Mi
sia concesso, infine, di dire una parola su Karl Marx. Egli è stato
una figura monumentale nella storia intellettuale e politica
contemporanea. Ci ha lasciato una grande eredità, che è
concettualmente ricca e moralmente ispirata. Tuttavia, laddove
sostiene di non essere, lui, un marxista, dovremmo prenderlo più sul
serio, senza scrollarci di dosso questa affermazione come se si
trattasse di un bon mot.
Egli
sapeva, a differenza di molti di quelli che si sono spesso
autoproclamati suoi discepoli, di essere un uomo del secolo XIX, la
cui visione era inevitabilmente circoscritta da quella realtà
sociale. Sapeva, a differenza di molti, che una formulazione teorica
è comprensibile e utilizzabile solo in rapporto alla formulazione
alternativa che essa sta esplicitamente o implicitamente attaccando,
mentre è del tutto irrilevante rispetto a formulazioni che
riguardano altri problemi o che si basano su altre premesse. Sapeva,
a differenza di molti, che vi era una tensione, nella presentazione
del suo lavoro, tra la descrizione del capitalismo come un sistema
perfetto (mai esistito nei fatti storicamente) e l'analisi della
concreta realtà quotidiana del mondo capitalistico. Adoperiamo
dunque i suoi scritti nell'unica maniera ragionevole - consideriamolo
un compagno di lotta, che ne sapeva quanto lui ne ha saputo.
Il capitalismo storico, Einaudi, 1985
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