Manuela Terracciano |
Il patriarca del clan camorristico Terracciano Salvatore, detto O’ Nirone, può essere orgoglioso di come i figli hanno seguito il suo esempio ed esibire curricula malavitosi di tutto rispetto per ognuno dei 71 membri della famiglia, donne comprese.
Una storia esemplare la loro, da studiare per comprendere i meccanismi di conquista del territorio delle mafie. Già i sette decreti di confisca emessi dal Tribunale di Prato nei primi giorni del mese la dicono lunga sulla potenza del clan. Confiscati beni per 14 milioni di euro tra cui 17 aziende, 25 immobili disseminati tra Toscana e Umbria.
Emblematica e istruttiva la loro storia. Originari del comune vesuviano di Pollena Trocchia, i Terracciano esercitano la loro influenza nei quartieri spagnoli di Napoli: usura, droga, prostituzione, riciclaggio. Poi l’alleanza con la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo nella seconda metà degli anni ‘80, le condanne e il soggiorno obbligato in Toscana. Il clan si trasferisce in massa nell’Italia centrale al seguito dei confinati ed in venti anni riesce a mettere in piedi un impero. Una catena di pizzerie, la Sancho Panza e una di ristoranti, la Don Chisciotte, locali notturni, una scuderia di cavalli da corsa. Tra gli immobili e i terreni ci sono quelli di San Secondo nel comune di Città di Castello di cui abbiamo già scritto al momento del sequestro.
Più che di infiltrazioni mafiose siamo di fronte ad un controllo di zone sempre più vaste del territorio. Come ha sottolineato l’attuale procuratore nazionale antimafia Giusto Sciacchitano l’Italia centrale è zona ideale “per l’insediamento soft di associazioni criminali che riescono ad infiltrarsi nel tessuto economico finanziario utilizzando la realtà imprenditoriale presente nel territorio”.
Parole che suonano da monito per le amministrazioni locali che dopo una curiosità iniziale sembrano aver lasciato il campo al contrasto delle attività mafiose ad una improvvisata pubblicistica della domenica.
Monitoraggio del territorio, segnalazione di operazioni sospette alle forze dell’ordine ma anche maggior impegno nel pronto riutilizzo sociale dei beni confiscati. Le mafie compiono crimini per arricchirsi e il deterrente maggiore nei loro confronti è la sottrazione di ogni bene illecito.
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