13.1.15

Il tempo di Matteotti e di Pirandello (Nicola Tranfaglia)

[…] L'anniversario dell'assassinio di Matteotti ha prodotto (accanto al libro pubblicato da questo giornale) una ricerca che ha portato una nuova prova pesante e incontrovertibile per la colpevolezza di Mussolini e del gruppo dirigente fascista nel rapimento e nella morte del leader socialista ottant'anni fa. Si tratta del libro di Giuseppe Mayda Il pugnale di Mussolini. Storia di Amerigo Dumini, sicario di Matteotti (Il Mulino editore).
Ma, se si esclude “la Stampa”, finora i grandi giornali non ne hanno parlato giacché si tratta di un brutto colpo per il revisionismo italiano che negli ultimi vent'anni ha puntato sui delitti attribuiti a Mussolini per metterli in dubbio, smontare le ricostruzioni contemporanee, togliere al dittatore italiano le responsabilità pesanti di omicidi politici che rendono difficile, se non impossibile, l'idea di un regime autoritario benevolo e del tutto diverso da altri regimi fascisti e dunque non aduso ad usare i metodi del nazionalsocialismo e di altre dittature fasciste europee.
Ebbene la storia di Amerigo Dùmini che Mayda ricostruisce sulle carte di archivi pubblici e privati e di pregnanti testimonianze restituisce puntualmente l'ambiente della Ceka fascista, delle minacce di Mussolini a Matteotti, dell'agguato compiuto dalla squadra di sicari di cui Dùmini fu personaggio centrale per le sue precedenti esperienze come per il suo ruolo all'interno dell'éntourage mussoliniano.
L'autore è in grado di dimostrare che Matteotti venne percepito come un pericolo da Mussolini e dal
gruppo dirigente fascista per la sua azione politica decisa e assai più efficace di molta parte dell'opposizione e per la sua capacità di portare alla luce una serie di affari loschi che in quel momento erano in mano a uomini del fascismo e che avrebbero potuto portare all'opposizione anche correnti moderate e vicine o interne alla maggioranza fascista. Mayda si rifà per questa parte alla ricostruzione fornita qualche anno fa da Mauro Canali nel suo lavoro su Il delitto Matteotti” (ripubblicato ora dal Mulino in un'edizione ridotta) che alla pista propriamente politica legata alle violenze elettorali e alle irregolarità dimostrate in questo campo dal deputato socialista aggiunge gli aspetti economici e finanziari che il leader riformista aveva scoperto e che rischiavano di pesare enormemente su un governo non ancora consolidato.
Dùmini riesce a farsi pagare assai bene il prezzo del silenzio mantenuto al processo di Chieti del 1926 e negli anni successivi ottenendo dal governo fascista una vasta concessione in Cirenaica che vale più di due milioni dell'epoca e riesce a ricattare
Mussolini per tutto il ventennio minacciando in continuazione di rivelare le responsabilità di Mussolini e del governo nel rapimento e nell'assassinio dell'oppositore socialista. Rispetto ai memoriali del sottosegretario Finzi e del capo dell'ufficio stampa Cesare Rossi le rivelazioni di Dùmini avevano un grado di specificità e di verità che avrebbero reso inefficaci le smentite e avrebbero ritratto Mussolini come il deus ex machina dell'affare, il protagonista assoluto e dunque il colpevole primo dell'assassinio e delle numerose menzogne dette in seguito per allontanare il delitto dal futuro dittatore.
Ora rispetto alle tesi di chi non nega responsabilità generiche di Mussolini, ma afferma che si trattò di un equivoco tra lui e gli squadristi o i suoi collaboratori e che non avrebbe in nessun modo potuto esser provato il suo coinvolgimento diretto, la ricerca di Mayda dà la prova della consapevolezza piena da parte del capo del fascismo del grave pericolo costituito dalle possibili rivelazioni del sicario che fino alla caduta del regime continuò a ricattarlo (o a farlo ricattare dalla madre) ottenendo sempre una risposta positiva, almeno sul piano finanziario, da parte del dittatore.
C'è un ultimo aspetto che vale la pena ricordare di questo mese di giugno. Tra i tanti libri usciti sull'avvenimento (tra cui una ricostruzione minuziosa e attendibile del delitto che si deve a Claudio Fracassi, Il delitto Matteotti”edizioni Mursia) vorrei segnalare ai lettori il romanzo di Marco Maugeri Le ceneri di Matteotti” (Edizioni L'ancora del Mediterraneo), che affronta quel momento in una ottica inusuale ma, a mio avviso, assai suggestiva. Maugeri, all'interno di un racconto, che si presenta come un prodotto di invenzione ma che é attento ai particolari realistici tramandati dalla storia, parla del delitto e contemporaneamente della scelta compiuta nel settembre 1924 da uno dei grandi intellettuali e scrittori del tempo, Luigi Pirandello, che proprio allora si dichiara fascista.
La sua dichiarazione rivolta direttamente a Benito Mussolini e pubblicata dal quotidiano fascistissimo “L'Impero” é del 17 settembre, quando la crisi politica è al culmine, poco dopo che alla Quartarella vicino Roma erano stati trovati i resti martoriati di Matteotti e suona sinistra: “Sento che questo é il momento più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita in silenzio e se l'Eccellenza vostra mi stima degno di entrare nel Partito Nazionale Fascista, pregherò come massimo onore tenervi il posto del più umile e obbediente gregario. Con devozione intera”.
In pagine assai interessanti e tese, l'autore ricostruisce come parallele le vicende di Matteotti e Pirandello, mette in luce attraverso i successivi incontri dello scrittore siciliano con Mussolini e con il fascismo le contraddizioni che ne derivano ma insiste nello stesso tempo sul significato di quella dichiarazione e di quella scelta assai impolitica ma rivelatrice, a suo modo, di un lato oscuro della società e della cultura italiana che forse gli storici non hanno ancora interamente portato alla luce. Pirandello appariva allora come uno degli scrittori più capaci di penetrare nell'animo degli italiani e in questo senso la sua adesione al fascismo non fu forse un atto di puro e orrido conformismo. O almeno di questo ancora oggi vale la pena discutere.


“l'Unità”, 28 giugno 2004

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