Arrigo Petacco era un giornalista particolarmente versato nella divulgazione storica e, ancor di più, nell'arte della biografia. Scrupoloso nel rispetto del documento, tuttavia inseguiva e non di rado acchiappava la nota di colore. Questo ritrattino è parte di un più ampio servizio dedicato ad Achille Starace, che fu segretario del Partito Nazionale Fascista per 8 anni, dal 1931 al 1939, gli anni in cui il regime si radicò e crebbe il consenso. L'intero aveva come titolo Credeva Obbediva Combatteva e si trova in un "Panorama" di 40 anni fa. (S.L.L.)
Mussolini e Starace sul balcone di Palazzo Venezia |
Oggi può sembrare incredibile che il nome di Starace, un uomo insediatosi fin dalla prima ora nelle alte sfere del partito, non compaia mai sui documenti e sui testi che si riferiscono ai primi anni della dittatura. Benché risulti sempre presente nelle sedi decisionali del partito, i verbali non segnalano mai i suoi interventi. Fu detto in seguito che egli preferì tacere per non prendere posizione, mirando esclusivamente a conquistarsi la fiducia di Mussolini, che già idolatrava. Probabilmente non parlò mai perché non sapeva assolutamente cosa dire.
Premeditata o no che fosse, questa politica gli portò fortuna. All'inizio degli anni Trenta, quando Mussolini, ormai saldo al potere, decise di liberarsi di ogni possibile concorrente giubilando i vari Giovanni Giuriati, Italo Balbo e Roberto Farinacci, non esitò a scegliere quale nuovo segretario del partito il docile Starace. D'altra parte, un uomo privo di idee, di senso critico e portato per natura all'obbedienza cieca, pronta e assoluta era proprio quello che Mussolini cercava per restare solo sulla scena politica.
La nomina del nuovo segretario fece naturalmente molto rumore. Si racconta che Leandro Arpinati, allora sottosegretario all'Interno, corse da Mussolini per dirgli, con la sua abituale franchezza: «Ma lo sai che Starace è un cretino?». Al che il duce rispose: «Lo so. Ma è un cretino ubbidiente».
Il « cretino ubbidiente » si insedia a Palazzo Vidoni il 7 dicembre 1931. Non nasconde il suo proposito di elevare Mussolini al di sopra di tutti, di farne un semidio. Lo dimostra il giorno stesso della nomina quando, in attesa dell'arrivo del capo, ordina ai gerarchi di disporsi su due file e di provare con lui un nuovo rituale di sua invenzione. All' ingresso del capo, spiega Starace ai camerati, lui griderà «Viva il duce!» e gli altri, in coro e col braccio teso, dovranno rispondere «A noi!».
L'innovazione non è bene accolta. «È una pagliacciata», si mormora. Altri pensano che Mussolini fermerà sul nascere la trovata carnevalesca.
Ma si sbagliano: più tardi, quando, dopo avere provato e riprovato, tutti recitano la nuova formula di saluto, il duce gonfierà il petto soddisfatto. Era proprio quello che si aspettava da Starace.
Col nuovo segretario il fascismo cambia aspetto. Nel partito non si fa più politica (a quella pensa soltanto lui, il duce); ci si occupa invece di sagre e di adunate. Starace sogna di trasformare l'Italia in un Paese disciplinato e combattivo; una sorta di caserma in cui ogni uomo è un soldato e ogni donna una madre prolifica ed eternamente gravida.
"Panorama, 15 novembre 1973
Nessun commento:
Posta un commento