Carlo Smuraglia con il presidente Mattarella |
Se non ne conoscessimo il
carattere profondamente laico, verrebbe da pensare che Carlo
Smuraglia abbia fatto il proverbiale patto col diavolo: elegante nei
modi e preciso nelle osservazioni, non dimostra davvero i suoi
novantacinque anni. Tranne forse nel tono con cui risponde alle
domande: quello di uno che le cose può osservarle da una prospettiva
lunghissima e ricca di esperienze importanti.
Brillante studente di
giurisprudenza a Pisa, piantò tutto dopo l’otto settembre per
arruolarsi nel Corpo italiano di liberazione: ripresi gli studi alla
fine della guerra, intraprese una carriera che lo portò dalla
professione legale alla docenza universitaria e poi agli incarichi di
consigliere regionale (col Pci) e di parlamentare (col Pds-Ds).
Come presidente
dell’Anpi gli è toccato in questi ultimi anni il difficile
incarico di gestirne il passaggio da associazione di ex-combattenti a
struttura aperta agli antifascisti di ogni età. Concluso il suo
compito si è dimesso lo scorso novembre, “perché pensavo che non
fosse giusto che l’Anpi, che ora è piena di giovani, avesse un
presidente così anziano”: ma, data l’importanza della sua
figura, gli è stato attribuito il titolo di presidente emerito. Lo
abbiamo brevemente intervistato in occasione del convegno del 13
settembre, di cui parliamo in questa stessa pagina.
Nel periodo in cui ha
diretto l’Anpi che differenza sentiva rispetto al lavoro dei suoi
predecessori? Le sue responsabilità le sono sembrate diverse?
La differenza è che noi
abbiamo avuto nel 2006 l’intuizione, secondo me felice, di aprire
l’Anpi, in cui prima poteva entrare solo chi aveva fatto la
Resistenza, anche a chi chiedesse di iscriversi dichiarando di essere
antifascista e di riconoscersi nelle finalità statutarie
dell’associazione. È una cosa che abbiamo fatto non solo perché
pensavamo che un bel giorno inesorabilmente i partigiani sarebbero
finiti (e quindi non c’era ricambio), ma anche perché si pensava
che ci volesse una ventata d’aria nuova. Così è stato: abbiamo
avuto molti nuovi iscritti, anche giovani. La ventata nuova ha
portato di conseguenza un certo cambiamento all’interno dell’Anpi,
nel senso che prima eravamo tutti persone che avevano fatto la
Resistenza: ci riconoscevamo a uno sguardo, certe regole erano
implicite. Dopo si sono iscritti in molti che venivano da partiti, da
altre associazioni eccetera, quindi questa differenza si è
particolarmente accentuata. Io dicevo sempre: “Invidio molto il
presidente storico Boldrini, che ha presieduto l’Anpi per tanti
anni, perché doveva avere meno grane di quante ne ho avute io”;
nel senso che adesso c’erano più problemi all’interno. Problemi
risolvibili, però è stata necessaria molta attenzione.
Un problema che ha
dovuto affrontare di frequente, per esempio, quale è stato?
Il problema del rapporto
fra i giovani e la parte più anziana dell’associazione;
soprattutto di con-vincerli, i giovani, a conoscere bene, non
avendola fatta, che cosa era stata la Resistenza, al di là dei
discorsi ufficiali: conoscere il pluralismo della Resistenza è
importante e formativo.
Che cos’è che porta
tante persone di età giovane ad iscriversi ad una associazione come
questa, secondo lei?
Secondo me il fatto che,
essendo venute via molte ideologie ed essendoci una caduta di fiducia
nei partiti e anche in alcune associazioni, l’Anpi appare ancora
salda, ancorata ai princìpi del suo statuto e della Costituzione.
Sono due cose che portano riferimento; e questo a molti piace. Certo
alcuni più pessimisti dicono “questa è l’ultima spiaggia”, io
non sono d’accordo, dico “sì, però è una spiaggia di cui avere
cura!” Nel senso che io credo che di valori e di princìpi ci sia
molto bisogno nella società di oggi.
Proviamo a dare
un’occhiata al campo opposto. Le associazioni o i gruppi che
attualmente si richiamano al fascismo, per lei sono in continuità
con il fascismo storico o sono un fenomeno a parte? Sono diversi dai
fascisti che ha conosciuto lei?
Mah, io i fascisti li ho
conosciuti in modo un po’ particolare, nel senso che fino ai
vent’anni io ho vissuto nel fascismo. A vent’anni ho dovuto
scegliere e ho scelto la Resistenza, e da quel momento li ho visti
come nemici. Quanto a questi… Alcuni, parliamo delle associazioni
più tradizionali, sono semplicemente nostalgici; altri invece sono
in cerca di qualche idea forte: l’idea dell’uomo forte, l’idea
di qualcuno che comanda tutto e tutti, a loro piace ancora: e questi
sono solo tradizionalisti. Però il fascismo è un concetto molto
cambiato in questi ultimi periodi, soprattutto nell’epoca più
recente. Oggi i fascisti non sono solo e tanto quelli delle
formazioni tradizionali, cioè Forza nuova, Casa Pound eccetera: sono
quelli che credono di non essere fascisti, ma nell’anima lo sono.
Perché il fascismo che cos’è? È negazione della libertà,
contrasto della democrazia, è negazione della solidarietà e
dell’uguaglianza, cioè il contrario delle nostre scelte.
Ultima domanda: a suo
tempo, quando ha dovuto decidere con chi schierarsi, perché ha
scelto per questa parte anziché per quell’altra? Tanto più che,
come ha ricordato poco fa, lei nel fascismo c’era cresciuto e
grossi riferimenti alternativi non poteva averne?
Non potevo averne, non
avevo quindi un’ideologia alle spalle; è stato per un’esigenza
che secondo me un giovane dovrebbe avere naturalmente, cioè quella
dell’amore per la libertà. Mi trovavo tra due cose che io non
potevo ancora definire (non sapevo cosa sarebbe stata la Resistenza e
non sapevo cosa avrebbero fatto i fascisti, la Repubblica sociale è
venuta dopo), però il punto fondamentale è che da una parte c’era
la libertà e con lei la battaglia per conquistarla, mentre
dall’altra parte…. Io ripeto sempre che la mia scelta è stata
velocissima, molto rapida, non ho esitato molto. Studiavo alla Scuola
normale Superiore di Pisa, ci stavo bene, mi dispiaceva lasciarla,
però… Questa esigenza istintiva di libertà io credo che dovrebbe
essere comune a tutti. A una giovinetta che l’altro ieri, in un
posto in Toscana in cui avevo fatto un discorso sulla Costituzione,
alla fine si è avvicinata e mi ha chiesto “ma secondo lei cosa è
la libertà?” io ho risposto che la libertà è il fondamento di
tutto, senza la libertà non c’è uguaglianza, non c’è dignità,
non c’è il valore della personalità. La libertà è tutto.
“micropolis”,
settembre 2018
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