Campobello di Licata 1928 - La banda. Foto di Fausto Vella (particolare) |
In paesi anche non lontani dal mio, Campobello di Licata, Tuttu
bonu e binidittu è formula che esterna una lode al Signore, da
usare quando si apprende una buona notizia o si vuol condividere la
gioia di persone care. Ma il detto può anche esprimere rassegnazione
di fronte a tutto ciò che accade o potrebbe accadere: si accetta la
volontà di Dio, anche in contrasto con i nostri desideri e le nostre
speranze, nella convinzione che - alla fine – ogni evento
contribuisce a realizzare un disegno provvidenziale.
A Campobello
l'espressione è adoperata solo in questo secondo significato, con un
velo di ironia e quasi sempre per questioni di poco momento: per
esempio quando un cliente paga praticandosi un piccolo sconto, o
quando a cena si trova solo pane e formaggio, o quando a malincuore
si accetta di fare qualcosa di arrischiato. Per di più l'espressione
ha subìto una trasformazione, una sorta di femminilizzazione: è diventata
Tutta bona e binidittu o
anche Tutta bona binidittu e
Tutta bona a binidittu. Nel
detto deformato le parole in sé non hanno molto senso ed è solo il
contesto a renderle significative: questo spiega le diverse varianti
pur in un ambiente ristretto, ma sul genere femminile le desinenze
in a non lasciano equivoci.
Resta da interrogarsi
sull'origine di quella trasformazione, ove il “tutta bona” sembrerebbe alludere all'avvenenza di una donna. Congetturo una genesi burlesca,
uno stravolgimento comico. Immagino un Benedetto che, in una osteria
o in una casa di piacere, reclama per sé una partner in ogni parte
piacente e immagino un successo, un diffondersi rapido della
battutaccia che carnevalescamente mescola sacro e profano. Il tempo
provvede a una progressiva sostituzione della forma primitiva con
quella alterata, che tuttavia conserva qualcosa della sua origine scherzosa: non ringraziamento a Dio, ma ironica manifestazione di un rammarico.
(S.L.L.)
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