30.12.10

"Sulla strada" di Kerouac: un classico italiano (di Alessandro Portelli)

In occasione della pubblicazione, per i tipi di Corbaccio, di una nuova traduzione di On the road di Kerouac, nel 1986, "La talpa libri" de "il manifesto" pubblicò un articolo di Alessandro Portelli sul successo italiano del celebre romanzo di cui qui riporto un ampio stralcio. (S.L.L.)
Come e più di altri libri arrivati da noi nel secondo dopoguerra, Sulla strada di Kerouac fa parte di un canone della cultura italiana almeno quanto di quella americana.
In America, Kerouac è uno scrittore non trascurabile ma infine secondario, collocato in un ambito storico e in una precisa tradizione (i beats e gli anni cinquanta, il romanzo picaresco americano).
In Italia, diventa passaggio obbligato per una doppia iniziazione: all’adolescenza, e all’America che la rappresenta. In questo senso fa un certo effetto veder sostituire la traduzione di Fernanda Pivano su cui l’hanno conosciuto generazioni intere: non tanto per i meriti intrinseci e i limiti idiosincratici di quella traduzione; quanto perché forse al mondo c’è più gente che ha fatto di Sulla strada un oggetto di culto attraverso l’italiano della Pivano che non nell’inglese di Kerouac. E’ in quel testo che è un classico.
La sua opera, infatti, è stata un ingrediente decisivo nel processo tramite il quale quel costrutto, in parte immaginario in parte reale, ma sempre fortemente minoritario, che è l’“altra America” ha finito per rappresentare, nell’immaginario italiano, l’America intera (è un destino che condivide con altre figure “contro culturali” o “alternative”: da Patti Smith a Charles Bukovski).
“Anti-americane” in politica e “americane” nei consumi culturali, le generazioni che hanno preparato, vissuto e sopravvissuto il 68 hanno trovato in queste figure la quadratura del cerchio: un modo per sovrapporre all’America com’era l’America come desideravamo che fosse, e continuare ad amarla. In questo la “controcultura” identificata con Kerouac è diversa dall’“altra America”, rappresentata da Malcom X (anche se spesso i due universi politici immaginari erano contigui e in parte sovrapposti). Infatti, mentre l’America di Malcom si presentava come un’alternativa di parte antagonistica all’America egemonica, l’America di Kerouac sembrava capace di dilatarsi  fino a coprire l’immagine dell’intero paese. Malcom rivendicava, magari sbagliando, di non essere “americano”, mentre Kerouac e i suoi personaggi erano l’America, almeno per chi ne era lontano.
Sulla strada rende apparentemente accessibili a tutti esperienze che sembravano riservate a gruppi regionali o generazionali, specifici, condivide con tanti testi precedenti e contemporanei (da Huckleberry Finn a Il giovane Holden) il tema del’iniziazione, ma lo incarna in un personaggio adulto, sganciandolo quindi dalla radicalità parziale che accompagna questo tema in Mark Twain o Salinger: con Kerouac non c’è più bisogno di essere adolescenti  per avere esperienze adolescenziali. Allo stesso modo, a differenza che in Mark Twain, non c’è bisogno di appartenere alla frontiera, di vivere la violenza, per avere l’esperienza dell’espansione geografica, del superamento dei confini e dei limiti. 

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