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7.9.19

La libreria nera. Una poesiola ancora da limare (S.L.L.)



Quando – son passati ormai vent'anni -
decisi di far base al mio paese
per assistere il babbo smemorato
ravvivando coi miei dei suoi ricordi
i pochi ravvivabili,
alcuni dei più antichi,
io feci trasportare in un pancale
un migliaio di libri, gli assi e i giunti
per montare una nera libreria
nella mia camera, una matrimoniale
con il mobilio dei nonni miei materni,
Vittorio e Carmelina.

Tra nuovi acquisti e altri trasferimenti
dalla piccola casa perugina,
sempre soggetta agli straripamenti
librari, i tomi sono diventati
- adesso faccio compagnia alla mamma -
almeno mille e cinquecento, senza
contare quelli che c'erano già.

Più di un migliaio ora ne ho concentrato
nella nera spartana libreria
che mi vendette, prima
di dedicarsi in esclusiva ai vini,
un Adanti a Bevagna
e non c'è bisogno di spaccare
in quattro ogni capello per concludere
che son troppe le assenze.
Io stesso che ho curato
la selezione, a volte sento che
manca l'essenzïale.

E tuttavia subito te ne accorgi,
senza passare alle seconde file:
c'è materia per riempire una vita,
forse due, forse più, con la lettura.

6.9.19

Una canzone senza ritornello. Una poesia di Roberto Piumini



Ehi tu, che sei nel mare, e hai trovato
un manico d’ombrello galleggiante,
lo sai da chi è stato abbandonato?
Da una signora molto elegante
che navigava sopra un bastimento,
e lo picchiò in testa al comandante
perché secondo lei era troppo lento,
chi sa se a innamorarsi o a navigare,
e dato che l’ombrello si era rotto,
decise di non farselo aggiustare:
fece una smorfia, e lo buttò di sotto.
Buffa canzone, ma c’è il ritornello?
Fra poco lo troviamo, chiaro e bello.

Ehi tu, che in montagna, sul sentiero,
hai trovato un pallone bucato:
nemmeno io, per essere sincero,
so perché è lì, e chi ce l’ha buttato.
Forse era di un camoscio-attaccante?
O di un portiere-marmotta, nel prato,
con la sua presa troppo perforante
perché para coi denti, a quanto pare,
e poi, siccome non serviva più,
essendo ignoranti sul che fare,
hanno deciso di buttarlo giù.
Matta canzone, sì, ma il ritornello?
Fra poco lo inventiamo, vero e bello.

Ehi tu, che stamattina hai inciampato
in due bottiglie e in quattro lattine,
tu non lo sai, dove sei capitato?
Dove, stanotte, dieci ragazzine
e dieci ragazzotti rumorosi,
hanno bevuto, cantato, ballato,
hanno provato a far gli spiritosi,
e, quasi all’alba, prima di rientrare,
per non portare indietro i recipienti,
han fatto il tiro a segno in riva al mare,
sbagliando mira e gridando accidenti.
Strana canzone, sì, ma il ritornello?
Fra poco lo impariamo, giusto e bello.

Ehi tu, che in pieno parco forestale,
hai visto una discarica schifosa,
che solo a guardarla viene male,
chi ha fatto questa cosa disgustosa?
L’ha fatta un camion, ieri a tarda sera,
con fari spenti, targa misteriosa,
e un autista dall’anima nera,
che non si ferma mai a pensare
che il mondo è lui, noi, io, tu,
e che se lo facciamo ammalare,
ci ammaleremo tutti ancor di più.
Triste canzone, sì, ma il ritornello?
Fra poco lo cantiamo, lieto e bello.

Ehi tu, lettore di queste parole,
che hai visto in giro qualche brutto fatto,
inventa il ritornello che ci vuole,
trovalo tu, il ritornello adatto.
Un ritornello da cantare forte
a chi non ha capito questo fatto:
non solo la bugia ha le gambe corte,
ma le hanno anche lo spreco e il malaffare,
e che se al mondo manchi di rispetto,
il mondo, prima o poi, la fa pagare.
Trovalo tu, il ritornello perfetto.

