10.12.18

New York, 3 dicembre 2012. La consacrazione del self publishing (Maria Teresa Carbone)

Alan Sepinwall

In una ipotetica storia dell'editoria del ventunesimo secolo il 3 dicembre 2012 sarà forse segnalato come una data memorabile: quel giorno infatti sul «New York Times» è apparsa la prima recensione di un libro autopubblicato, The Revolution Was Televised del critico televisivo e blogger Alan Sepinwall. E non una recensione qualsiasi, ma un articolo entusiasta firmato dalla critica più nota e severa del quotidiano statunitense, Michiko Kakutani.
In effetti il «New York Times» non è stato il primo importante organo di informazione a recensire il volume di Sepinwall, un'analisi a quanto pare brillante (terrific, scrive Kakutani) del modo in cui serie tv come i Sopranos a Mad Men, hanno trasformato l'idea stessa di narrazione. Già «Time» e il «New Yorker» se n'erano occupati, ma è stata la benedizione del «Nyt» a dare la percezione che è successo qualcosa di nuovo, impensabile pochi anni fa. È la prova, scrive Suw Charman-Ander-son su «Forbes» - che «l'idea di una divisione fra "pubblicazione tradizionale" e "autopubblicazione" diventa ora ridicola e insensata». Certo, nel successo mediatico di Sepinwall, ha contato il fatto che il suo blog What's Alan Watching? è seguitissimo e il suo nome circola da tempo fra esperti e critici. Ma questo, nota la giornalista di «Forbes», rivela la difficoltà dei recensori di addentrarsi in quel magma di autori e di testi che è oggi il self publishing. Per Charman-Anderson sarebbe quindi necessario che qualcuno di solido e competente «distinguesse il grano dal loglio e passasse i risultati di queste ricerche ai tizi con il megafono». Che l'editoria tradizionale, cacciata dalla porta, stia per rientrare dalla finestra?

il manifesto, 8 dicembre 2012

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