28.7.13

Scoperte. L’Ennegieffe (NGF) e Rita Levi-Montalcini (Gemma Calamandrei)

Rita Levi-Montalcini
Nel dicembre 1951, davanti al selezionatissimo uditorio della New York Academy of Sciences, Rita Levi-Montalcini — allora alla Washington University di St. Louis, dove lavorava nel laboratorio di Viktor Hamburger — sostenne una idea che andava contro tutti i dogmi universalmente accettati dalla embriologia e dellaneurologia classica alla metà del secolo. La scienziata italiana prospettò infatti per la prima volta l'ipotesi che i processi di crescita e di differenziamento delle cellule nervose non dipendessero solo dal programma genico, ma fossero in larga parte controllati da fattori diffusibili rilasciati da altre cellule.
Rita Levi-Montalcini era arrivata a tale originale conclusione riflettendo sui risultati ottenuti dall'embriologo americano Bueker, innestando un tumore di topo — il sarcoma S180 — in un embrione di pollo: fibre nervose emergevano dai gangli spinali sensitivi dell'embrione e innervavano la massa tumorale. Dalla intuizione della scienziata italiana che questi risultati significassero qualcosa di più che la semplice riprova di un effetto già noto agli embriologi sperimentali, ebbe inizio un percorso non sempre facile, ma spesso costellato di grandi entusiasmi, che portò alla scoperta del Nerve Growth Factor (NGF, fattore di crescita nervosa) e alla caratterizzazione delle sue importanti proprietà biologiche.
È Rita Levi-Montalcini stessa a raccontarci questo percorso in un breve e scorrevole saggio (NGF: apertura di una nuova frontiera nella neurobiologia, curato da Vito Bemieri, Theoria). La storia della scoperta di questa molecola proteica, che può trasformare spettacolarmente una cellula nervosa indifferenziata in un neurone maturo, è un esempio paradigmatico di come talvolta, nella storia della scienza, la portata di un risultato scientifico venga compresa appieno solo a decenni dalla sua scoperta.
Le idee di Rita Levi-Montalcini vennero infatti accolte allora, a detta della stessa autrice, "con perplessità e scarso interesse" dalla comunità scientifica statunitense. Ma nell'inverno 1953, i risultati di un semplice ed elegante saggio biologico da lei stessa ideato danno ragione a Rita Levi-Montalcini: viene infatti isolata una molecola proteica prodotta dal tumore di topo, in grado di stimolare, attorno ad un ganglio nervoso embrionale, la crescita di una densa raggiera di fibre nervose. In quel momento entusiasmante, Rita Levi-Montalcini ha accanto Stanley Cohen, un giovane biochimico, che condividerà con lei, nel 1986, il premio Nobel per la fisiologia e la medicina.
Da quel giorno è stata fatta molta strada. La scoperta di una fonte insospettata di NGF nelle ghiandole sottomandibolari del topo maschio adulto consentì di estrarne facilmente grandi quantità, e quindi di caratterizzare le proprietà biologiche di questa molecola, e di dimostrarne il ruolo chiave nello sviluppo delle cellule del sistema nervoso periferico. Con una serie di eleganti esperimenti sia in vitro che in vivo, descritti nel testo con un linguaggio chiaro e accessibile, è stato possibile osservare come il NGF guidi nell'embrione di ratto il percorso delle fibre nervose in accrescimento lungo il proprio gradiente di concentrazione — facendo sì che una data fibra nervosa raggiunga proprio il territorio o l'organo che dovrà innervare —, determini il programma differenziativo di specifiche linee cellulari embrionali, decidendo cioè che cosa una cellula sarà "da grande", e mantenga il tono funzionale del neurone adulto, fornendogli un sostegno trofico per tutta la vita.
Ma il merito più grande di questo saggio, è quello di riuscire a dare l'idea di quanto poco linearmente proceda talvolta la conoscenza scientifica. Per un lungo periodo di tempo sembra che si sia scoperto davvero "tutto" su un determinato fenomeno biologico. Poi, improvvisamente, un risultato inaspettato riapre i giochi, e risveglia l'interesse dei ricercatori su un problema che sembrava ormai chiarito: a questo punto, può verificarsi una vera e propria fiori¬tura di studi sull'argomento, che consentendo¬ne la lettura da diverse angolazioni, sovvertono edifici teorici fino ad allora estremamente con¬vincenti, o aggiungono l'elemento che manca¬va per poter inquadrare il dato in una diversa prospettiva. Ed è un po' quello che è accaduto con la proteina NGF scoperta da Rita Levi-Montalcini.
Fino alla fine degli anni Settanta, infatti, i risultati delle ricerche sembravano confermare che la funzione del NGF fosse quella, pur determinante, di esplicare una funzione trofica e differenziativa su cellule del sistema nervoso periferico. Ma di recente un nuovo ed eccitante capitolo si è aperto nella storia del NGF con la scoperta che questa molecola esercita un'azione simile a quella svolta su cellule del sistema nervoso periferico su alcuni tipi cellulari apparentemente molto diversi tra loro, anche per origine embriologica: bersagli dell'azione trofica del NGF sono infatti sia neuroni del sistema nervoso centrale, con molta probabilità implicati in funzioni cognitive e mnemoniche, che cellule che svolgono una funzione essenziale nelle difese immunitarie, e cioè i mastociti e i linfociti T e B. E infine, proprio grazie al lavoro dell'equipe di collaboratori di Rita Levi-Montalcini ha cominciato a chiarirsi il mistero rappresentato dalla presenza di quantità elevatissime di NGF nelle ghiandole salivari del topo maschio adulto. Dati recenti indicano infatti che questo NGF viene rilasciato nel torrente circolatorio in topi resi sperimentalmente aggressivi, e che tale rilascio stimola la sintesi di ormoni deputati a proteggere l'organismo dagli effetti delle esperienze stressanti.
Tutti questi elementi, hanno condotto Rita Levi-Montalcini a formulare una nuova teoria, che grazie a questo testo viene proposta al pubblico italiano quasi in contemporanea rispetto alla platea scientifica internazionale. Una teoria che apre grandi sviluppi a tutte le neuroscienze, e che consente finalmente una lettura integrata dell'azione dei tre grandi sistemi che assicurano l'equilibrio omeostatico di un organismo vivente: il sistema nervoso, il sistema endocrino, e il sistema immunitario. Per fare un esempio, in una situazione di emergenza il NGF consentirebbe l'azione integrata di questi tre sistemi, attivando le difese immunitarie, stimolando la produzione di ormoni "anti-stress" da parte delle ghiandole endocrine, e addirittura sostenendo con un'azione trofica aree cerebrali coinvolte nel controllo di alcuni comportamenti, quali quelli di conflitto. Una teoria che ha bisogno di ulteriori conferme, ma che ha il merito di stabilire una nuova, più avanzata frontiera per l'esplorazione di quell'universo affascinante che è il cervello.

“Linea d’ombra”, n.42, ottobre 1989

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