare «che la filosofìa della
prassi è indipendente da ogni altra corrente filosofica, è
autosufficiente».
Non si trattava di una
affermazione di rilievo secondario. Gramsci sottolinea che tale
concezione, dell’autonomia del materialismo storico, era insidiata
da due tendenze, che domineranno ancora a lungo nel campo «marxista».
Da un lato quella che si rifà al filosofo russo Georgij Plechanov e
ricade «nonostante le sue affermazioni in contrario» nel
materialismo volgare e nel metodo positivistico. Dall’altro, quella
che collega il pensiero di Marx in modo particolare a quello di Kant,
«o ad altre tendenze filosofiche non positivistiche e
materialistiche».
Nel porsi il problema di
quali potessero essere le ragioni del prevalere di tali tendenze
rispetto alla corretta impostazione di Labriola, Gramsci osserva che
ciò derivava dal fatto che «nel periodo romantico della lotta...
tutto l’interesse si appunta sulle armi più immediate, sui
problemi di tattica in politica e sui minori problemi culturali nel
campo filosofico». Ma, con la conquista dell’egemonia da parte
della classe operaia e con la fondazione di un nuovo tipo di Stato,
nasce «l’esigenza di elaborare i concetti più universali, le armi
ideologiche più raffinate e decisive». Anche da ciò — dalla
situazione determinata dalla vittoria del proletariato nella
Rivoluzione d’Ottobre — scaturiva «la necessità di rimettere in
circolazione Antonio Labriola e di far predominare la sua
impostazione del problema filosofico».
Coerentemente, Gramsci si
avvale di molte posizioni tratte dall’opera di Labriola e dalla sua
critica al positivismo e alla sociologia da esso ispirata, per
polemizzare con l’impostazione del celebre e diffusissimo manuale
di Bucharin La teoria del materialismo storico - Manuale popolare
di sociologia, le cui posizioni fondamentali in campo filosofico
si ritroveranno, del resto, nella Storia del partito comunista
bolscevico redatto sotto la direzione di Stalin, che rappresentò
sino al 1956 il fondamentale testo storico-teorico di massa nelle
scuole dell’URSS. Malgrado questa valutazione così ampiamente
positiva, Gramsci non risparmia tuttavia a Labriola talune non
secondarie critiche, in particolare quella di farsi portatore, in
qualche caso, «di uno pseudo-storicismo, di un meccanicismo
abbastanza empirico e molto vicino al più volgare evoluzionismo»:
quelle stesse caratteristiche che Gramsci riscontrerà in Giovanni
Gentile. Questi rilievi critici, anche severi, testimoniano della
costante attenzione di Gramsci a distinguere il proprio «storicismo»
dallo «storicismo» ampiamente diffuso nella cultura italiana
prefascista e fascista, che in luogo di essere «dialettico e
progressivo» è invece «meccanico e retrivo».
“Il Calendario del
popolo” n.293 – anno 33 ottobre 1977
Nessun commento:
Posta un commento