13.7.10

Canzone della cagna. Una poesia di Sergej Esenin (1895 - 1925)


Al mattino nel granaio

dove biondeggiano le stuoie in fila,

una cagna figliò sette,

sette cuccioli rossicci.

Sino a sera li carezzava

pettinandoli con la lingua

e la neve disciolta colava

sotto il suo caldo ventre.

-

Ma a sera, quando le galline

si rannicchiano sul focolare,

venne il padrone accigliato

e tutti e sette li mise in un sacco.

Essa correva sui mucchi di neve

durando fatica a seguirlo.

E così a lungo, a lungo tremolava

lo specchio dell’acqua non ghiacciata.

E quando tornò trascinandosi appena,

leccando il sudore dai fianchi,

la luna sulla capanna le parve

uno dei suoi cuccioli.

-

Guardava l’azzurro del cielo

con striduli guaiti,

ma la luna sottile scivolava

e si celò nei campi dietro il colle.

E sordamente, come quando in dono

le si butta la pietra per gioco,

la cagna rotolò i suoi occhi

come stelle d’oro nella neve.

***

Postilla

Questa poesia l'ho cercata dopo averne letto l'ultima strofa sulla rubrica Bestiario di un vecchio numero di "Arancia blu", la rivista ecologica diretta di Enrico Tiezzi che usciva con "il manifesto". La rubrica, composta di citazioni d'autore sul mondo animale, era curata da Rina Gagliardi, letterata finissima e amica degli animali, una compagna indimenticabile.

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