Tuttolibri La Stampa 27 luglio 2019

3.9.19

Le Thor. Una poesia di René Char (Traduzione S.L.L.)

Le Thor in Provenza, nel dipartimento della Valchiusa, non lontano dal Mont Ventoux
Nel sentiero dalle erbe intorpidite dove noi ci stupivamo da ragazzi, che la notte si arrischiasse a passare, le vespe non andavano più ai rovi e gli uccelli ai rami. L'aria apriva agli ospiti del mattino la sua turbolenta immensità. Non erano che filamenti di ali, tentazione di urlare, voltaggio tra luce e trasparenza. Il Thor si esaltava sulla lira delle sue pietre. Il monte Ventoux, specchio delle aquile, era in vista. Sul sentiero dalle erbe intorpidite, la chimera di un'età perduta sorrideva alle nostre giovani lacrime
---
Dans le sentier aux herbes engourdies où nous nous étonnions, enfants, que la nuit se risquât à passer, les guêpes n’allaient plus aux ronces et les oiseaux aux branches. L’air ouvrait aux hôtes de la matinée sa turbulente immensité. Ce n’étaient que filaments d’ailes, tentation de crier, voltige entre lumière et transparence. Le Thor s’exaltait sur la lyre de ses pierres. Le mont Ventoux, miroir des aigles, était en vue. Dans le sentier aux herbes engourdies, la chimère d’un âge perdu souriait à nos jeunes larmes

Dal sito "Persèe - Parcourir les collections"

2.9.19

Orecchiette al pesto di erbe aromatiche con melanzane. Una ricetta in versi da "La cucina del buon gusto" (S.L.L.)

Si pubblicano troppi libri da cucina (e si fanno troppe trasmissioni di gastronomia). Il risultato è che quasi tutti quei libri risultano inutili e non pochi indigesti. Non quello che Simonetta Agnello Hornby, di antica e nobile famiglia siciliana, avvocato a Londra e scrittrice, e Maria Rosario Lazzati, milanese e fondatrice a Londra di una rinomata scuola di cucina, hanno messo insieme per i tipi della Feltrinelli, La cucina del buon gusto, che non è tanto un ricettario, ma un libro ricco ove si incontrano memoria, sapienza gastronomica, amore dell'umanità e amore per la scrittura. 
Ho tratto da quel libro la ricetta da mettere in versi secondo il metodo scelto da Alberto Capatti per Alfagola e di cui ho postato in questo blog un esempio, tratto dall'Artusi, alcuni giorni fa: "ingabbiare le parole e la sequenza di una ricetta in versi di otto o nove sillabe". Io ho preferito nettamente i versi di 8 sillabe, per ottenere un ritmo più orecchiabile, ho usato come fa Capatti rime e assonanze, quando non risultino forzate. In più rispetto a lui ho inserito anche le dosi e separato con sottotitoli le diverse fasi del procedimento. 
Il risultato mi pare buono, come del resto quello della preparazione, un incontro tra il pesto (ottenuto però senza rigorismi e senza pestello) di ispirazione ligure, con la pasta alle melenzane siciliana (ma senza il sugo di pomodoro e la ricotta salata della celebre pasta alla Norma). 
Penso che la ricetta si possa eseguire senza difficoltà e spero che qualche visitatore mi annunci di averla preparata con successo. (S.L.L.)




1. Tostatura dei pinoli
Fai saltare in padellina
senza burro o margarina,
né battuti, strutti o oli
due cucchiai di pinoli;
di continuo tu rimesta
con il tuo cucchiaio di legno:
se si fanno biondi è segno
che la tostatura basta.
Or tostati, in una ciotola
allontanali dal fuoco:
non bruciarli è del cuoco
la fondamentale regola.


2. Il pesto
Nella piccola vaschetta
del robot tuo da cucina
metti ora una manciata
della fresca maggiorana,
ed un'altra di basilico,
foglie di fragrante timo,
un cucchiaio di buon origano,
quattro pomodori secchi,
uno spicchio d'aglio rosso,
un cucchiaio grande di capperi
dopo averli dissalati,
delle olive senza nocciolo,
nere o bianche non importa,
un peperoncino secco
e i pinoli ch'hai tostati.
Frulla, frulla, frulla bene.
Metti adesso il risultato
in un piatto di portata,
fondo, e incorpora i formaggi,
trenta grammi pecorino
e cinquanta parmigiano.
Dopo lascia riposare
per mezzora almeno il tutto,
che si possa amalgamare
combinando ogni sapore.

