Articolo
curioso questo di Rodolfo Pagnini su “l'Unità”. Il passaggio
sulla fisionomia “maschia e autoritaria” contrapposta al molle,
fllaccido e lezioso è rivelatore di quanto sia durato il “machismo”
fascista nel linguaggio (e forse non solo nel linguaggio) del
giornalismo sportivo e di come esso passi senza proteste perfino su
un quotidiano come “l'Unità”. Per la precisione va ricordato che
Pagnini, pur essendo nel Sessantotto tra i critici più fieri del
mago Herrera, era notoriamente un interista. (S.L.L.)
La sentenza senza più
appello della CAF (la «Cassazione del Calcio italiano») contraria
all'Inter ha ufficialmente sancito il trionfo del Milan con quattro
giornate di anticipo sul termine del campionato. È il nono scudetto
che viene ad onorare il club rossonero e giunge dopo sei anni di
astinenza, anzi, di vere e proprie tribolazioni, se si pone mente
all'infausta gestione Riva che gettò il Milan sull’orlo del
fallimento tecnico e societario.
Un giovane presidente.
Franco Carraro. e un vecchio «lupo di mare», Nereo Rocco sono
riusciti a fare del Milan un modello d'organizzazione, di serietà,
di unità d’intenti, a dargli una fisionomia precisa, maschia,
autoritaria. Può sembrare quasi un miracolo se ci si ricorda il
Milan molle, flaccido, disarticolato e lezioso delle scorse stagioni,
ma non si tratta di un miracolo: la «svolta» del Milan non si è
concretizzata per virtù taumaturgiche, bensì per la dura
.appassionata, meticolosa applicazione dei suoi dirigenti, del suo
allenatore, dei suoi giocatori.
Nereo Rocco merita il più
vivo plauso per come ha condotto la sua campagna: nessuna
dichiarazione roboante, obbedienza alla realtà, atteggiamenti
sereni, improntati alla modestia e perciò tali da ingenerare attorno
al Milan quella simpatia che, al contrario, attorno all'lnter si
trasforma quasi sempre in antipatia. E non per colpa di Mazzola,
Burgnich, Facchetti, Sarti, Corso e Suarez, che rimangono campioni e
come tali tengono riconosciuti «coram populi», ma perchè Helenio
Herrera sembra quasi farsi un punto d'onore di avvelenare il clima
della squadra con proclami dittatoriali, dichiarazioni avventate,
sciocche profezie di trionfi propri e disgrazie altrui che
immancabilmente, si ritorcono contro il “mago”, alla maniera dei
«boomerang».
Il successo finale del
Milan non si discute, certo: è farina del suo sacco. Ma è indubbio
che l'Inter, nonostante la campagna-acquisti sballata quanto
dispendiosissima, era in grado ugualmente di tenere il passo dei
rossoneri, di dar loro filo da torcere, di dar vita ad un duello
elettrizzante con i «cugini». Lo dimostrano le sue recenti, nette
vittorie e il suo gioco piacevolmente concreto delle ultime
domeniche. E quando Herrera mette ciò in risalto, non s'avvede di
tirarsi la zappa sui piedi: perché chi, se non il “mago” ha
tarpato sino ad ora le ali ai nerazzurri? Chi per mesi e mesi ha
cambiato formazione a getto continuo, frastornando i giocatori,
esaltandoli e umiliandoli in una sarabanda mai vista?
Mentre «abla abla»
perdeva prezioso terreno, Nereo Rocco proseguiva imperterrito sulla
strada del realismo e nell'opera di costruzione di un Milan nuovo.
C'è chi dice che il «paron» ha avuto la fortuna sfacciata di
trovarsi in squadra, ad un certo punto, il signor Perino Prati e può
darsi che — come qualche «maligno» sussurra — lui non ce lo
volesse neppure: fatto si è che Nereo la palla al balzo l'ha saputa
cogliere a tempo, nonostante passi per un «nemico della gioventù»
e per un restauratore di «mobili antichi».
Vorremmo però ricordare
che. anche prima di Prati, il Milan era già una squadra di tutto
rispetto, nonostante il suo peso specifico di classe non fosse
trascendentale: il che testimonia il valore del «trainer»,
l'importanza dei fatti sulle parole.
Le tappe del Milan si
possono cosi sintetizzare: 1) le straordinarie parate iniziali di
Belli che hanno salvato più di un risultato utile (e il portierino,
dopo il suo accantonamento per far posto al più esperto Cudicini.
merita di essere rivisto in queste ultime domeniche); 2) la
compattezza della difesa che ha saputo amalgamarsi attorno a
Malatrasi. un acquisto davvero azzeccato; 3) la maturità di Rivera
che ha saputo trarre insegnamento dagli sbandamenti giovanili
(chiamiamoli cosi...), acquistando il temperamento necessario a far
rifulgere l'indubbia classe, e soprattutto la grande stagione di
Sormani. che va definito l’«uomo-campionato» per eccellenza:
l'oriundo è stato di un altruismo incredibile e il suo senso della
manovra collettiva ha sovente dato l'impronta a tutto il gioco
offensivo del Milan; 4) l'«esplosione di Prati», una forza della
natura dallo spiccato fiuto goal che via via ha affinato lo stile
tanto da imporsi come la rivelazione dell'anno.
Quattro tappe
fondamentali, cucile insieme da una continuità d'azione che non ha
mai fatto difetto, come dimostrano a iosa le seguenti cifre. «Record
battuti»: serie iniziale senza sconfitte: 14; vittorie consecutive
in trasferta: 5 (e possono aumentare). «Record ancora possibili»:
vantaggio sulla seconda, attualmente a nove punti (i primati
precedenti sono del Bologna ’38-'39 e ’40-'41): punteggio finale
in classifica: attualmente 40 (44 i primati precedenti). A questi
vanno aggiunti i punti conquistati in trasferta (20), le sconfitte
complessive (2), i goal in trasferta (27). le partite vinte
complessivamente (16) e fuori casa (8); i punti del girone di ritorno
(19); il quoziente reti (2,28). E si tratta di record suscettibili di
miglioramento. Campionato mediocre sotto lo aspetto della
concorrenza? Può darsi: il Milan l'ha però vinto dominando. E solo
i forti dominano.
“l'Unità”, 2 aprile
1968
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