Il viaggio finisce qui:
nelle cure meschine che
dividono
l'anima che non sa più
dare un grido.
Ora i minuti sono eguali
e fissi
come i giri di ruota
della pompa.
Un giro: un salir d'acqua
che rimbomba.
Un altro, altr'acqua, a
tratti un cigolio.
Il viaggio finisce a
questa spiaggia
che tentano gli assidui e
lenti flussi.
Nulla disvela se non
pigri fumi
la marina che tramano di
conche
i soffi leni: ed è raro
che appaia
nella bonaccia muta
tra l'isole dell'aria
migrabonde
la Corsica dorsuta o la
Capraia.
Tu chiedi se così tutto
vanisce
in questa poca nebbia di
memorie;
se nell'ora che torpe o
nel sospiro
del frangente si compie
ogni destino.
Vorrei dirti che no, che
ti s'appressa
l'ora che passerai di là
dal tempo;
forse solo chi vuole
s'infinita,
e questo tu potrai,
chissà, non io.
Penso che per i più non
sia salvezza,
ma taluno sovverta ogni
disegno,
passi il varco, qual
volle si ritrovi.
Vorrei prima di cedere
segnarti
codesta via di fuga
labile come nei sommossi
campi
del mare spuma o ruga.
Ti dono anche l'avara mia
speranza.
A' nuovi giorni, stanco,
non so crescerla:
l'offro in pegno al tuo
fato, che ti scampi.
Il cammino finisce a
queste prode
che rode la marea col
moto alterno.
Il tuo cuore vicino che
non m'ode
salpa già forse per l'eterno.
salpa già forse per l'eterno.
da Ossi di seppia, 1925
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