24.7.10

Pierre Vidal-Naquet (1930 - 2006). L'intransigenza di un maestro e la vergogna di Israele.

Pierre Vidal-Naquet era del 30. Perse padre e madre ad Auschwitz, perché ebrei, benché non religiosi. E’ stato tra i maggiori antichisti del Novecento: Il mondo di Omero (nell’universale Laterza) è avvincente come un romanzo ed Economia e società nella Grecia antica (scritto con Austin, Bollati Boringhieri) è, secondo me, esempio di come va costruita una storia documentaria.

Marxista antistalinista fu, dai primi anni 50, quando lo stesso Pcf subiva l’egemonia dei colonialisti, tra i sostenitori più rigorosi e coraggiosi della causa algerina. E fu, fin da quando, negli anni Settanta, Faurisson diede il via alla campagna revisionistica (con l’imprudente avallo di Noam Chomsky, erettosi a difensore della libertà di espressione), critico tanto intransigente quanto competente dei negatori dell’Olocausto; anzi, da quella occasione, ricavò lo stimolo ad approfondire il tema del rapporto degli ebrei con la propria stessa memoria storica, curando, per esempio, l’edizione delle memorie di Alfred Dreyfus. Egli rappresentò in Francia quella intelligentsia di origine ebraica che riteneva inseparabile la questione ebraica dalla questione palestinese e che ha vissuto la presenza di Israele nello scenario mediterraneo in un’ottica internazionalista, non sionista. In una intervista del 1988 alla rivista Nouvelles littéraires dichiarò: “Posso dire che per lungo tempo lo stato di Israele non mi interessava affatto. Ovviamente ero lieto che esistesse, ma non mi interessava di andarci a vivere o di visitarlo”. Con “la guerra dei sei giorni” del 1967 Vidal-Naquet fissa la sua posizione: diritto all’esistenza di Israele, due stati dei quali uno palestinese. In quella ormai lontana intervista dichiarava: “Sono sempre più pessimista di fronte a quella che definisco la sudafricanizzazione di Israele e che mi appare sempre più grave, ogni volta che ci torno”. A quel tempo in Sudafrica c’era ancora l’apartheid e c’era un governo, quello di Botha, che reprimeva nel sangue ogni fremito di libertà dei neri, che vivevano come stranieri in patria ed erano imprigionati nei loro “stati”, i cosidetti bantustan. In Italia c’era uno come Pannella (bisognerà che qualcuno gliele ricordi di tanto in tanto queste cose) che, democratico, liberale e libertario, scriveva sui giornali dei rischi di un governo nero in Sudafrica: parlava di un possibile genocidio nei confronti della minoranza “bianca”. In Sud Africa nel 1994 i neri, anche grazie ad un governo “bianco” realista e lungimirante (quello di De Klerk) conquistarono i diritti civili e politici e spezzarono l’apartheid . Da allora governano quel grande paese. Non è certo diventato il paradiso terrestre, ma non c’è stato alcun genocidio e il livello d’integrazione cresce. E invece Israele ha continuato sulla strada del Sudafrica di una volta, fino agli ultimi tragici eventi. Vidal-Naquet ne soffrì parecchio e non smise di denunciare questa vergogna fino alla sua morte, nel 2006.

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