Fin dall’età che per
gli altri ragazzi è destinata ai giuochi dell’infanzia, si
rivelarono in Wagner la passione per l’arte e per la gloria, e il
tratto caratteristico della impossibilità di battere la via comune,
di assoggettarsi alle leggi stabilite. Spirito fantastico, dominato
da un misticismo esagerato, «faceva dei sogni in pieno giorno»,
scrive egli stesso, «durante i quali la nota fondamentale, le terze
e le quinte mi apparivano in persona e mi rivelavano la loro
significazione importante». A 17 anni compone un’ouverture
a tessuto complicatissimo, e la scrive con tre inchiostri differenti,
pei vari strumenti. Anche il suo egocentrismo è dimostrato dalla sua
relazione con Meyerbeer, e con molti amici. La violenza delle sue
emozioni è rivelata dall’importanza che attribuiva alle critiche
altrui: «Mi si lodi, o mi si biasimi - scriveva - è come mi si
pugnalassero le intestina».
Agilissimo, saliva sugli
alberi più alti del giardino, ed era vanitosissimo della sua
agilità. Nei momenti di eccitamento sembrava in preda alle febbre;
tutto pieno di fuoco, incapace di star fermo, saltava, si dimenava,
agitava a destra e a sinistra le sue braccia di ragno; le parole
uscivano dalla sua bocca a fiotti, disordinate; sempre furioso,
sempre in attitudine, scrive il Tissot, di battersi, di predicare una
crociata. Incontrato un amico che da gran tempo non aveva veduto, si
mise per la gioia col capo in basso ed i piedi in alto. Vero
zoofilomaniaco ebbe amicissimi 13 cani, a molti dei quali elevò
tombe: né se ne privò anche quando versava nella massima miseria.
Odiava (vere fobie) la
barba, gli occhiali, i velluti, i merletti, e amava i vecchi vestiti
che ricomprava dai servi (Kienz, Deutsche revue, 1900). Soffrì
spesso di cefalea: «I miei nervi -scrive - sono sempre eccitati e
stanchi, mai in riposo: il mio male è incurabile». Talora, invece,
ha periodi di euforia, e gode di un’ebbrezza eterea in confronto
alla quale l’eccitazione del vino gli pare infinitamente
grossolana. Uno dei suoi tratti caratteristici fu l’instabilità
delle idee e della condotta, rivelata specialmente dalle sue opinioni
politiche e dai suoi atti, come pure dai viaggi frequentissimi spesso
fatti senza alcuna necessità. Caratteri dominanti erano pure il
bisogno di esteriorità e l’imprevidenza per la ricerca dei mezzi
di sussistenza.
Andò soggetto a vere
assenze, di cui una descritta in modo tipico dal Nouffiard. Ebbe,
secondo il Nisbet, accessi epilettici prima di morire. Il rapporto
tra l’ispirazione generale e l’accesso epilettico appare alle
parole stesse di Wagner sul suo estro: «I miei occhi si oscurano, il
mondo mortale scompare, e l’ispirazione di espande in lacrime
divine». Anche la sua amicizia per Luigi II di Baviera, «il re
psicopatico, lipemaniaco», dimostra l’affinità elettiva.
Da Nuovi Studi sul
genio (1902) – in “La Stampa”, 3 aprile 2008
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