3. Le due padelle
Per cipolla e melenzana
due padelle antiaderenti
una media e una grande:
hanno tempi differenti
e si uniscono alla fine.

4. Cipollata
Una cucchiaiata d'olio
dentro la padella media
metti adesso a riscaldare,
poi soffriggi dolcemente
dentro l'olio una cipolla
rossa, grande, ben pelata,
affettata sottilmente
con un pizzico di sale
per un quarto d'ora buono
a coperto mescolando
col cucchiaio, di tanto in tanto.


5. Melanzana
Nel frattempo sotto sale
avrai posto melenzana,
viola, ovale, bella grande,
a dadini di un centimetro
per far perdere l'amaro.
Asciugati con un panno
i dadini friggeranno
tutti nella gran padella.
Imbionditi che saranno
(ti ci vuole un quarto d'ora)
tu cospargili d'origano,
indi mescola ed aggiungi
la cipolla preparata.

6. Altro amalgama
Sopra il fuoco due minuti
tieni il tutto, non di più;
lascia al caldo a riposare.


7. La pasta
Sono adatte le orecchiette,
danno consistenza al sugo
e felicemente accolgono
melenzane con cipolla.
Quattro etti o poco più
basteran per sei persone
se è previsto anche il secondo.
Vanno cotte per il tempo
indicato in confezione
dentro pentola capiente,
abbondante acqua salata.

8. Preliminari
Prima di scolare togli
un decilitro dell'acqua
di cottura, la metà
verserai dunque sul pesto
mescolando poi l'insieme,
mentre  metterai il resto
all'interno di una ciotola
e con un cucchiaio d'olio.

9. Nel piatto di portata
Scola al dente e nella pentola
tu rimetterai la pasta
aggiungendo l'emulsione
d'acqua e olio e poi rimescola,
con il fuoco medio acceso.
Un minuto e versa il tutto
dentro il piatto di portata
dove ansioso attende il pesto.
Mescolare, mescolare,
mentre aggiungi melenzane
e cipolla alla tua pasta.

10. A tavola
Porta in tavola e comincia
il servizio suggerendo
a chi ne ama il dolce gusto
parmigiano grattugiato.

1.9.19

La chiamavano Luxemburg Rosa. Una parodia di "Bocca di rosa" (da Luigi Manconi, "La musica è leggera")

In La musica è leggera (Il Saggiatore, 2012) racconta di una parodia sessantottina, che gli pareva tuttora strepitosa, di «Bocca di rosa» di Fabrizio De André, in cui al testo originario era stato sostituito il racconto dell’epopea di Rosa Luxemburg, parodia ascoltata nel giro di Lotta Continua, ma di cui né all'epoca né dopo era riuscito a rintracciare l'autore. Ne riporta l'inizio, l'unica parte che ricorda e lo fa risalire alla Toscana, ove Rosa Luxemburg era assai cara alla cultura del Potere operaio di Pisa in quanto antileninista. 
Anch'io l'ho sentito, nel '70 credo, canticchiato da un compagno del “Circolo Lenin” di Palermo, un po' stonato tra l'altro, che poi divenne sindacalista e dirigente degli edili Cisl. Evidentemente i leninisti della scuola di Mario Mineo non disdegnavano l'antileninista Rosa. (S.L.L.)



La chiamavano Luxemburg Rosa
metteva le masse metteva le masse
la chiamavano Luxemburg Rosa
metteva le masse sopra a ogni cosa.
Appena giunta alla stazione 
della città di Berlino
tutti si accorsero al primo sguardo
che era venuta per fare casino.

C’è chi il casino lo fa per gioco
e chi lo fa per professione
Luxemburg Rosa né l’uno né l’altro
lei lo faceva per passione.

