5.1.11

1953. Muore Stalin. A Mosca è tragedia (di K.S.Karol)

"il manifesto" del 6 marzo 1993 pubblicava, a firma di K.K.Karol, un articolo dal titolo 40 anni dopo. Stalin, il consenso e il terrore. Ne propongo qui la prima parte che rievoca la tragica giornata moscovita in cui la morte del capo dell'Urss venne annunciata. (S.L.L.)
Quando quarant’anni fa, nel marzo del 1953, appresero che Stalin era morto, i sovietici furono traversati da un brivido di dolore e di angoscia. Mosca venne immediatamente isolata dal resto del paese, per non essere invasa dalle folle della provincia che tentavano di inchinarsi ancora una volta al leader defunto. Ma neanche questa misura eccezionale evitò la tragedia: centinaia di migliaia di cittadini di Mosca corsero verso il centro, soli o in gruppi formatisi per caso, o per famiglie, giovani e vecchi. Quella marea umana finì schiacciata contro lo sbarramento dei camion militari che bloccavano l’accesso alla Casa del Soviet dove il corpo di Stalin era esposto.
La folla non poteva arretrare e nessuno pensò di spostare i camion. Ne risultò un gigantesco accalcarsi nel quale perirono centinaia, forse migliaia di persone: neppure oggi si conosce il numero esatto delle vittime. Le autorità dispiegarono ogni sforzo per nascondere al paese, e tanto più all’estero, quel che era successo. I corpi identificati vennero resi alle famiglie soltanto nelle notti successive, con la proibizione di parlarne e di seppellirli di giorno.
Occorse attendere la destalinizzazione kruscioviana perché si cominciasse a parlare di quella giornata, e dapprima sottovoce, per le vie traverse del romanzo. Mai la Russia, né prima né dopo la Rivoluzione d’Ottobre, aveva raggiunto scene di disperazione tali da giungere a un massacro come dopo la morte di Stalin. Il dramma del marzo del 1953 dà la misura dell’isolamento dell’Urss in quel periodo e del panico da cui fu presa. Oggi se ne parla a Mosca con un certo imbarazzo, perché quegli eventi mal s’inquadrano nella tesi della maggioranza degli storici post-sovietici, secondo la quale il regime di Stalin era fondato soltanto sul terrore.

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