12.1.19

1947. Perché Stalin creò Israele (Paolo Rastelli)

Ben Gurion e Stalin

«Durante l'ultima guerra il popolo ebraico ha patito tremende e indescrivibili sofferenze… Il fatto che nessuno Stato dell'Europa occidentale sia stato capace di garantire i diritti elementari del popolo ebraico e di proteggerlo dalla violenza fascista, spiega il desiderio degli ebrei di costituirsi uno Stato proprio. Sarebbe ingiusto non prendere in considerazione questa circostanza e negare al popolo ebraico il diritto a realizzare le proprie aspirazioni… ». A pronunciare questo discorso appassionato a favore del diritto degli ebrei di costituire un proprio Stato in Palestina fu Andrej Gromyko, rappresentante permanente alle Nazioni Unite e viceministro degli Esteri dell'Unione Sovietica. Era il 4 maggio 1947 e l'Urss, vittoriosa nella Seconda guerra mondiale e già impegnata nel confronto con l'Occidente, aveva identificato nel Medio Oriente, ancora nella sfera di influenza di una debolissima Gran Bretagna, uno dei settori in cui misurarsi con gli ex alleati. Sia Londra sia gli Stati Uniti, un po' per gli interessi petroliferi in comune con i governi arabi, un po' per i tradizionali (e romantici) legami che soprattutto gli inglesi, da Lawrence d'Arabia in poi, avevano con le monarchie della regione, un po' per la diffidenza che gli ebrei palestinesi imbevuti di socialismo ispiravano al dipartimento di Stato di Washington, non erano affatto favorevoli alle aspirazioni sioniste. E così Mosca fece la scelta opposta.
Per chi è nato nel dopoguerra ed è cresciuto leggendo sui giornali dei grandi scontri arabo- israeliani, soprattutto quelli del 1967 e del 1973, è difficile pensare che ci sia stato un momento storico in cui Usa e Urss avevano ruoli opposti rispetto a quelli tradizionali di sponsor, rispettivamente, di ebrei e arabi. Eppure la grande mole di documenti, alcuni dei quali inediti, raccolti dal giornalista e storico russo Leonid Mlecin nel libro Perché Stalin creò Israele (Sandro Teti Editore, pp. 207, e 17, a cura di Luciano Canfora, introduzione di Enrico Mentana, traduzione di Svetlana Solomonova) non lasciano ombra di dubbio. Il georgiano di Mosca, mentre in patria perseguitava gli ebrei (e le altre nazionalità) in nome della russificazione dell'Urss, sulla scena internazionale fu «l'ostetrico» che fece nascere Israele: furono Urss, Ucraina, Bielorussia, Polonia e Cecoslovacchia, nella votazione definitiva all'Onu, a far pendere la bilancia a favore della spartizione della Palestina in due Stati autonomi, uno ebreo e l'altro arabo. E fu Stalin a consentire a Praga, appena entrata nell'orbita sovietica, di vendere armi moderne all'Haganah, in netta inferiorità di fronte agli eserciti arabi nella guerra del 1948. «Oggi non ho più dubbi: lo scopo dei sovietici era estromettere l'Inghilterra dal Medio Oriente», scrisse Golda Meir, ambasciatore a Mosca, poi ministro degli Esteri e infine primo ministro di Israele.
La rottura tra Tel Aviv e Mosca arrivò poco dopo la vittoria degli eserciti ebraici e l'affermazione definitiva di Israele, e fu rapida, come racconta Mlecin: Stalin, sempre a caccia di nemici interni nell'orwelliana ossessione di tenere il suo popolo in perenne stato d'assedio per compattarne la volontà antioccidentale, lanciò la sua campagna contro «la cricca» dei medici ebrei e aumentò le restrizioni all'emigrazione degli ebrei sovietici. La stampa israeliana lo attaccò duramente, nonostante la prudenza del governo di Tel Aviv. Ma Stalin, semplicemente, non poteva concepire l'idea di una stampa libera e vide dietro gli attacchi la mano di Ben Gurion e dei suoi. Poi ci fu un attentato all'ambasciata sovietica di Tel Aviv, la rottura delle relazioni diplomatiche e lo scivolamento di Israele nell'orbita americana. I diplomatici israeliani lasciarono Mosca il 20 febbraio 1953. Pochi giorni dopo Stalin moriva. Ma la frattura tra Israele e l'Urss non venne più ricomposta.

Corriere della Sera 10 gennaio 2009

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