Perugia. Le scalette di Sant'Ercolano |
■ PERUGIA.
Clara Sereni è nata a
Roma, dove ha vissuto sino a quando, tre anni fa, ha deciso di venire
a vivere (e a scrivere) a Perugia. Qui è andata ad abitare in un
condominio attaccato proprio al settore 11 del grande parcheggio
cittadino di piazza Partigiani: come chi non vuole impiantare solide
radici e si lascia aperta una via per la ritirata improvvisa. In
realtà Perugia - si direbbe - ormai l'ha conquistata completamente.
E dovendo parlare di un luogo di questa, che sta diventando sempre di
più la «sua» città, la scrittrice sceglie la via e la chiesa di
Sant'Ercolano, un angolo escluso dai tradizionali itinerari
turistici.
Clara Sereni |
Ripercorriamo cosi con
lei la strada in salita, che dal parcheggio porta verso la città
alta, passando all'interno dell'antica Perugia, quel quarto di città
inglobata nel 1543 all'interno della monumentale Rocca Paolina. Un
percorso nel ventre delle mura, che immette a sorpresa nel cuore del
centro cittadino. Da lì ci incamminiamo per via Oberdan, giungendo
al sommo della scalinata di via Sant'Ercolano. «È la strada che ho
sempre fatto per venire a trovare una mia amica romana, sposata con
un perugino, che abitava al numero 8» ci racconta l'autrice di
Manicomio primavera e del Gioco dei regni. «Per questo
ha rappresentato il mio primo approccio con la città, ancora prima
che ci venissi ad abitare. Il resto della strada, la Porta Cornea e
la chiesa di Sant'Ercolano che si trova alla fine della ripida
discesa - tutto ciò che c'è oltre il numero civico 8 - l’ho
scoperto solo dopo». Aggiunge: «È d'altronde una via che il
passaggio sotterraneo sulla scala mobile all'interno della Rocca,
chiamiamolo ''metrò" perugino, ha tagliato fuori dai percorsi
usuali che portano in alto, in centro. Ed è una strada che io, come
molti altri immagino, percorro solo in un senso, in discesa. Per
risalire si usa la scala mobile del parcheggio».
Certo è una classica,
tortuosa via medievale. C’è la Porta Cornea, o Porta Berarda, con
l'arco gotico che si innesta su stipiti etruschi. E alla fine la
bella chiesa trecentesca, gotica pure essa. Però Perugia ha
monumenti di ben altro rilievo storico-artistico... «Ma questa
scalinata è emblematica per Perugia» ribatte Clara Sereni. «Perché
è una strada molto vissuta, è molto salotto, o meglio soggiorno,
per la città. Però è anche impervia, dura da salire. Questa
scalinata, mi sembra, rispecchia le due facce di una città che ha
delle sue forme di convivialità rispetto al forestiero o al nuovo
cittadino; ma, insomma, stando sempre un po' sulle sue. L'altra cosa
che me la fa amare molto è l'andamento che nel suo snodarsi in più
curve fa si che da nessun punto tu possa vedere insieme i due
estremi, l’inizio e la fine».
Una visione sempre
parziale, una strada che vivi per attimi successivi, parcellizzati, e
mai tutta d'un fiato, d'infilata. «Ma questo rientra un po' nello
spirito dell'Umbria, dove non trovi quasi mai, come accade ad esempio
nella piazza toscana, il palazzo del comune e la cattedrale uno
davanti all’altra: potere temporale e religioso che si
fronteggiano, facciata contro facciata. In Umbria queste entità
architettoniche e politiche si pongono sempre sghembe, come se
facessero una piccola mossa per dare le spalle all’altra, per
snobbarla» osserva Clara Sereni.
La bellezza di questi
tracciati urbani deriva anche dal fatto che non sono stati disegnati
come una linea sul foglio. Sono sorti spontanei nel corso dei secoli,
mutando aspetto con il rinnovarsi delle case e dei palazzi. E ognuna
di queste abitazioni è stata protagonista di storie grandi e
piccole. "Un'altra cosa che mi piace della via è questo palazzo
rosso» dice ora la scrittrice. «Prima era un albergo: mi sembra che
vi si fermò anche Goethe. Ho saputo che nel 1859 vi soggiornò una
famigliola di americani che il 20 giugno assistette all'insurrezione
del popolo contro il dominio papale. Il borgo 20 giugno è tuttora, e
stranamente, una zona popolare e anticlericale, tanto che quando è
venuto di recente il pontefice a Perugia lì hanno organizzato una
contro-manifestazione. Ebbene questi americani scrissero a casa
raccontando della repressione delle truppe pontificie che avevano
soffocato in un bagno di sangue la rivolta. Così, sembra, fu grazie
a queste lettere, scritte da testimoni casuali e inconsapevoli, che
la notizia arrivò ai giornali annullando il tentativo del potere
papalino di mettere tutto a tacere».
Siamo arrivati alla fine
della discesa, dove la strada pedonale di Sant'Ercolano si immette
nel trafficato viale Indipendenza. Sull'angolo si trova la bella
chiesa gotica dedicata a questo santo locale. «Nel 548 d.C. - ci
racconta ora Sereni - la città era cinta d’assedio dai, goti del
re Totila e la popolazione ridotta ormai allo stremo. Ercolano,
vescovo della città, tra lo stupore generale degli affamati
concittadini, ordinò che l'ultimo sacco di grano venisse dato in
pasto all'ultimo vitello rimasto. E poi fece uscire dalle mura la
bestia che venne subito presa e squartata dagli assalitori. I barbari
avrebbero dovuto desistere dall'assedio, immaginando di chissà quali
provviste fossero ancora in possesso i perugini se potevano
permettersi di rimpinzare un bue col grano. Però i barbari non
caddero nel tranello se è vero che - come descrivono le tele
seicentesche di Mattia Salvucci poste sopra l'altare .della
chiesa,poi entrarono,nella città e decapitarono il vescovo.
Comunque Ercolano, martire, fu fatto santo. A me ha sempre colpito il
fatto che non lo sia diventato perché aveva prodotto un miracolo
“miracoloso”; non moltiplicò il grano e i vitelli. In realtà è
una sorta di Ulisse in sedicesimo, uno furbetto insomma. Quest'anima
sostanzialmente laica del santo mi piace molto». .
Fine dell'intervista e
della visita guidata. Ma «ci sono altre due cose» aggiunge Clara
Sereni «che mi hanno sempre colpito di questa strada: la prima è
che qui. ma non so bene dove, sino al 1901 si riuniva una ricca
confraternita laicale che, tra le altre cose, si prendeva cura del
manicomio. E io sono venuta a Perugia per occuparmi dello stesso
argomento. La seconda è che qui, proprio davanti all'edicola, quando
giunsi in città per la prima volta, di novembre, sentii l'odore del
forno a legna, che è una cosa che mi commuove molto. Penso di
rimanere ad abitare a Perugia e siccome, per varie ragioni, ho
cominciato a fare il pane, cercherò una casa col forno a legna».
"l'Unità", 15 agosto 1994
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