Il carcere di Sabbione, a Terni |
È successo di nuovo, non
è la prima e purtroppo non sarà l’ultima volta. Il 14 settembre
un moldavo trentottenne, detenuto per furto, è stato trovato morto
nel suo letto nel carcere di Sabbione a Terni.
A dare la notizia il
segretario del Sappe, il sindacato autonomo degli agenti
penitenziari, Donato Capece. Dal giorno successivo emergono sulla
stampa interrogativi sul decesso: secondo la testimonianza di
genitori ed amici il cadavere era ricoperto di lividi, con sangue che
usciva da bocca e naso. Anche se i sanitari intervenuti hanno subito
escluso cause violente, il magistrato ha disposto l’autopsia.
Una sollecitazione
all’approfondimento delle cause della morte è venuto anche dalla
presidentessa della Regione Marini, che invita a non dimenticare “gli
ultimissimi”. Il primo riscontro (in attesa dei risultati degli
esami tossicologici) ha escluso lesioni, e quindi allontanato
l’ipotesi di morte violenta. Il garante regionale dei detenuti,
Stefano Anastasia dopo aver visitato il penitenziario, ha raccontato
che l’uomo soffriva di problemi di sa-lute. La direttrice del
carcere Chiara Pellegrini assicura che “nel carcere ternano la
vittima non ha subito alcun tipo di violenza ed è stato sottoposto a
tutti i tratta-menti sanitari del caso”. E aggiunge: “Era un
bravo ragazzo, si è sempre comportato bene ed aveva un buon rapporto
con tutti”.
Fin qui i fatti: troppo
pochi per ipotizzare paragoni con altre tragedie (Cucchi, Bianzino),
abbastanza per ribadire la necessità di portare all’attenzione la
drammatica realtà della condizione carceraria. Nel dare la notizia
della morte del detenuto, Capece ha contestualmente denunciato la
“terrificante” situazione sanitaria delle carceri, con una
percentuale di detenuti malati compresa tra il 60 e l’80%. Un
quadro più complessivo è contenuto nell’intervista al garante
regionale Anastasia pubblicata su “micropolis” dello scorso
luglio.
Ma c’è anche chi
continua a far finta di niente, o peggio: il 13 settembre, un giorno
prima dell’ennesima morte in galera, la Terza commissione del
Consiglio regionale dell’Umbria ha discusso la proposta di modifica
del testo unico di sanità (Lr 11/2015) volta ad “abolire la figura
del Garante dei detenuti”. Secondo il proponente, il leghista
Valerio Mancini, “La modifica farà risparmiare 17 mila euro,
affidando i compiti in materia al magistrato di sorveglianza, che
potrà svolgerli altrettanto bene”.
A certi paladini di “law
and order” a senso unico farebbe bene andare a vedere - lo stanno
facendo molte migliaia di persone in tutta Italia - Sulla mia
pelle, il film di Alessio Cremonini che ricostruisce con sobrietà
e senza alcun cedimento al sensazionalismo la vicenda di Stefano
Cucchi. Da un lato si con-ferma come il carcere spesso e volentieri
non risolva ma aggravi i problemi, approfondendo diseguaglianze e
producendo emarginazione. Ma d’altra parte si capisce che la
negazione dei diritti elementari, amplificata da routine burocratiche
e malintese solidarietà di corpo, che ha portato all’assurda fine
del geometra romano potrebbe capitare a chiunque si trovi - per i più
diversi motivi - alle prese col sistema carcerario.
Dalla rubrica Il fatto. Articolo non firmato.
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