27.11.11

La cottura delle carni e l'evoluzione della specie. Caccia e cucina.

L’8 novembre 2011, con il titolo Quando la cucina cambiò la nostra evoluzione, il notiziario on line della rivista “Le Scienze” pubblicava un redazionale sui risultati di una ricerca di Harward, curiosa e suscitatrice di curiosità. Secondo i ricercatori, di varie discipline, la cottura delle carni avrebbe giocato un ruolo determinante nell’evoluzione della specie umana, favorendo una crescita importante delle dimensioni del corpo umano e del cervello, che avrebbe allora cominciato a specializzarsi nelle sue diverse parti e a perfezionarsi. Se l'ipotesi dovesse trovare piena conferma in successive ricerche, credo che sarebbe ipotizzabile che sia da rintracciare nella cottura e nella preparazione delle carni la base della divisione sessuale del lavoro e l'origine di significative differenziazioni tra chi caccia e chi cucina. (S.L.L.)
Anche se i nostri antenati mangiavano carne già 2,5 milioni di anni fa, non avevano la capacità di controllare il fuoco, e la consumavano cruda, probabilmente dopo averla pestata con strumenti in pietra. Circa 1,9 milioni di anni fa, tuttavia, si verificò un improvviso e drastico cambiamento. Il corpo dei primi umani divenne più grande, il cervello aumentò di dimensioni e complessità e si manifestò un adattamento a percorrere lunghe distanze.

Finora la teoria generalmente accettata ipotizzava che questi cambiamenti fossero dovuti a un deciso aumento della carne nella dieta. Alcuni anni fa, tuttavia, Richard Wrangham della Harvard University aveva avanzato l’ipotesi che un ruolo di primo piano l’avesse avuto l'innovazione rappresentata dalla cottura. Ora, questo nuovo lavoro ha fornito prove concrete a sostegno dell’ipotesi.

Anche se studi precedenti avevano esaminato gli aspetti specifici di ciò che accade durante il processo di cottura, ha detto Rachel Carmody, prima firmataria dell’articolo, "sorprendentemente, non esisteva alcuna ricerca che  ne avesse esaminato gli effetti netti: c’erano frammenti di studi che non si riusciva a integrare in modo uniforme. Sapevamo che diversi meccanismi potevano essere in gioco, ma non sapevamo come combinarli".

Per esaminare direttamente questi effetti, i ricercatori hanno nutrito per 40 giorni due gruppi di topi con una serie di diete a base di carne o patate dolci preparate in quattro modi: crudo e intero, crudo e pestato, cotto e intero, e cotto e pestato. Durante ciascuna dieta, i ricercatori hanno monitorato i cambiamenti di massa corporea di ogni topo e la quantità di esercizio che compiva. I risultati, ha detto le Carmody, hanno mostrato chiaramente che la carne cotta permette di ottenere una maggiore quantità di energia rispetto a quella cruda.

Il lavoro di Carmody non ha riflessi solamente sulla nostra conoscenza degli albori dell'evoluzione umana, ma mette in questione il ricorso alla mera indicazione delle calorie come strumento di valutazione del potere energetico di un cibo: "Questo sistema si basa su principi che non riflettono la disponibilità di energia in vivo", ha osservato la Carmody. "Anche se misura ciò che è stato ingerito, il sistema gastrointestinale umano comprende tutta una serie di batteri, che metabolizzano alcuni dei prodotti alimentari a proprio vantaggio. Il sistema non discrimina, cioè, tra il cibo che viene metabolizzato dall’uomo o dai batteri, e vi sono sempre più dati che suggeriscono che i batteri prelevano una porzione abbastanza signifiativa del cibo che mangiamo."

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