26.12.18

Una conferenza a Smirne, intorno al 160 d.C (Elio Aristide, oratore e retore, II secolo d.C.)

Le rovine di Smirne

Le stesse cose si ripeterono anche dopo, quando fummo a Smirne. Anzi, ancor prima di entrare in città, vi furono persone che ci vennero incontro perché si era sparsa la voce del mio arrivo, e i giovani più in vista mi si offrivano come allievi, ed era stato già stabilito un certo tipo di conferenza, e fissata in tutti i dettagli la convocazione.
In quel periodo un omuncolo egiziano aveva fatto irruzione nella città, e un po’ esercitando la corruzione su alcuni consiglieri, un po’ dando a intendere a certa gente del popolo che si sarebbe dedicato alla vita politica ed avrebbe fatto con le sue ricchezze chissà quali straordinarie e generose largizioni, era balzato, comunque sia, alla ribalta dell’Assemblea, e la città era preda di una simile vergogna.
Di tutto ciò io non ero a conoscenza (lo venni comunque a sapere più tardi), anche perché mi limitavo a tenere delle riunioni in casa con i miei amici; ma proprio quando costui si apprestava a presentarsi all’Odeon vicino al porto, e a tenervi una conferenza - o per pubblico decreto, o non so come -, io feci questo sogno. Mi pareva di veder sorgere il sole dalla piazza, e di pronunziare questa frase: «Aristide declamerà oggi nella sala del Consiglio alle ore dieci».
Mi svegliai con la sensazione di pronunziare e sentire al tempo stesso queste parole, al punto che cercavo di capire se era sogno oppure veglia. Convocai i miei amici più importanti e comunicai loro l’ordine ricevuto. L’annunzio scritto fu esposto proprio allora, perché già si avvicinava l’ora fissata dal sogno, e di lì a poco ci presentammo sul posto per parlare. E malgrado quella mia sortita avesse luogo cosi all’improvviso, e all’insaputa dei più, pure la sala era così piena che non si scorgeva altro che teste umane, e non c’era posto dove infilare una mano. E tali furono da parte di tutti le manifestazioni di plauso e di simpatia, anzi, se proprio dobbiamo dire la verità, di vero e proprio entusiasmo, che non si vide una sola persona seduta né durante il preludio né quando mi levai a declamare. Fin dalle prime battute si erano alzati in piedi, e soffrivano gioivano sbigottivano assentivano alle mie parole, e lanciavano grida mai sentite prima, ciascuno facendo a gara nel tributarmi le lodi più alte.
Più tardi, dopo esserci allontanati dalla sala del Consiglio, mentre eravamo occupati a fare il bagno, qualcuno mi portò la notizia che quel tale, pur avendo indetto la riunione per quella data con tre giorni di anticipo, era riuscito a racimolare nell’Odeon diciassette persone in tutto. E non c’è dubbio che da quel giorno egli incominciò a mettere giudizio.

Da Discorsi sacri, L, 29-34 Keil in Salvatore Nicosia, La Seconda Sofistica, Salerno Editrice, 1994

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