23.7.13

Trasformismo senza freni. Ma a sinistra non tutto è perduto (S.L.L.)

La deriva trasformistica del Pd è ormai senza freni. Quel ceto politico - quale che sia la sua provenienza (sempre più democristiana sempre meno comunista) - non è in grado ormai di accogliere neppure umori vagamente di sinistra.
Sul piano politico amano soluzioni autoritarie e tecnocratiche, senza divisione di poteri e senza partecipazione popolare, mettendo in conto opacità, doppie verità, segreti e intrighi  come normali e giustificati a tutti i livelli.
Sul piano economico accettano di servire lo sviluppo capitalistico così com'è e cioè col primato sempre più evidente della finanza a tutti i livelli, non senza escrescenze mafiose e criminali.
Sul piano sociale considerano il lavoro una merce, un accessorio senza diritti e senza protezioni e per la sofferenza popolare non vanno oltre un incoraggiamento alla carità.
Le libertà le vogliono vigilate, quelle civili dai poliziotti, quelle personali dai preti.
Eppure una sinistra in questo paese c'è: una sinistra del lavoro, del primato del pubblico, della democrazia partecipata, dei diritti sociali e civili, dell'ambiente. Senza organizzazione e rappresentanza politica, esposta a tentazioni populistiche e/o ribellistiche, frammentata e confusa. Ma c'è.
Non si trova nel ceto politico che è, quasi tutto, zavorra; non si rintracci tra i nostalgici dei fasti di Bertinotti, Diliberto e Pecoraro, dei tempi in cui c'erano posti e prebende di deputati, consiglieri, assessori, amministratori e si nascondeva l'opportunismo con il rivoluzionarismo verbale.
Ma una sinistra del lavoro e della democrazia c'è ancora in Italia. Vota in tanti modi diversi, oppure non vota, ma su tante cose si riconosce, dai diritti del lavoro all'acqua pubblica all'equità fiscale. E poi nella lotta intransigente alle mafie, l'indipendenza della magistratura, i colpi da sferrare al parassitismo politico, burocratico, manageriale, finanziario.
Per rimetterla in movimento e compattarla non si può invocare Mitterand. Un politico scafato e abile, che abbia tenuto la schiena dritta per quindici vent'anni e sia in grado di cacciare i vecchi notabili a tutti i livelli, non c'è: se non con Berlusconi col berlusconismo sono venuti a patti quasi tutti i politici di mestiere.
Anche Vendola è, forse suo malgrado, ormai tutto interno al gioco della politica data, fatta di leaderismi e di primarie che passivizzano invece che mobilizzare. Di Renzi neanche a parlarne. E pure Barca, che fa ragionamenti di sinistra, non riesce a guardare fuori dai confini ristretti della politica politicante.
Sono finiti anche i tempi in cui l’autopromozione a capo politico di un magistrato coraggioso o di un giornalista impegnato funzionava. Né Ingroia né Saviano sono buoni a risolvere il problema: occorre una soluzione collegiale e solidale.
Si deve pensare a qualcosa di diverso. La tesi che senza un leader o senza un gruppo dirigente precostituito che segni il cammino non si conclude nulla aveva un suo fondamento, ma forse oggi, con la rete, c'è un'altra possibilità. Facciamo l'ipotesi che un gruppo ampio di rappresentanti del lavoro vecchio e nuovo, di intellettuali, di cittadini impegnati nelle associazioni e nel volontariato di sinistra, abbastanza conosciuti e dotati di sufficiente prestigio riescano a collegarsi tra loro e a diffondere un appello. Non dovrebbero proporsi come classe dirigente, quanto  promuovere dappertutto, alla base,  circoli e luoghi d'incontro con lo scopo di ricostruire una sinistra larga e una politica degna. Secondo me avrebbero una risposta insperata: i valori comuni non mancano e sono robusti e le persone di sinistra che vorrebbero poter fare qualcosa di sinistra non sono poche.
Certo, si dovrebbe far la guerra ai settarismi, mettendo  nel conto che su alcuni temi si svolgeranno dibattiti duri; ma credo che in tempi non troppo lunghi si possa tornare a una politica partecipata e a una rappresentanza che sia impegno e servizio piuttosto che mestiere e carriera.  
Sono persuaso che a rispondere all'appello di quel gruppo saremmo in tanti, e non solo vecchi. Ce ne siamo di diverse età, non del tutto rassegnati, anche se dispersi e isolati. Perfino nei partiti e partitini (quei tanti in cui si è sparpagliato il voto  di sinistra) c'è ancora un po' di gente buona, perfino nel Pd e nei 5 Stelle, ma tantissima sta fuori. E si avverte sempre più che l’associazionismo monotematico è senza sbocchi, senza la ricostruzione di una forza politica grande che metta in relazione ed elabori. Qualcosa bisogna inventare!

Nessun commento:

statistiche