Mare al mattino. Una poesia di Constantinos Kavafis


Fermarmi qui. Guardare anch’io un poco la natura.
Il luminoso azzurro del mare al mattino,
del cielo senza nubi, e la riva citrina:
tutto qui è bello nella piena luce.

Fermarmi qui. E illudermi di vedere
ciò che vidi fermandomi un istante:
non le mie fantasticherie, anche qui,
i miei ricordi, le false visioni del piacere.

In Itaca, AIPSA, Cagliari, 2011 - Traduzione Giangavino Irde


29.8.19

Andiamo! Una poesia di Walt Whitman (1819 - 1892)



Andiamo! La strada è per noi!
È sicura - io l'ho provata, i miei piedi l'hanno bene provata - nulla più vi trattenga!
Il foglio resti bianco sul tavolo, il libro chiuso nello scaffale!
Gli utensili restino nell'officina! I denari non vengano guadagnati!
Lasciate le scuole! Non badate al grido del maestro!
Predichi il predicatore dal pulpito! Arringhi in corte l'avvocato, il giudice esponga la legge.

Compagno, ecco qui la mia mano!
T'offro il mio amore prezioso più del denaro,
T'offro me stesso in luogo di prediche e leggi;
Ti darai a me? Viaggerai tu con me?
Ci resteremo fedeli, quanto dura la vita?

Canto della strada, 15 in Fogli d'erba, Einaudi, 1976

Postilla
Ho utilizzato la traduzione di Enzo Giachino, ma ho sostituito Camerata con Compagno. Si tratta di termini sovrapponibili, l'uno e l'altro provenienti dall'uso militare, ma camerata, nell'uso politico che se ne è fatto in Italia (non in Francia, per esempio), ha una forte connotazione di destra. Compagno ha invece una connotazione di sinistra, legata alla storia del socialismo e del comunismo italiani, ed anche per questo mi piace di più. (S.L.L.)

Amo i gesti imprecisi. Una poesia di Valerio Magrelli (Roma, 1957)

Pitratto del poeta da giovane (da una fotografia di Dino Ignani)
Amo i gesti imprecisi,
uno che inciampa, l’altro
che fa urtare il bicchiere,
quello che non ricorda,
chi è distratto, la sentinella
che non sa arrestare il battito
breve delle palpebre,
mi stanno a cuore
perché vedo in loro il tremore,
il tintinnio familiare
del meccanismo rotto.
L’oggetto intatto tace, non ha voce
ma solo movimento. Qui invece
ha ceduto il congegno,
il gioco delle parti,
un pezzo si separa,
si annuncia.
Dentro qualcosa balla.

da Nature e venature, Mondadori, 1987

28.8.19

Buonaparte. Una poesia di Friedrich Hölderlin


Antoine-Jean Gros, Napoleone al Ponte di Arcole

Vasi sacri sono i poeti,
dove il vino della vita, lo spirito
degli eroi si conserva.

Ma lo spirito di questo giovane,
fulmineo, non farebbe schiantare
ove volesse contenerlo, il vaso?

Lo lasci intatto il poeta, come lo spirito della natura,
è materia in cui diventa allievo il maestro.

Egli non può vivere e rimanere nella poesia,
vive e perdura nel mondo.

1797

In chiesa. Una poesia di Constantinos Kavafis

Paphos, Cipro - La Chiesa di Agia Kyriaki
Amo la chiesa – i suoi stendardi,
l’argento degli arredi, i candelabri,
le luci, le sue icone, il suo pulpito.

Quando entro là, nella chiesa dei Greci:
col profumo d’incenso,
con le voci, le sinfonie liturgiche,
la maestosa presenza dei prelati
in cadenza solenne in ogni moto –
risplendenti nei ricchi paramenti –
il pensiero vola alla nostra grandezza,
alla nostra gloriosa eredità bizantina.

In Itaca, AIPSA, Cagliari, 2011 - Traduzione Giangavino Irde

26.8.19

Alle Parche. Una poesia di Friedrich Hölderlin (Leuffen sul Neckar 1770 – Tubinga 1843)


Solo una estate, Onnipotenti, datemi
ed un autunno a maturarmi il canto;
così che, sazio di quel dolce giuoco,
più volentieri mi si fermi il cuore!

