3.10.18

Carceri in Umbria. Sulla pelle di tutti (“micropolis”, settembre 2018)

Il carcere di Sabbione, a Terni

È successo di nuovo, non è la prima e purtroppo non sarà l’ultima volta. Il 14 settembre un moldavo trentottenne, detenuto per furto, è stato trovato morto nel suo letto nel carcere di Sabbione a Terni.
A dare la notizia il segretario del Sappe, il sindacato autonomo degli agenti penitenziari, Donato Capece. Dal giorno successivo emergono sulla stampa interrogativi sul decesso: secondo la testimonianza di genitori ed amici il cadavere era ricoperto di lividi, con sangue che usciva da bocca e naso. Anche se i sanitari intervenuti hanno subito escluso cause violente, il magistrato ha disposto l’autopsia.
Una sollecitazione all’approfondimento delle cause della morte è venuto anche dalla presidentessa della Regione Marini, che invita a non dimenticare “gli ultimissimi”. Il primo riscontro (in attesa dei risultati degli esami tossicologici) ha escluso lesioni, e quindi allontanato l’ipotesi di morte violenta. Il garante regionale dei detenuti, Stefano Anastasia dopo aver visitato il penitenziario, ha raccontato che l’uomo soffriva di problemi di sa-lute. La direttrice del carcere Chiara Pellegrini assicura che “nel carcere ternano la vittima non ha subito alcun tipo di violenza ed è stato sottoposto a tutti i tratta-menti sanitari del caso”. E aggiunge: “Era un bravo ragazzo, si è sempre comportato bene ed aveva un buon rapporto con tutti”.
Fin qui i fatti: troppo pochi per ipotizzare paragoni con altre tragedie (Cucchi, Bianzino), abbastanza per ribadire la necessità di portare all’attenzione la drammatica realtà della condizione carceraria. Nel dare la notizia della morte del detenuto, Capece ha contestualmente denunciato la “terrificante” situazione sanitaria delle carceri, con una percentuale di detenuti malati compresa tra il 60 e l’80%. Un quadro più complessivo è contenuto nell’intervista al garante regionale Anastasia pubblicata su “micropolis” dello scorso luglio.
Ma c’è anche chi continua a far finta di niente, o peggio: il 13 settembre, un giorno prima dell’ennesima morte in galera, la Terza commissione del Consiglio regionale dell’Umbria ha discusso la proposta di modifica del testo unico di sanità (Lr 11/2015) volta ad “abolire la figura del Garante dei detenuti”. Secondo il proponente, il leghista Valerio Mancini, “La modifica farà risparmiare 17 mila euro, affidando i compiti in materia al magistrato di sorveglianza, che potrà svolgerli altrettanto bene”.
A certi paladini di “law and order” a senso unico farebbe bene andare a vedere - lo stanno facendo molte migliaia di persone in tutta Italia - Sulla mia pelle, il film di Alessio Cremonini che ricostruisce con sobrietà e senza alcun cedimento al sensazionalismo la vicenda di Stefano Cucchi. Da un lato si con-ferma come il carcere spesso e volentieri non risolva ma aggravi i problemi, approfondendo diseguaglianze e producendo emarginazione. Ma d’altra parte si capisce che la negazione dei diritti elementari, amplificata da routine burocratiche e malintese solidarietà di corpo, che ha portato all’assurda fine del geometra romano potrebbe capitare a chiunque si trovi - per i più diversi motivi - alle prese col sistema carcerario.

Dalla rubrica Il fatto. Articolo non firmato.

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