David Niven nel ruolo di Phileas Fogg |
“Nell’anno 1872, la
casa al numero 7 di Saville Row, Burlington Gardens, abitava...”
quello che è diventato un prototipo dei viaggiatori moderni, il
gentleman Phileas Fogg, che da lì a poco, avrebbe iniziato per
scommessa il suo Giro del Mondo in Ottanta Giorni. Di Fogg
Jules Verne ci dice che assomigliava a Byron ma che poi, tutto
sommato, non aveva particolari doti se non quella di essere socio di
un animato Reform Club. Oggi, ai nostri occhi, Fogg sembra più
vicino a un concorrente del Camel Trophy che non ai desideri di
esperienza dei saccopelisti o ai viaggi al sud delle romantiche donne
inglesi. Fogg attraversa il mondo come una sega il legno, il suo
stesso aiutante Passepartout lo definisce “una macchina”. Non che
Fogg, nella sua corsa, non si renda conto della varietà del mondo.
Nel VII capitolo “si testimonia dell’inutilità dei passaporti”
solo che poi, nel XIV, “scende giù per tutta la valle del Gange
senza neanche sognarsi di guardarla.” L’ideale per Fogg sono
poche barriere doganali, treni e aerei puntuali, e poco tempo da
perdere per commuoversi alla vista di una violetta sul ciglio della
strada.
“Leggere” n.7
dicembre 1988 – gennaio 1989
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