2.12.18

“C'era una volta un piccolo Ulisse”. La Perugia di Clara Sereni (Carlo Alberto Bucci, 1994)

Perugia. Le scalette di Sant'Ercolano

PERUGIA.
Clara Sereni è nata a Roma, dove ha vissuto sino a quando, tre anni fa, ha deciso di venire a vivere (e a scrivere) a Perugia. Qui è andata ad abitare in un condominio attaccato proprio al settore 11 del grande parcheggio cittadino di piazza Partigiani: come chi non vuole impiantare solide radici e si lascia aperta una via per la ritirata improvvisa. In realtà Perugia - si direbbe - ormai l'ha conquistata completamente. E dovendo parlare di un luogo di questa, che sta diventando sempre di più la «sua» città, la scrittrice sceglie la via e la chiesa di Sant'Ercolano, un angolo escluso dai tradizionali itinerari turistici.
Clara Sereni
Ripercorriamo cosi con lei la strada in salita, che dal parcheggio porta verso la città alta, passando all'interno dell'antica Perugia, quel quarto di città inglobata nel 1543 all'interno della monumentale Rocca Paolina. Un percorso nel ventre delle mura, che immette a sorpresa nel cuore del centro cittadino. Da lì ci incamminiamo per via Oberdan, giungendo al sommo della scalinata di via Sant'Ercolano. «È la strada che ho sempre fatto per venire a trovare una mia amica romana, sposata con un perugino, che abitava al numero 8» ci racconta l'autrice di Manicomio primavera e del Gioco dei regni. «Per questo ha rappresentato il mio primo approccio con la città, ancora prima che ci venissi ad abitare. Il resto della strada, la Porta Cornea e la chiesa di Sant'Ercolano che si trova alla fine della ripida discesa - tutto ciò che c'è oltre il numero civico 8 - l’ho scoperto solo dopo». Aggiunge: «È d'altronde una via che il passaggio sotterraneo sulla scala mobile all'interno della Rocca, chiamiamolo ''metrò" perugino, ha tagliato fuori dai percorsi usuali che portano in alto, in centro. Ed è una strada che io, come molti altri immagino, percorro solo in un senso, in discesa. Per risalire si usa la scala mobile del parcheggio».
Certo è una classica, tortuosa via medievale. C’è la Porta Cornea, o Porta Berarda, con l'arco gotico che si innesta su stipiti etruschi. E alla fine la bella chiesa trecentesca, gotica pure essa. Però Perugia ha monumenti di ben altro rilievo storico-artistico... «Ma questa scalinata è emblematica per Perugia» ribatte Clara Sereni. «Perché è una strada molto vissuta, è molto salotto, o meglio soggiorno, per la città. Però è anche impervia, dura da salire. Questa scalinata, mi sembra, rispecchia le due facce di una città che ha delle sue forme di convivialità rispetto al forestiero o al nuovo cittadino; ma, insomma, stando sempre un po' sulle sue. L'altra cosa che me la fa amare molto è l'andamento che nel suo snodarsi in più curve fa si che da nessun punto tu possa vedere insieme i due estremi, l’inizio e la fine».
Una visione sempre parziale, una strada che vivi per attimi successivi, parcellizzati, e mai tutta d'un fiato, d'infilata. «Ma questo rientra un po' nello spirito dell'Umbria, dove non trovi quasi mai, come accade ad esempio nella piazza toscana, il palazzo del comune e la cattedrale uno davanti all’altra: potere temporale e religioso che si fronteggiano, facciata contro facciata. In Umbria queste entità architettoniche e politiche si pongono sempre sghembe, come se facessero una piccola mossa per dare le spalle all’altra, per snobbarla» osserva Clara Sereni.
La bellezza di questi tracciati urbani deriva anche dal fatto che non sono stati disegnati come una linea sul foglio. Sono sorti spontanei nel corso dei secoli, mutando aspetto con il rinnovarsi delle case e dei palazzi. E ognuna di queste abitazioni è stata protagonista di storie grandi e piccole. "Un'altra cosa che mi piace della via è questo palazzo rosso» dice ora la scrittrice. «Prima era un albergo: mi sembra che vi si fermò anche Goethe. Ho saputo che nel 1859 vi soggiornò una famigliola di americani che il 20 giugno assistette all'insurrezione del popolo contro il dominio papale. Il borgo 20 giugno è tuttora, e stranamente, una zona popolare e anticlericale, tanto che quando è venuto di recente il pontefice a Perugia lì hanno organizzato una contro-manifestazione. Ebbene questi americani scrissero a casa raccontando della repressione delle truppe pontificie che avevano soffocato in un bagno di sangue la rivolta. Così, sembra, fu grazie a queste lettere, scritte da testimoni casuali e inconsapevoli, che la notizia arrivò ai giornali annullando il tentativo del potere papalino di mettere tutto a tacere».
Siamo arrivati alla fine della discesa, dove la strada pedonale di Sant'Ercolano si immette nel trafficato viale Indipendenza. Sull'angolo si trova la bella chiesa gotica dedicata a questo santo locale. «Nel 548 d.C. - ci racconta ora Sereni - la città era cinta d’assedio dai, goti del re Totila e la popolazione ridotta ormai allo stremo. Ercolano, vescovo della città, tra lo stupore generale degli affamati concittadini, ordinò che l'ultimo sacco di grano venisse dato in pasto all'ultimo vitello rimasto. E poi fece uscire dalle mura la bestia che venne subito presa e squartata dagli assalitori. I barbari avrebbero dovuto desistere dall'assedio, immaginando di chissà quali provviste fossero ancora in possesso i perugini se potevano permettersi di rimpinzare un bue col grano. Però i barbari non caddero nel tranello se è vero che - come descrivono le tele seicentesche di Mattia Salvucci poste sopra l'altare .della chiesa,poi entrarono,nella città e decapitarono il vescovo. Comunque Ercolano, martire, fu fatto santo. A me ha sempre colpito il fatto che non lo sia diventato perché aveva prodotto un miracolo “miracoloso”; non moltiplicò il grano e i vitelli. In realtà è una sorta di Ulisse in sedicesimo, uno furbetto insomma. Quest'anima sostanzialmente laica del santo mi piace molto». .
Fine dell'intervista e della visita guidata. Ma «ci sono altre due cose» aggiunge Clara Sereni «che mi hanno sempre colpito di questa strada: la prima è che qui. ma non so bene dove, sino al 1901 si riuniva una ricca confraternita laicale che, tra le altre cose, si prendeva cura del manicomio. E io sono venuta a Perugia per occuparmi dello stesso argomento. La seconda è che qui, proprio davanti all'edicola, quando giunsi in città per la prima volta, di novembre, sentii l'odore del forno a legna, che è una cosa che mi commuove molto. Penso di rimanere ad abitare a Perugia e siccome, per varie ragioni, ho cominciato a fare il pane, cercherò una casa col forno a legna».

"l'Unità", 15 agosto 1994

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