13.7.13

Le “Myricae” del Pascoli. Eredità di un poeta sequestrato (Donatello Santarone)

Riprendo stralci da una recensione alle Myricae pascoliane commentate da Nava (Editore Salerno, 1992) pubblicata su “la talpa libri”. Nel ritaglio non trovo indicazioni di data, ma l’anno dovrebbe essere il 92, lo stesso della riedizione del classico di Giovanni Pascoli. (S.L.L.)

Pubblicate nel 1891, le Myricae furono accresciute e variamente distribuite da Pascoli fino alla nona edizione del 1911 su cui si fonda l'edizione critica del più importante studiosi di Pascoli, Giuseppe Nava, che ripropone riveduto e aggiornato un importante commento già apparso nel 1978.
Si tratta di un lavoro indispensabile per penetrare nell'officina poetica pascoliana e metterne in luce i fittissimi richiami alle fonti italiane e straniere e la ricchezza metrica e linguistica. La regressione infantile, lo scandaglio onirico della realtà, il naturalismo simbolico, la tonalità mortuaria, la mitologia del «nido» che si oppone alla minacciosa presenza della storia e i tanti altri motivi che percorrono la prima raccolta del poeta di San Mauro di Romagna sono visti da Nava non solo come individuale condizione esistenziale ma dentro un contesto poetico che aveva già parzialmente esibiti quei motivi e da cui Pascoli parte per proporre il suo originale itinerario di decadente italiano.
E' importante, in questa prospettiva, l'apporto di poeti come Hugo, Poe, Heine e altri, specie francesi, dai quali, scrive Nava, ricordando come un tempo questi modelli fossero ritenuti irrilevanti rispetto ai classici - «gli sono derivate le suggestioni più feconde a superare il momento del descrittivismo prezioso per sviluppare la tendenza più moderna della sua poesia, che resta quella onirica e visionaria, simbolista e allusiva».
Certo bisognerà attendere le raccolte successive per trovare l'estenuazione morbosa di Digitale purpurea o lo smarrimento cosmico di Gog e Magog o ancora la maestosità gelida di Andrée. Ma gli ingredienti di tale impasto - l'«atomo opaco di Male» - sono in parte già rintracciabili in Myricae.
Se sul piano dei contenuti l'idillio memoriale, familiare o agreste non sempre si carica di quella forza ideologica o simbolica delle poesie successive, sul piano espressivo assistiamo a una ricerca formale già fortemente proiettata verso il Novecento…
Sinestesie, allitterazioni, onomatopee, asindeti, frequente uso del punto interrogativo e dei puntini di sospensione, termini tecnici della zoologia, della botanica, del lavoro contadino, fonosimbolismo, sintassi franta, accentazione originale del novenario, versi ipèrmetri attestano della grande e cosciente rivoluzione che Gianfranco Contini vide mirabilmente in un saggio del 1958.
Si tratta di un lascito - incluse naturalmente le poesie successive a Myricae - che non a caso fu programmaticamente ripreso dal gruppo di poeti che diedero via nei secondo anni '50 alla rivista Officina, in particolare da Pasolini che ne rivendicò il carattere antinovecentesco: «Il plurilinguismo» pascoliano - scrisse nel maggio '55 il poeta friulano - (il suo sperimentalismo anti-tradizionalistico, le sue prove di «parlato» e «prosaico», le sue tonalità sentimentali e umanitarie al posto della casistica sensuale-religiosa petrarchesca) è di tipo rivoluzionario ma solo in senso linguistico, o, per intenderci meglio, verbale».
Non è senza significato la distinzione operata da Pasolini il quale non poteva assumere l'ideologia piccolo-borghese del proprietario terriero ex-internazionalista sconvolto, in particolare a partire dagli anni '90 del secolo scorso, dalla trasformazione capitalistica dell'Italia e dall'impetuoso affermarsi del nipvimento socialista, e insieme assertore dell'impresa coloniale in Libia in nome di un nazionalismo sentimentale e interclassista.
In anni in cui, dopo la guerra e la resistenza, tanti poeti italiani tentavano soluzioni formali più aperte sul piano dell'espressione poetica, l'eredità di questo «sequestrato», come Debenedetti definì Pascoli, di questo:«io»... «attaccato all'istituto familiare come la cozza allo scoglio e l'embrione all'utero» (Garboli), rappresentò un prezioso e stimolante punto di riferimento.

Nessun commento:

statistiche