28.8.19

Contro i professionisti dell'anticonformismo (Luigi Manconi)

Alberico Lemme

Fateci caso: quando in un qualunque dibattito, un tipo, in genere brillante e dalla parlantina sciolta, afferma «farò una provocazione», non accade mai nulla del genere. E si ascolteranno, piuttosto, interminabili e tediosi proclami ispirati al senso comune più ordinario. Si manifesta, così, una delle varianti della sindrome del Bastiancontrarismo, la più innocua. Ma quella stessa sindrome può manifestarsi attraverso un' altra variante più nociva.
Per esempio il dottor Alberico Lemme, nato nel 1958 ad Archi (Chieti), farmacista per titolo e dietologo per proterva aspirazione, nel corso di una puntata del Grande Fratello ha pronunciato le seguenti parole: «Quando è nata mia figlia tutti mi dicevano: "Vedrai che emozione proverai". Lei è nata, io ho assistito al parto e non ho provato nessuna emozione. Quando ha fatto sei mesi l' ho guardata e ho pensato: "Se morisse mi dispiacerebbe?" Ho risposto di no».
Nella migliore delle ipotesi si tratta delle frasi di un esibizionista patologico, nella peggiore della manifestazione narcisistica di un disadattato. Ma ciò che davvero conta è che quelle frasi siano state accolte da alcuni conduttori radiofonici e televisivi come esercizi di «sincerità» o, addirittura, di «coraggio». E sul web il dottor Lemme - già noto per altre scellerate affermazioni e per le modeste perversioni del suo pensiero, si fa per dire - è diventato un eroe, in quanto avrebbe rotto «il velo della retorica dell'amore familiare» e avrebbe rifiutato «l'ipocrisia delle convenzioni sentimentali».
La ragione di un simile successo è semplice: quelle affermazioni, in apparenza tanto oltraggiose, corrispondono, in realtà, a un umore sempre presente nell'animo umano e a una pulsione oscura e profonda che, una volta emersa, si scopre di condividere con molti altri. Forse la maggioranza. Insomma, quella presunta trasgressione esprime un antico e solido conformismo. E se con Lemme siamo in un campo trascurabile, pur se sfrontato, in quanto insignificante sotto il profilo intellettuale, numerosi sono i casi di tutt'altra consistenza.
Un giornalista colto, talvolta acuminato, come Filippo Facci, espressione di una tradizione reazionaria ma non codina, a proposito di Greta Thunberg così si è espresso: «A me tutte le persone che hanno bisogno di riscoprire le questioni ambientali attraverso quella specie di mostriciattolo di Greta... Lei, mi viene da investirla con la macchina». Anche in questo caso, sul web si sono intessuti trepidanti elogi per la «sincerità» e per il «coraggio». Se questo metodo si dimostra così efficace, si possono suggerire una serie di dichiarazioni capaci di ottenere consensi e ricevere omaggi.
Basta individuare un predicato sufficientemente condiviso e negarlo con brutalità, a prescindere dalla quota di ragionevolezza che contiene. Ecco. 1. «La vita dei nostri figli ci è cara» 2. «Non è bello mettersi le dita nel naso» 3. «È un dovere tutelare l' ambiente» 4. «Gli esseri umani sono tutti uguali» 5. «È meglio evitare di ruttare in pubblico». Proclamare o attuare il rovesciamento (il ribaltamento da cima a fondo), con le parole o i gesti, di quei semplici princìpi appare oggi come il massimo dello Scandalo Pubblico. Dunque, siamo in una fase culturale in cui sembra che l'affermazione della propria diversità di opinione e la lotta contro il politicamente corretto debbano passare di necessità attraverso la negazione, indifferentemente, di uno di quei cinque punti (meglio se di tutti e cinque).
È una storia lunga, tutt'altro che lineare. Non ho mai condiviso anche uno solo dei brevi corsivi che, sotto la testatina Controcorrente, Indro Montanelli pubblicava quotidianamente sul «Giornale». Eppure, almeno una volta su tre, quei commenti - a me, giovane militante della sinistra radicale - facevano davvero male. Dopo di che è stato tutto un rincorrersi affannato di rubriche simili (o che volevano essere simili). Rubriche che issavano la bandiera dell'anticonformismo. Una sfilza lunghissima e che cerca tutt'ora di riproporsi ricorrendo al dizionario dei sinonimi: Diverso parere (o, in una sciagurata versione calcistica, Diverso parare), Al contrario, Verso diverso, L'antipatico, Fuori gioco, Non ci sto, Controverso, L'iracondo, Retropensiero, Fuori dal coro, Controcanto. Il dissenso diventa, in tal modo, manierismo, compiacimento di sé e della propria sconvenienza (vera o presunta che sia) e finisce fatalmente col mimare i tratti e le movenze, i tic e le ossessioni del suo negativo (il conformista), scambiandosi i ruoli con esso.
Tutto ciò risulterebbe quasi innocuo e comunque poco rilevante se non intervenissero due fattori «agevolanti» che possono rendere significativo ciò che significativo è quasi mai. Il primo fattore è rappresentato dall'entusiasmo che la sindrome del Bastiancontrarismo suscita in alcuni soggetti della comunicazione (giornalisti, conduttori televisivi e radiofonici, opinion maker e influencer vari). Il secondo fattore è rappresentato dalla cornice virtuosa in cui quella patologia viene collocata quando se ne appropria il web. È un'aura eroicistica, con tonalità epiche, che richiama categorie o formule come «schiena dritta» e «forza», «posizione scomoda» e «intransigenza».
Così Spararla Grossa diventa una virtù agonistica che riempie i canali della comunicazione e li gonfia, che invade il linguaggio domestico e quello pubblico, che travolge gli argini come una esondazione lutulenta, diffondendo ovunque le immagini, i gesti e le parole di un nuovo Conformismo della Devianza Deluxe.
Ne consegue che la trasgressione autentica, quella dei veri e rari irregolari, come Elsa Morante e Pier Paolo Pasolini e, successivamente, Goffredo Fofi, Guido Ceronetti, Lea Melandri, Aldo Busi e Walter Siti (non me ne vengono in mente altri) viene sopraffatta dal gran vociare degli anticonformisti a rimborso spese. Professionisti della materia che coltivano la malacreanza intellettuale ed esistenziale con lo stesso compiacimento con cui, alle scuole medie, scrivevamo parolacce sulla lavagna.

“la Lettura - Corriere della Sera”, 5 maggio 2019

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