11.10.18

Desinenze in a. Tutta bona (e binidittu)

Campobello di Licata 1928 - La banda. Foto di Fausto Vella (particolare)

In paesi anche non lontani dal mio, Campobello di Licata, Tuttu bonu e binidittu è formula che esterna una lode al Signore, da usare quando si apprende una buona notizia o si vuol condividere la gioia di persone care. Ma il detto può anche esprimere rassegnazione di fronte a tutto ciò che accade o potrebbe accadere: si accetta la volontà di Dio, anche in contrasto con i nostri desideri e le nostre speranze, nella convinzione che - alla fine – ogni evento contribuisce a realizzare un disegno provvidenziale.
A Campobello l'espressione è adoperata solo in questo secondo significato, con un velo di ironia e quasi sempre per questioni di poco momento: per esempio quando un cliente paga praticandosi un piccolo sconto, o quando a cena si trova solo pane e formaggio, o quando a malincuore si accetta di fare qualcosa di arrischiato. Per di più l'espressione ha subìto una trasformazione, una sorta di femminilizzazione: è diventata Tutta bona e binidittu o anche Tutta bona binidittu e Tutta bona a binidittu. Nel detto deformato le parole in sé non hanno molto senso ed è solo il contesto a renderle significative: questo spiega le diverse varianti pur in un ambiente ristretto, ma sul genere femminile le desinenze in a non lasciano equivoci.
Resta da interrogarsi sull'origine di quella trasformazione, ove il “tutta bona” sembrerebbe alludere all'avvenenza di una donna. Congetturo una genesi burlesca, uno stravolgimento comico. Immagino un Benedetto che, in una osteria o in una casa di piacere, reclama per sé una partner in ogni parte piacente e immagino un successo, un diffondersi rapido della battutaccia che carnevalescamente mescola sacro e profano. Il tempo provvede a una progressiva sostituzione della forma primitiva con quella alterata, che tuttavia conserva qualcosa della sua origine scherzosa: non ringraziamento a Dio, ma ironica manifestazione di un rammarico. (S.L.L.)

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