L’anima, a cui negò la vita in dono
il suo santo diritto, non ha pace
neppur laggiù nell’Erebo profondo…

Ma se raggiunger mi sia dato un giorno
te, che a cuor mi stai nel mondo sola,
divina Poesia, — ben venga allora
il silenzio dell’ombra sempiterna!

Pago sarò, se pur non mi accompagni
il suono di mie corde… Un solo istante,
vissuto in terra avrò come gli Dei…
Ed altro io piú non chiedo al mio destino.
1797 - 1799

Dal sito “Poesia in rete” – Traduzione di Vincenzo Errante



La vita. Una poesia di Michele L. Straniero

Michele Luciano Straniero (Milano,1936 – Torino 2000)
La vita è un bel gioco
perché dura poco
e poi di lassù
la tronca Gesù.

da "Ombre rosse" n.22-23, 1977

25.8.19

Tu volevi imporre... Una poesia di Letizia Fortini


Tu volevi imporre
a una cavalla di razza
incomprensibili furbizie,
piccolo mulo scaltro.
Non lo sapevi
che le sarebbe bastato
uno sguardo sincero
e sentirne il coraggio
per farla saltare
senz'altro foraggio?

da Il punto acerbo, All'insegna del Pesce d'oro, 1974

“Così roride stanno qui le rose”. Una poesia di Adam Oehlenschläger (Frederiksberg, 1779 – Copenaghen, 1850)



Così roride stanno qui le rose!
Benevole sorridono nell'ombra le urne chiuse,
mentre dalla luna d'argento raggi freddi s'appressano,
si mischiano con il loro purpureo baluginare.

Profumano fra gli alberi ombrosi,
dove Eros avvelena le sue frecce.
Godono, ardenti, di una quiete propizia
ed incantano tutti anche nel sonno.

Pure nella beata dimora del bosco,
proprio qui, fra questi tetti quieti, ombrosi,
una rosa s'accende, ancora più bella.

Dormi, dolce bocciolo! Dormi tranquilla o dolce rosa!
Oh! se potesse la mia “Buona notte” accompagnarsi a un bacio,
sarei, allora, della notte il figlio più felice.

Da I capolavori della poesia romantica, Mondadori 1986 – Trad. Marco Scovazzi (con lievi aggiustamenti ritmici)

A Serena che non sa più leggere. Una poesia di Angelo Di Carlo


Nel Tempo della luce e dell'ombra, la sorprendente silloge poetica che Angelo Di Carlo, stimato psicologo e psicoterapeuta, ci ha regalato un paio di anni fa, c'è un gruppo di liriche dedicate alla malattia di Serena Abbozzo, la sua cara moglie, che a Perugia ricordiamo impegnata e combattiva nella Cgil e nella sezione universitaria del Pci. A me le poesie di Angelo per Serena sembrano toccate da quella intensità che nasce dalla semplicità, capaci di esprimere una compassione che mai cade nel patetico. Particolarmente bella mi pare quella che qui riprendo. (S.L.L.)



Ti vedo leggere un libro
attenta
e sai di non capire,
volgo lontano
lo sguardo doloroso,
mi sembra che tu sorrida
assorta,
tenace come un tempo
sulla pagina aperta,
ora ignota.



24.8.19

Il brio delle tue pupille. Una poesia di Leticia Luna (Città del Messico, 1965)



Il brio delle tue pupille si accenderà
quando l'albero denuda altri rami
all'alba,
e una brezza di eternità brevissima
(come nido di uccelli
quando ti svegli mio)
inventa nuovi echi alla mia essenza
fortuita.
          E saprai che son figlia della luna
          nel pronunciare il mio nome.

---

El brío de tus pupilas
se encenderá cuando el árbol desnude
otras ramas al alba
y una brisa de eternidad tan breve
(como nido de pájaros
cuando amaneces mío)
le invente nuevos ecos
a mi esencia fortuita
          Y sabrás que soy hija de la luna
          al pronunciar mi nombre

 da "Fili d'aquilone" - rivista on line n.52 - Traduzione S.L.L.

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