17.11.13

Invidiosi, pettegoli e, soprattutto, inafferrabili. Angeli (di Elena Loewenthal)

Roma, L'Angelo di Castel Sant'Angelo (particolare)
Dio non è solo. Unico, certamente, come proclama la professione di fede biblica da cui si dipanano i tre monoteismi «Ascolta, Israele, il Signore è Uno» - ma non certo relegato entro quel supremo isolamento che regnava tutt'intorno a Lui prima che il mondo esistesse, quando non c'era altro che un muto e informe caos. Se la creazione ha fors'anche per movente quello di far compagnia al Signore, è pur vero che da quei cruciali sei primi giorni in poi, non Gli resta che girarsi intorno per trovare una confusione di voci e gesti molto diversa da quel vuoto disordinato di prima ch'Egli scandisse il creato. Come recita, infatti, un detto del Profeta, cioè Maometto, «il cielo scricchiola perché non c'è in esso lo spazio di un piede che non sia occupato da un angelo».
Sbarazzatosi di olimpi e totem, l'universo della fede s'è riempito di creature sospese fra terra e cielo, come per un horror vacui esistenziale che attraversa la preghiera e l'immaginario, la metafisica e l'arte, approdando magari a una perfetta «incarnazione» (con licenza parlando, trattandosi di angeli) del Kitsch, come osserva Giorgio Agamben nell'introduzione al monumentale trattato, che ha curato per Neri Pozza con Emanuele Coccia, Angeli. Ebraismo Cristianesimo Islam.
E' pur vero che alle origini, del mondo e della storia, gli angeli sono tutto fuorché paffuti putti imbambolati con le alucce spiegate. La parola significa «messi» in greco e ripropone il calco dell'ebraico biblico: insieme alla funzione di «postini» del cielo, gli angeli coprono a volte quella di custodi (ma non in senso personale, piuttosto della collettività). Vanno su e giù tra basso e alto come racconta splendidamente il sogno di Giacobbe e la sua scala sospesa. Si nascondono anche sotto spoglie umane, come quando, travestiti da viandanti nel deserto, vanno ad annunciare a Sara e Abramo la loro tardiva procreazione (ma se il patriarca fosse stato un poco attento, si sarebbe accorto che fingevano di mangiare le sue prelibate pietanze, perché loro non si nutrono). L'annunciazione diventerà nel Nuovo Testamento una costante dei doveri angelici. Su questo e altro, ma soprattutto sulla loro presenza nella Bibbia, Catherine Chalier ha scritto un libro interessante e pieno di spunti, Angeli e uomini (La Giuntina). Ma non è tutto oro quello che luccica: gli angeli non sono creature propriamente angeliche. Non dimentichiamo che il più illustre nel vero senso della parola tra loro è nientemeno che Lucifero, caduto per troppa ambizione. Non per niente l'accostamento degli opposti in questo caso non stona, anzi, è quasi armonioso: Angeli e demoni (Dan Brown docet) sembra quasi l'accoppiata perfetta.
Insomma, come ben sa l'Eterno, che guarda alle Sue schiere con una certa diffidenza (lo dice Giobbe), gli angeli sono insidiosi. E invidiosi, soprattutto. Dell'uomo, la cui creazione non mancano mai di rinfacciare al Signore - «Che è l'uomo che ti debba preoccupare di lui?», Gli ripetono con l'eco di un salmo. Ma l'uomo ha una marcia in più rispetto a loro: come narra la tradizione ebraica, gli angeli dovettero riconoscere al giovane Adamo la capacità di dare il nome giusto alle cose, e incassare lo smacco di vederlo diventare il prediletto dell'Eterno, in virtù di quel suo talento: «Invidiosi del prestigio della specie umana, fanno di tutto per evitare che l'uomo possa superare la propria condizione e salire nella gerarchia cosmica. In realtà questa invidia sembra una sottile forma di snobismo» (scrive Emanuele Coccia nell'introduzione all'angelologia cristiana).
Ma chi, che cosa e come sono fatti, gli angeli? Difficile saperlo, meglio immaginarlo, come raccontano le migliaia di pagine di questo affascinante repertorio che attraversa fedi, epoche, universi umani. Agamben e Coccia hanno affidato a diversi esperti una analisi del tema (problema?) e una vasta scelta antologica: in parole povere, tutto quello che, forse, avreste voluto sapere di loro e non avete mai osato chiedere. Gli angeli sono individui, dotati di nome e figura, come gli statuari cherubini raffigurati ai lati dell'Arca Santa o quelli con cui «interagisce» il profeta Ezechiele nelle sue strabilianti visioni. Ma sono anche schiere informi, una innumerevole moltitudine intorno al Signore, pronta a servirLo e inneggiarLo (quando non a spettegolare alle Sue spalle). Non hanno il dono della parola, che è stato assegnato ad Adamo e con lui all'umanità, però si esprimono eccome, oltre a volare. Tanto che a volte, nelle diverse tradizioni religiose, la loro voce inascoltabile sembra un po' quella della coscienza celeste, una specie di grillo parlante nascosto fra le pieghe del trono divino su cui si reggono le sorti del mondo.
A ogni buono conto, ribelli o servili, fedeli postini o ornamenti fine a se stessi, schiere battagliere o araldi di pace, tutto si può dire degli angeli. Forse perché sono inafferrabili più di ogni altra cosa, in cielo come in terra. Astratti simboli di una metafisica per iniziati, quando non ingenue raffigurazioni di cartapesta, essi ci raccontano soprattutto di quell'ignoto a cui noi umani non riusciamo proprio a rassegnarci. E così, come un bambino di notte al buio, per scacciare la paura di questo universo nero e sconfinato, pieno di dubbi forse più che di stelle, cerchiamo anche noi un po' di compagnia tra queste sfuggenti creature. 


“La Stampa”, 28-12-2009

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